Con la fede di credito, strumento finanziario nato a Napoli nel XVI secolo, vennero gettate le basi del sistema bancario e monetario che tutti conosciamo. Se infatti oggi l’utilizzo di banconote e conti correnti appartiene alla normalità, intorno al 1400 le prime compagnie bancarie private erano nate da poco. Venivano create al contempo altre istituzioni come i “Monti”, nati originariamente per prestare denaro allo stato e che sarebbero poi diventati banchi pubblici, e i “Monti di Pietà“, che furono istituiti per concedere prestiti a condizioni vantaggiose a persone in difficoltà e combattere così la piaga dell’usura: da questi ebbero origine le prime banche della storia come il Monte dei Paschi di Siena e lo stesso Banco di Napoli. Allora ancora non esisteva la carta-moneta e il denaro veniva coniato utilizzando metalli preziosi come oro, argento e rame. Con la fede di credito da Napoli iniziava però la trasformazione di tale sistema.
La fede di credito, il primo “conto corrente”
Nel IX secolo d.C. furono introdotte in Cina per la prima volta quelle che possono essere definite delle banconote. Realizzate in pelle di daino, furono pensate inizialmente per chi aveva la necessità di conservare e trasportare le proprie riserve di metalli preziosi. I depositi erano effettuati presso un “orafo-banchiere” in cambio del titolo finanziario che veniva poi usato come vera e propria carta-moneta.
Nel 1500 tuttavia in Europa non esisteva ancora uno strumento del genere e le monete fatte in oro o argento ponevano ancora diversi problemi pratici. Oltre alla falsificazione veniva infatti spesso praticata la “tosatura“, ovvero l’atto fraudolento di sottrarre del metallo prezioso alle monete, che assumevano con il passare del tempo le forme più strane. La produzione delle stesse comportava inoltre ingenti costi per lo stato, soggetti anche alla reperibilità dei metalli.
L’introduzione a Napoli della fede di credito segnò una piccola rivoluzione. Essa corrispondeva ad un deposito in denaro effettuato presso uno dei banchi napoletani e il titolo poteva essere trasferito tramite girata, non era molto diverso nella sua funzione originale da un moderno assegno. La sua diffusione fu dovuta ad alcune peculiarità che lo rendevano diverso rispetto ad altri strumenti simili esistenti all’epoca: era infatti possibile specificare la causale del pagamento e soprattutto aggiungere i successivi depositi e prelevamenti tramite delle operazioni denominate “polizze” o “polizzini”. Tali movimenti venivano annotati in fede, che diveniva quindi “madre fede“, dando luogo ad un vero e proprio conto corrente.
Era uno strumento molto avanzato per l’epoca e richiedeva l’impiego di più figure professionali: dal fedista, che compilava materialmente il titolo coadiuvato da un aiuto-fedista, al Pandettario che si occupava di verificare che le clausole connesse ai pagamenti effettuati fossero soddisfatte.
Vi era anche un impiegato che, dato che la fede di credito poteva essere incassata anche in banche differenti da quella emittente, si recava personalmente presso i vari banchi per effettuare la “riscontrata” tramite cui gli stessi regolarizzavano reciprocamente il loro rapporto. Tale pratica era in realtà vietata dal governo ma anche essa aiutò la diffusione della fede di credito.
La fede di credito, progenitore della banconota
In un periodo in cui il trasporto delle monete era dispendioso e pericoloso, la fede di credito rappresentava uno strumento particolarmente utile. La praticità e la comodità d’utilizzo del titolo fece in modo che fosse utilizzato alla stregua delle attuali banconote, in un epoca che ancora non conosceva l’uso della carta-moneta. La prima banconota europea fu infatti coniata nel 1666, quando la Banca di Stoccoma emise il Daler, mentre a Napoli oltre un secolo prima la fede di credito veniva utilizzata quasi per qualsiasi tipo di pagamento, dai semplici acquisti alle tasse. Furono col tempo in qualche modo ufficialmente equiparate al denaro, se infatti a seguito della prammatica del vicere dé Zunica del 1580 esse avevano già assunto il valore di atto pubblico, nel 1804 un dispaccio ministeriale recitava:
[…] le fedi e le polizze notate fedi di Regia Corte, sieno di Tesoreria, sieno di qualsivoglia altra Regia amministrazione, saranno, prontamente, al porgitore, pagate col rispettivo metallo che esprimono. E le anzidette fedi, siccome quelle di argento saranno formate o col deposito in argento effettivo o con riscontri in argento, sieno dello stesso banco di conto dei privati, o di conto della Regia Corte in argento, sieno di altri banchi, tolta qualunque differenza tra carta e contanti […]
All’apice della loro diffusione, le fedi di credito potevano essere trovate anche oltre i confini del Regno in altre città italiane e alcune di quelle conservate all’Archivio Storico del Banco di Napoli circolarono anche all’estero prima di essere incassate.
Una di quelle arrivate fino a noi attesta un pagamento che può sicuramente definirsi storico.
Si tratta infatti della fede di credito utilizzata da Raimondo di Sangro, principe di San Severo, per corrispondere a Giuseppe San Martino la somma di 50 ducati dovuta allo scultore napoletano per la realizzazione del celebre Cristo Velato.
Il corso legale della fede di credito fu infine abolito nel 1874. Finì così dopo oltre trecento anni la storia di uno strumento finanziario che ha rivoluzionato il sistema bancario.
Fonti:
“L’Archivio Storico del Banco di Napoli” (2005, Istituto Banco di Napoli – Fondazione)
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