Fra le tantissime eccellenze produttive napoletane dei tempi passati, gli arazzi sono probabilmente fra i meno noti. In effetti fu un’avventura durata solo 60 anni, ma che ha lasciato un’eredità artistica dal valore inestimabile: la Real Arazzeria Napoletana fu infatti una delle fabbriche più apprezzate nella produzione dei complicatissimi ornamenti delle case reali.

Reale Arazzeria Napoletana
Un arazzo napoletano. Fotografia del Palazzo Reale di Napoli

Tutto merito di Firenze

L’ispirazione venne a Carlo di Borbone probabilmente perché, frequentando la corte di Parma, non poté fare a meno di ammirare lo sfarzo e i dettagli degli arazzi provenienti dall’Arazzeria Medicea, che a Firenze produsse per 200 anni ornamenti raffinatissimi per i palazzi nobiliari di quasi tutto il centro Italia.

Arriviamo allora a Napoli: dopo la conquista del trono nel 1735, Carlo di Borbone portò avanti una politica volta a rendere in ogni modo indipendente il Regno sul piano produttivo e politico. Il re fu anche un amante del lusso e dei simboli del potere, che all’epoca si identificavano nelle residenze reali (pensiamo alla Reggia di Caserta e a quella di Portici) e nelle collezioni di oggetti preziosi provenienti da territori lontani, le cosiddette “cineserie“. Ma a Napoli non mancava niente sul piano produttivo e delle risorse e, per questa ragione, decise di investire sulla manodopera locale per rendere Napoli una capitale della produzione artistica sul modello di Parigi.

Sorsero con questa intenzione “autarchica” la Fabbrica di Porcellane e l’Accademia del Disegno, ma anche, appunto, la Real Arazzeria Napoletana. Per giunta Carlo fu fortunatissimo: nel 1738 fallì proprio la storica Arazzeria Medicea e, con una mossa fulminea, fece correre a Firenze il suo ministro José Joaquin de Montealegre, per richiedere personalmente l’assunzione a Napoli di tutti i disoccupati della fabbrica fiorentina. Fu un colpaccio.

Come manodopera, a causa delle scarse finanze destinate al progetto, furono anche portati in fabbrica numerosissimi giovani che avrebbero dovuto lavorare gratuitamente in attesa di una assunzione: potremmo dire che passano i tempi, ma non passano mai gli schemi sociali.

La prima fabbrica fu costruita nel palazzo di fronte a San Carlo alle Mortelle, che fu sede della Real Manifattura Napoletana (produceva anche statue, marmi, dipinti e altri oggetti decorativi) poi fu spostata nel Palazzo Reale con Ferdinando IV di Borbone.

Tessitore arazzi
Un tessitore che sta producendo un arazzo

Produzioni invidiate da tutti

La produzione della Real Arazzeria Napoletana inizialmente fu destinata esclusivamente alla Corona e infatti il primo arazzo, che ancora oggi è conservato nel Museo di Capodimonte, raffigurava proprio Carlo di Borbone. Poi furono realizzati i ritratti della famiglia reale e, quando si cominciò a costruire la Reggia di Caserta, si puntò tutto sulla produzione di tessuti raffinatissimi. Nei primi vent’anni di attività della Real Arazzeria Napoletana, alcuni giovani ormai specializzati diventarono eccellenti artigiani, che furono affiancati anche da altre maestranze dall’estero: la qualità si alzò drasticamente grazie anche alla direzione di Pietro Duranti, un maestro romano che cominciò a portare a Napoli manodopera romana e torinese. Questo però provocò una vivacissima protesta fra i dipendenti campani della Real Arazzeria Napoletana.

La difficoltà di produzione di un arazzo è elevatissima: si tratta infatti di fili che vengono intrecciati e legati anche a metri di distanza, con l’arte del riuscire a realizzare un immenso e dettagliatissimo disegno fatto di centinaia di migliaia di filamenti colorati. Per i prodotti più complessi potevano anche servire mesi e, quando un operaio faceva un errore, era obbligato a risolverlo entro pochissimo tempo, oppure il tempo perso gli sarebbe stato decurtato dalla paga (che, data la complessità del lavoro, era abbastanza generosa).

Si dice che Carlo di Borbone fosse così appassionato nel guardare il lavoro complicatissimo dei suoi artigiani che, di frequente, si recava di persona assieme a Luigi Vanvitelli per osservarli al lavoro, dettando alle maestranze i temi, i colori e i disegni che dovevano essere realizzati con la massima perizia.

Reale Arazzeria Napoletana
Un arazzo della Real Arazzeria Napoletana, foto del Palazzo Reale di Napoli

Un’eccellenza durata poco

Rispetto alle altre eccellenze napoletane, però, la Real Fabbrica di Arazzi durò poco: i moti rivoluzionari del 1799 portarono alla distruzione dei macchinari e dei locali alla base del Palazzo Reale. Al suo ritorno sul trono, Ferdinando IV decise di non farla ricostruire, anche perché ormai il gusto degli arazzi apparteneva a un secolo passato. Per giunta, nelle devastazioni del Palazzo Reale fu anche distrutto parte dell’archivio della fabbrica. Per questa ragione non abbiamo informazioni sull’attività degli ultimi 20 anni.

L’eredità della produzione della Real Arazzeria Napoletana, nei suoi 60 anni di attività, è fatta di 213 arazzi certamente prodotti dalle attentissime mani degli artigiani napoletani, romani e fiorentini che lavorarono a Napoli. Solo pochi esemplari però sono rimasti in città: parte si trovano nel Palazzo Reale, altri nella Reggia di Caserta e, dopo il 1920, molti furono spostati al Quirinale per volontà di Vittorio Emanuele III di Savoia.

E così oggi, nelle sale del potere di Roma ci sono gli stessi arazzi che accompagnarono le giornate di Carlo di Borbone e della sua dinastia napoletana.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Nicola Spinosa, L’arazzeria napoletana, Libreria scientifica, Napoli, 1971
Ministero dei Beni Culturali – Bollettino d’Arte
Quirinale

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