Occhiali a fondo di bottiglia, congiuntivi improbabili e quell’ottimismo ottuso tipico dello “schiavo felice” in ufficio. Quando morì nel 1998, tutta Italia pianse l’attore che interpretava il ragionier Filini con l’affetto di un amico conosciuto da una vita.
La storia di Gigi Reder racconta la rivincita dell’attore non protagonista, la spalla che, in un mondo di frontman, nessuno vuole fare per paura di finire nell’ombra. Mito completamente sfatato dalla sua personalità.
In cinquant’anni di carriera, infatti, ritroviamo Reder in 60 film, una decina di sceneggiati, tantissime rappresentazioni teatrali. Quasi tutti passati da attore non protagonista. Ed oggi lo ricordiamo come uno dei più famosi e bravi caratteristi italiani, capace di dar forma e memorabilità a un ruolo difficilissimo.
Fu anche conduttore radiofonico e doppiatore: prestò la sua voce a Sam, nel cartone animato del Signore degli Anelli, e a Jack Nicholson.
Mica poco!
Una storia che inizia a Capodimonte
Certe persone hanno una storia scritta dal destino, altri il futuro se lo creano da soli. Possiamo dire che il piccolo Gigi riuscì a trovare un buon compromesso fra le due cose: nacque infatti a Capodimonte nel 1928 per un fortunatissimo incontro fra il papà tedesco e la mamma napoletana.
La sua casa odorava del malto lavorato dall’antica Birreria Peroni e il suo vero cognome era Schroeder, un suono teutonico e difficile che per un attore di teatro non era ideale. Pensò quindi di italianizzarlo in un “Reder” che sembra invece provenire dal Nord Italia. E invece era un vero cuore meridionale e il suo attaccamento verso Napoli lo dimostrò fino alla fine dei suoi giorni, anche se visse quasi tutta la vita a Roma.
La lunga strada verso il successo
Se c’è un insegnamento che possiamo trarre da Gigi Reder è che la passione e il senso del sacrificio sono l’unico modo per affrontare la lunghissima strada verso il successo, superando l’infinità di perdenti che si arrendono fra le mille difficoltà. “Know your worth“, dicono gli statunitensi. E il valore del giovane Gigi era indiscusso già a vent’anni, quando lasciò l’università di Napoli per dedicarsi al teatro come unica ragione di vita.
Oggi come allora, in una famiglia benestante c’è sempre sgomento quando un figlio decide di lasciare la strada “tradizionale” per dedicarsi alle arti. Per giunta decise di non lavorare a Napoli, ma a Roma, dove cominciò come presentatore radiofonico e interprete di radiodrammi.
Ma il ragazzo aveva le idee chiare e la voglia di ritagliarsi il suo posto nell’olimpo del teatro e del cinema, che proprio negli anni del dopoguerra vivrà il periodo d’oro di attori e registi napoletani. Il destino aveva solo apparecchiato la tavola.
La sua carriera cominciò con la grinta e la voglia di un giovane che vuole spaccare il mondo: mentre lavorava in radio, partecipò a una infinità di piccole opere teatrali in lingua napoletana, non risparmiandosi mai nessuna trasferta in giro per tutta Italia.
Poi, nel 1950, a 22 anni, ebbe il suo primo ruolo di comparsa nel film “Bellezze in Bicicletta”, interpretato da personaggi del calibro di Silvana Pampanini, che era la femme fatale degli anni ’50, Carlo Croccolo e Peppino De Filippo. Fu proprio quest’ultimo a notarlo: lo invitò nella sua compagnia teatrale, con cui collaborò per diverso tempo (lo troviamo ad esempio in “quei figuri di tanti anni fa” nel 1960, con Eduardo De Filippo). Poi continuò assieme a Vittorio De Sica: lo troviamo in capolavori come “L’oro di Napoli” o “Pane, amore e Fantasia”. Lo notò anche Federico Fellini, che gli diede la parte del clown.
Non fu quasi mai attore protagonista, ma il ruolo sul palcoscenico se l’era ritagliato da solo: era a suo agio nella figura dell’assistman ideale, il classico uomo che, in un campo di calcio, dà sempre il pallone perfetto al centravanti e fa vincere la squadra: il suo modo di creare ritmo, intesa e gioco con la controparte era da Oscar.
Il ragionier Filini e Gigi Reder
Fu Fellini a far nascere Filini, che è poi la maschera più famosa della lunga carriera di Reder. Potremmo meglio dire che fu il destino a decidere per lui: dopo la sua interpretazione del clown, infatti, Paolo Villaggio pensò che Gigi Reder potesse essere la persona perfetta per interpretare la controparte di Fantozzi.
Se infatti il protagonista era il classico impiegato sfortunato e vittima degli eventi, il suo amico era invece l’altro aspetto della vita d’ufficio: il dipendente fedele e felice, sottomesso e sfortunato, ma sempre pronto a vivere la vita di ufficio con iniziative strampalate.
Squadra che vince non si cambia e fu così che per 20 anni e 15 film Paolo Villaggio e Gigi Reder furono una coppia inseparabile, nonostante i caratteri opposti. Al carattere più chiuso spigoloso del comico genovese, infatti, rispondeva il modo di fare gioviale ed espansivo del napoletano. Villaggio ricorda il loro rapporto particolarissimo: “Era ateo ma, da buon meridionale, era estremamente superstizioso ed era terrorizzato dagli iettatori, aveva mille rituali sul set. Un giorno decisi di organizzare per scherzo il suo funerale e lui, di tutta risposta, riempì l’intera stanza di cornetti rossi“.
L’intesa raggiunta con Villaggio fu tale che bastava semplicemente la presenza del duo per incantare la scena. Ad esempio in questa pubblicità di Saclà, Reder è solo una voce fuori campo. E basta da sola a creare un ritmo fantastico.
Sulla soglia dei 40 anni, il Ragionier Filini era diventato un tutt’uno con Gigi Reder, tanto che Villaggio gli suggerì di presentarsi in giro con gli occhiali doppi anche se ci vedeva benissimo (e conservò un’ottima vista per tutta la sua vita!).
C’è anche una coincidenza curiosa: l’altra spalla comica di Fantozzi, il geometra Calboni, era interpretato da Giuseppe Anatrelli. Visse per tutta la vita a Viale Colli Aminei, proprio a un chilometro di distanza dalla casa natale di Reder.
Se il destino fu però generoso nel far incontrare il personaggio di fantasia e l’attore, non fu altrettanto buono con i premi, dato che, 30 anni dopo l’esordio, ricevette solo una nomination come miglior attore non protagonista ai David di Donatello, senza però vincere. Fu di nuovo nominato nel 1996 al David e nel 1994 come Nastro d’Argento. Insomma, fu un buon interprete della sfiga di Filini anche nella vita reale.
Purtroppo furono anche le ultime soddisfazioni della sua carriera artistica che finì a 70 anni a causa di un arresto cardiaco.
La sua eredità, però, se ne infischia di bacheche e premi: ancora oggi è ricordato come uno dei migliori attori caratteristi d’Italia, con le sue battute che, a distanza di oltre un ventennio, fanno ridere anche le generazioni che nemmeno erano nate ai suoi tempi.
-Federico Quagliuolo
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