La fabula atellana è una delle più antiche farse popolari e si svolgeva in concomitanza con le festività per propiziare la fertilità dei campi, chiamata così proprio perché ideata dalle popolazioni osche di Atella.

Da ciò comprendiamo la natura antica e quasi magica delle rappresentazioni che discendevano dalle farse fliace, genere comico sviluppatosi nelle colonie doriche della Magna Grecia, contaminatosi e diventato tradizionale delle colonie del sud Italia. Le caratteristiche della fabula atellana insieme alle maschere fisse da essa adoperate, sono la base per l’intera produzione teatrale latina.

La fabula atellana. Mosaico Pompeiano, Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Atella, una delle città più antiche della Campania

Prima ancora della conquista romana, Atella era una città autonoma, di origine etrusco-osca, con un proprio alfabeto e una propria moneta. Era un territorio vastissimo che comprendeva quelli che oggi sono i comuni di Sant’ Arpino, Afragola, Casavatore, Orta di Atella, Caivano.  La lingua parlata era la lingua osca. Occupata dai romani nel 210 a. C. e devastata nel 455 dai vandali di Genserico, perse il suo ruolo quando la sua diocesi fu spostata ad Acerra nel 1030.

Caratteristiche della fabula atellana

La Fabula atellana era di breve durata ed alcune delle sue rappresentazioni furono riscritte dai poeti latini Novio e Lucio Pomponio, di cui possediamo solo dei frammenti. L’obiettivo della fabula atellana era quello di portare in scena la vita del popolo, attraverso espressioni spesso volgari e ridanciane: infatti non era comune per gli attori professionisti prendere parte a queste esibizioni.

Dai frammenti che ci hanno lasciato Novio e Lucio Pomponio possiamo leggere alcuni riferimenti significativi della fabula atellana.

Una moglie è confortata con queste parole: “Non t’inquietare: è naturale che ogni marito desideri la morte della moglie”.

Un altro diceva: “Fare il fattore lontano dalla città e dove il padrone venga di rado, non è fare il fattore, ma il padrone”.

Questi riferimenti con tono così sagace e ancora più triviale saranno la base per un genere tutto latino, che non trova corrispondenza nell’antica Grecia, la satira. Capiamo come in questa dimensione così sarcastica e tagliente, la cultura latina abbia affondato le radici per la propria tradizione, così come fu rivendicato dall’oratore Quintiliano.

‘’Satura quidem tota nostra est

”La satira è tutta nostra”, Quintiliano

L’importanza delle maschere fisse

Una delle caratteristiche principali della fabula atellana era l’utilizzo delle maschere fisse, che permetteva una maggiore caratterizzazione dei personaggi, dato che la rappresentazione aveva come riferimento un semplice canovaccio. L’improvvisazione rendeva l’esibizione ancora più farsesca e i personaggi che le davano vita avevano delle caratteristiche molto precise.

Maccus, dal greco μακκoàν ‘’fare il cretino’’, era un personaggio sempre innamorato, ghiottone e per questo continuamente malmenato

Buccus, da bucca, che caratterizzava un personaggio dalla ‘’bocca larga’’, parlava molto e a vanvera, era grasso, ciarlatano e prepotente

Pappus, da pappos ‘’antenato’’, era l’anziano spesso in conflitto con la sua famiglia e i suoi figli a causa della sua smisurata avarizia

Dossennus, dal latino dossum ‘’gobba’’, era un gobbo astuto, spesso detentore di poteri e formule magiche o comunque di un sapere superiore rispetto agli altri personaggi

Kikirrus, maschera teriomorfa ossia con l’aspetto di un animale. Secondo molti studiosi è la maschera da cui ha origine Pulcinella, secondo altri invece affonda le sue radici nella maschera di Maccus

La contaminazione con la commedia latina

Le trame solite delle esibizioni riguardavano sempre un servo geloso, un padrone avaro, un anziano innamorato ed un giovane rivale. Ricordando tutto questo non si possono non citare le commedie di uno dei più celebri commediografi latini, Plauto, che traeva le sue opere proprio dalla quotidianità e dall’intrattenimento delle fabule atellane .

Ed ecco quindi il “Miles gloriosus”, Pigropolinice soldato fanfarone che parla di gesta che non ha mai compiuto ; “Pseudolus”, Pseudolo servo astuto che cerca di aiutare in tutti i modi il suo padrone Calidoro, ; e poi l’ “Aulularia”,  Euclione un vecchio avaro che ha trovato una pentola d’oro sotto la sua abitazione e vive nel continuo terrore di perdere tale ricchezza, commedia che fu di ispirazione secoli dopo, nel Seicento, per “L’avaro” di Molière.

Da ciò si comprende come la tradizione teatrale latina affondi le sue profonde radici nel lontano passato delle colonie greche del Sud Italia, e come la Campania ebbe un ruolo fondamentale per lo sviluppo di questo nuovo genere.

Bibliografia

D. A. H. van Eck, Quaestiones scaenicae Romanae, Leida 1892

J. J. Hartman, De atellana fabula, in Mnemosyne

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