Per trovare monumenti unici al mondo spesso ci basta guardare con attenzione dentro casa. Questo è ad esempio il caso del Tempio Duomo del Rione Terra, a Pozzuoli. Si tratta infatti di un caso unico al mondo di edificio letteralmente stratificato, che comincia come un tempio romano e finisce con una ricchissima chiesa seicentesca.

Le sue meraviglie non finiscono però nell’estetica. Vanta infatti un altro primato: la Cattedrale di San Procolo è stata anche la prima chiesa in cui ha dipinto una donna. E se la firma è quella di Artemisia Gentileschi, capiamo immediatamente che non si tratta di opere d’arte banali.

Duomo del Rione Terra
Il Duomo del Rione Terra regala un panorama inedito: una chiesa con la vista di un tempio. In alto è anche ricostruito il timpano originale. Fotografia di Federico Quagliuolo

Bellezze deturpate

Il Rione Terra è un posto completamente al di fuori dei nostri canoni temporali. Si tratta di una “città nella città” spopolata in un giorno quando tutti erano convinti che si sarebbe inabissata come Sinuessa o sarebbe stata sepolta come Pompei. Alla fine non avvenne nulla e, dopo quarant’anni di abbandono, vandalismi e sciacallaggi, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del III millennio cominciò un progetto di restauro ambiziosissimo, per trasformarlo in un quartiere turistico un po’ come Varsavia ha fatto con la sua “Città Vecchia” ricostruita da zero.

Se potessimo vedere lo stato in cui era ridotto il Duomo del Rione Terra sul finire degli anni ’90, probabilmente avremmo difficoltà a riconoscerlo. La sala capitolare, con i suoi affreschi che ricordano tutti gli uomini che curarono il duomo per 400 anni, era stata completamente distrutta da graffiti e disegni sui muri. Il resto del quartiere era invece assai simile a quei paesi del Sannio abbandonati dopo il terremoto, con la differenza che questo era il quartiere storico di una delle città più vive e popolose della provincia di Napoli.

Vescovi di Pozzuoli Rione Terra
I vescovi di Pozzuoli, i dipinti sono stati restaurati grazie ad alcune fotografie. Fotografia di Federico Quagliuolo

Un tempio di Giove, Giunone e Minerva

Già l’ingresso al Duomo del Rione Terra ci fa capire che qualcosa non va: quando infatti lo guardiamo da lontano, notiamo un colonnato romano che è intervallato da una vetrata. Si tratta di ciò che rimane di uno dei più grandi templi della romanità giunto in condizioni di conservazione pressoché perfette.

Se riavvolgessimo il nastro della Storia di poco più di due millenni, troveremmo infatti sulla sommità della collinetta di Pozzuoli un colossale tempio romano dedicato a Giove, Giunione e Minerva. L’antica Puteolis era infatti il porto più vicino a Roma prima della costruzione di Ostia e, data anche la sua vicinanza con Baia e Miliscola, dov’era invece stanziata la flotta militare, era nei tempi antichi uno dei punti strategici più importanti del Mediterraneo.

Questa vicinanza d’altronde la scopriamo anche dalla primissima comunità cristiana in Italia o dall’approdo di San Paolo, che fu accolto dai primi fedeli di Cristo. Oppure ancora possiamo pensare alle tantissime altre testimonianze di divinità presenti nel territorio, nate dalle tante comunità straniere stanziate nella zona Flegrea: per il porto di Pozzuoli passavano gran parte di merci, cultura e ricchezze del futuro Impero Romano. Per questa ragione la capitale, Roma, non poteva di certo non dare sfoggio della sua grandezza in una città così importante: il tempio dedicato a Giove doveva apparire alla vista dei forestieri già da lontano, per annunciare l’ingresso nella Campania Felix.

Tempio del Rione Terra Pozzuoli
Il tempio del Rione Terra in una ricostruzione immaginaria del ‘700. Ha una particolarità: il colonnato è inglobato all’interno dei muri perimetrali.

La seconda vita: il Duomo dei primati

Se facciamo un salto di circa 1500 anni, troviamo ancora il Duomo del Rione Terra frequentato da fedeli: il centro del mondo religioso era ancora Roma, ma stavolta la città era devota al crocifisso e non più all’Olimpo. I tempi del paganesimo erano ormai un passato perso nelle memorie, ma la struttura era ancora lì.

Napoli non era più un regno indipendente. Durante l’epoca del Viceregno il primo a porre l’attenzione su Pozzuoli fu don Pedro di Toledo, che addirittura venne a vivere in città. Nel 1632, però, si fece avanti la necessità di ristrutturare le strutture antiche e fatiscenti della città.

Come testimonia Domenico Fontana, che scoprì i primi angoli di Pompei e li coprì per evitare uno sciacallaggio, i reperti romani non godevano della tutela e dell’attenzione conquistati nei tempi moderni. La prassi era solitamente demolirli o inglobarli in edifici moderni, come è accaduto con la chiesa di San Paolo Maggiore a Piazza San Gaetano, costruita al posto di un gigantesco Tempio dei Dioscuri.

La scelta del vescovo Martin de Leon y Cardenas fu invece stranissima: quando commissionò la ristrutturazione del Duomo del Rione Terra decise di non far demolire il vecchio tempio romano, ma lo fece fisicamente murare dentro una chiesa nuova. Sarebbe stato molto più economico e facile demolire tutto e costruire da zero una nuova cattedrale. E invece, catturate nel cemento, le pareti antiche si conservarono alla perfezione.
Per testimoniare l’importanza della nuova ristrutturazione, a Pozzuoli chiamò le migliori firme dell’epoca: da Cosimo Fanzago a Bartolomeo Picchiatti. Per i dipinti, invece, arrivarono Fracanzano, Lanfranco, Stanzione e, non ultima, Artemisia Gentileschi. Un jet set degno delle più importanti chiese della capitale!

Il problema è che 400 anni sono tanti, ma basta un attimo per capovolgere la Storia.

La presenza del tempio antico, che prima era alla vista di tutti, diventò improvvisamente una chimera per tanti studiosi come Amedeo Maiuri, che non potevano dimostrarne l’esistenza. Poi arrivò un evento tragico: in una notte di maggio del 1964 l’intera Pozzuoli si svegliò con una scena simile a quella dell’incendio di Notre Dame: l’intero Duomo del Rione Terra era in fiamme.
Il crollo del soffitto della chiesa rivelò un segreto: il tempio era ancora perfettamente conservato. Cominciarono i primi lavori di restauro, ma il tempio fu abbandonato per l’evacuazione del Rione Terra nel 1970.

Duomo del Rione Terra antico moderno
Un confronto straordinario: antico, barocco e moderno in un’unica immagine. Il Duomo del Rione Terra è straordinario. Fotografia di Federico Quagliuolo

L’ultima resurrezione

Facciamo un salto di altri vent’anni, quando ormai sembrava tutto perduto. Dopo gli anni ’80 e l’addio di Salvatore Sorrentino, il Rione Terra era ormai preda di sciacalli, abusivi e terra di esplorazione per urbex e curiosi. Il Duomo del Rione Terra, diventato rudere come tante chiese monumentali della nostra terra, sembrava rimanere in piedi più per dispetto che per volontà della fisica.
Poi arrivò la terza resurrezione, stavolta firmata da un fiorentino: il team di Marco Dezzi Bardeschi, una “archistar” dei restauri, vinse infatti il bando della regione Campania nel 2003.
Il progetto presentato fu sconvolgente, rivoluzionario in tutti i sensi: voleva infatti riportare letteralmente in vita l’antico tempio romano che sorgeva al posto del Duomo seicentesco, senza sacrificare la chiesa. Ci riuscì. E 10 anni dopo fu inaugurata una struttura dall’aspetto unico: l’ingresso di un tempio romano, il fondo di una chiesa barocca.

Spesso sottovalutiamo le fortune dei tempi moderni. Due millenni e mezzo di storia stavano per sparire a causa di quarant’anni di abbandono, poi abbiamo recuperato tutto.
Ed oggi, e raccontati nello stesso campo visivo, il Duomo del Rione Terra ci regala l’esperienza di una macchina del tempo: possiamo ammirare in un unico edificio tutto ciò che videro, in puntate lunghe secoli, le centinaia di generazioni che passarono su questa terra.

-Federico Quagliuolo

Grazie ad Anna Grossi e Rachele Palumbo per la consulenza e la guida!

Colonnato cappella Rione Terra Duomo
Una delle cappelle sopravvissute e restaurate vicino al colonnato dell’edificio originale. Fotografia di Federico Quagliuolo

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  1. Carlo Iovane Avatar
    Carlo Iovane

    Siete una boccata di ossigeno in un mondo che non conosce e non riconosce le proprie radici.
    Grazie mille.

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