Nel corso del settecento, a seguito della costruzione della Reggia di Portici, l’aristocrazia di corte realizzò nella zona tra il Vesuvio e il mare una “città di ville”, specialmente lungo il cosiddetto “Miglio d’oro”, una strada originariamente lunga un miglio (1,61km), in particolare, nel tratto anticamente denominato “Strada Regia per le Calabrie”, che si estendeva da Ercolano a Torre del Greco. Fu così realizzato un vero e proprio “sistema” di cui la reggia di Portici divenne il nucleo.

Reggia di Portici Miglio d'Oro
Dipinto della Reggia di Portici, perla del Miglio d’Oro

Il Miglio d’Oro: fra architettura, natura e paesaggio

Il “Sistema” si distribuisce su un’area stratificata, soprattutto grazie alla perfetta armonia tra architettura e paesaggio – caratterizzato da una particolare salubrità dell’aria – attestata ed esaltata sia in tempi recenti da Nicola Nocerino nella sua prima opera monografica dedicata alla Reale Villa di Portici, sia in tempi antichi da Galeno, Procopio e Strabone. Questa particolare salubrità deriva proprio dalla felice posizione:

“Tra il mare e il monte Vesuvio, questi col suo fuoco e il suo zolfo, quegli con i suoi Sali svaporati dall’onde marine

V. Cazzato, 2011

Dove “Il clima è sempre, ed in ogni ora perfetto in tutti i tempi dell’anno, sicchè si può venire ad abitarci e d’inverno, e di està, di autunno e di primavera”.

Pochi luoghi al mondo – scriveva Roberto Pane in un suo studio del 1959 dedicato alle Ville Vesuviane – possono vantare una così favorevole temperie come quella che l’aristocrazia partenopea del Settecento scelse, per il suo soggiorno estivo, tra le pendici del Vesuvio e il mare. Il tracciato dei viali in asse con le ville sembra essere stato spontaneamente suggerito dal lieve digradare del suolo verso le spiagge, e similmente anche la disposizione degli alberi, affinché si potesse scorgere da un lato il Vesuvio e dall’altro un’ininterrotta striscia azzurra all’orizzonte.

Granatello di Portici
Granatello di Portici

Un paradiso già conosciuto

Sebbene l’inizio di questa prolifica attività edilizia sia coincisa con la decisione di Carlo di Borbone di costruire la Reggia di Portici, l’amenità del luogo, già dall’inizio del ‘700, aveva attratto l’interesse di ricche famiglie che in questo antico angolo di paradiso avevano commissionato la costruzione di sontuose residenze.

E’ soprattutto il caso, ad esempio, della Villa d’Elboeuf (1711). Proprio questa villa che si trova a strapiombo sul porto del Granatello a Portici, di proprietà del Duca d’Elboeuf, ispirò la costruzione della più famosa reggia.

A seguito di una visita di Carlo e consorte nei primi anni del suo regno, essi rimasero visibilmente impressionati dall’amenità del luogo e decisero quasi istantaneamente di costruirvici la propria dimora. Altri esempi sono: Villa Meola (1724) e Villa Caravita a Portici (1730). Nel corso degli anni queste residenze furono ampliate, ristrutturate o ricostruite ex novo con il contributo dei migliori architetti, pittori e decoratori per essere adeguate al gusto e alle esigenze di una classe colta che vi si trasferì per seguire il sovrano e godere di un clima e di una tranquillità che una città come Napoli – 300.000 abitanti alla metà del ‘700 – non era più in grado di garantire. Da quest’area era inoltre anche più semplice esercitare un controllo diretto su una campagna particolarmente fertile.

Ville del Miglio d'Oro
Ville del Miglio d’Oro, con in fondo il Palazzo Reale di Portici. Oggi l’intera area è densamente urbanizzata

Un patrimonio immenso

Tra le più celebri ville che fanno parte del “Miglio d’oro” ricordiamo Villa Campolieto (1755-1775), terminata da Luigi e Carlo Vanvitelli, Villa Signorini, costruita a metà del ‘700 da un architetto ignoto, Villa Favorita edificata dall’architetto romano Ferdinando Fuga, Villa Maiuri e moltissime altre. Le ville Vesuviane del solo comune di Ercolano ammontano a circa 23 unità; se invece considerassimo anche i vicini comuni di Portici, San Giorgio a Cremano, Torre del Greco e i quartieri della periferia orientale di Napoli come San Giovanni a Teduccio e Barra il numero si aggirerebbe intorno alle 130 unità.

Alcuni di questi edifici monumentali dopo un attento e rigoroso restauro, sono attualmente sotto la diretta tutela e gestione della Fondazione Ville Vesuviane e costituiscono le sedi nelle quali viene svolta l’attività istituzionale e innumerevoli eventi e iniziative culturali.

-Alessandro Nappa

Riferimenti:

CAZZATO 2011 – V.CAZZATO, RESIDENCES OF THE EMERGENT CLASSES IN TWO AREAS OF SOUTHERN ITALY, IN M. BENES, M.G. LEE (EDS), CLIO IN THE ITALIAN GARDEN: TWENTY-FIRST-CENTURY STUDIES IN HISTORICAL METHODS AND THEORETICAL PERSPECTIVES, PP. 115-141. WASHINGTON DC 2011
PANE 1959 – R.PANE, LE VILLE VESUVIANE E LA STRADA COSTIERA, IN R. PANE, G. ALISIO, P. DI MONDA, L. SANTORO, A. VENDITTI, VILLE VESUVIANE DEL SETTECENTO. NAPOLI, EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE, 1959, PP. 1-18.

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