L’impero romano è rimasto per secoli il principale paradigma per la maggior parte delle entità politiche europee, ciò in particolar modo nel medioevo. La continuità, generalmente legata a costruzioni ideologiche e quasi mai a ragioni di natura storica, con le antiche istituzioni imperiali fu sovente ricercata ed utilizzata dalle gerarchie dell’occidente post romano come motivo di legittimazione e supremazia. L’impero di Federico II non fu esente da tale processo di costruzione della legittimazione politica, anzi, ne fu uno dei maggiori promotori. In questo articolo verranno esaminati alcuni esempi della “renovatio imperii” federiciana, in particolar modo legati alla produzione artistica ed alla cultura materiale dell’epoca.
L’impero post carolingio ed il legame con l’eredità classica
Per comprendere in maniera più completa le istanze ideologiche assunte dalla politica di Federico II vi è innanzi tutto la necessità di approfondire, seppur in maniera veloce e ovviamente parziale, i modelli di autorappresentazione regale che ebbero maggior risonanza all’interno della tradizione del Sacro Romano Impero.
Nonostante oggi sia percepita una enorme differenza tra l’impero romano del periodo classico e quello carolingio tale distinzione non era ben chiara in periodo medievale. L’impero carolingio era nato come istituzione di stampo universalistico sostitutiva rispetto al decaduto impero romano d’occidente ed in concorrenza e contrasto ( a seconda delle contingenze politiche latente o esplicito) con l’impero d’oriente, vero erede, quantomeno dal punto di vista della continuità storica, delle istituzioni romane.
La tensione percepita dalle autorità dal sacro romano impero verso l’imitazione dei modelli classici fu palesata sia sul piano ideologico che nelle mire territoriali dei nuovi imperatori. Specialmente in periodo Ottoniano (962 – 1024) si ebbe l’inizio di una politica “mediterranea” da parte degli imperatori che cercarono di introdursi sempre più all’interno della penisola, sia dal punto di vista politico-militare che culturale ed istituzionale.
La ricerca di modelli di legittimazione che rimandassero alla tradizione imperiale classica continuò all’interno della frastagliata linea di successione degli imperatori teutonici, ritrovando nella figura di Federico I barbarossa, nonno di Federico II, uno dei suoi massimi esponenti. Con la Dieta di Roncaglia del 1154 l’imperatore intendeva inaugurare una nuova stagione di forte interventismo nel settentrione della penisola, legittimando le sue azioni tramite modelli giuridici di forte ispirazione romana.
Si affidò infatti alla conoscenza dei giuristi Italiani i quali, tramite un riutilizzo strumentale del diritto romano classico ma soprattutto del Corpus Iuris Civilis, teorizzarono una concezione del potere imperiale visto come vero e proprio potere di tipo legislativo, quindi principio stesso della legge e della sua legittimità.
Nonostante l’intervento di Federico I sia risultato fallimentare l’apparato ideologico da lui costruito rimase un importante esempio di legittimazione del potere imperiale, preso a modello in numerose cancellerie d’Europa. Non è un caso che molti storici, specialmente di tradizione teutonica, vedano in Federico I un antesignano delle monarchie accentratrici.
Federico II: un sovrano alla ricerca del carisma
Sotto molti punti di vista l’impero di Federico II costituì, quantomeno territorialmente, il compimento dei progetti plurisecolari dei suoi predecessori: una corona imperiale che unisse Regno di Germania, Regno d’Italia (la corona del Regnum Italiae era di derivazione longobarda e comprendeva solo il settentrione della penisola ) e Regno di Sicilia.
Le pesanti vicissitudini politiche che Federico II dovette affrontare lo spinsero ad adoperare tutti gli strumenti a sua disposizione per proteggere la corona, sia sul piano pratico che su quello ideologico. Il florido ambiente culturale del meridione normanno-svevo permise al Puer Apuliae di usufruire del servizio di alcune delle migliori menti della sua epoca.
Un folto ceto di notai ed uomini di cultura del meridione, formatosi non solo grazie al vivace contesto culturale del Regnum Siciliae ma anche tramite un forte dialogo con le realtà del nord Italia e del resto d’Europa, divenne la nervatura centrale dei funzionari imperiali in Italia.
La cancelleria Federiciana fu, con ogni probabilità, uno degli ambienti culturali più importanti dell’Europa del 200. Sarebbe impossibile in un solo articolo mettere in luce tutte le caratteristiche dell’apparato di funzionari che agivano sotto l’egida di Federico II: le loro connessioni con gli intellettuali d’Europa e del mondo mediterraneo, la qualità dei loro scritti, il grande spazio delle loro riflessioni.
Appare però altrettanto implausibile parlare dell’apparato ideologico di Federico II senza quantomeno ricordare l’importanza di una figura come Pier delle Vigne, notaio capuano membro dello Studium di Bologna, tra i più insigni scrittori e retori della sua epoca, personaggio dalle ampie vedute culturali e profondamente legato alla cultura classica e giuridica. I documenti da lui redatti divennero un modello per molte istituzioni d’Europa.
L’opera magna della cancelleria federiciana rimangono le Costituzioni di Melfi: riprendendo gli intenti del sopracitato nonno paterno lo Stupor Mundi volle dare una natura Razionale – Regale alle sue prerogative imperiali, riutilizzando numerosi argomenti non solo giuridici, ma anche filosofici e teologici, legati alla cultura classica (e non solo).
Federico II e le sue rappresentazioni nella statuaria
Le statue di Federico II giunte fino a noi sono davvero poche e spesso legate a condizioni di conservazione che rendono persino difficile un’attribuzione certa. Ci limiteremo in questa sezione dell’articolo ad annoverare, tra le più note, quelle che mostrano una ripresa di schemi iconografici e rappresentativi afferibili ad una tradizione artistica che rimanda all’antichità.
La più famosa è quella che si conserva a Capua. La statua di Federico II a Capua risulta composta da due parti: il volto, giunto a noi solo in un calco postumo, ed i resti del corpo togato. La statua, inizialmente posta sulla porta monumentale di Capua, fu colpita da una palla di cannone durante l’entrata delle truppe Francesi in periodo rivoluzionario: a ciò è dovuto il suo precario stato di conservazione.
La statua di Federico II conservata a Capua costituisce un esempio, seppur parziale, di una ritrattistica imperiale legata sia alla ripresa di schemi e tendenze classiche sia a quella di pose e movenze legate alla tradizione degli imperatori teutonici a lui precedenti.
Più complicata appare l’interpretazione del presunto busto di Federico II conservato oggi nel museo civico del castello svevo di Barletta. Rinvenuto negli anni 30 in una masseria Pugliese fu subito riconosciuto come busto dello stupor mundi, anche per via delle epigrafi alla sua base. Una più recente ricerca artistica ha però ipotizzato che il busto di Barletta non sia altro che una rappresentazione di un imperatore (forse lo stesso Cesare) di periodo rinascimentale, quindi non legato alla tradizione Federiciana.
Per quanto il dibattito rimanga ancora aperto, sembra comunque opportuno annoverare il busto di Barletta come un possibile esempio di autorappresentazione imperiale federiciana.
In ultimo vi è il frammento di un busto laureato rinvenuti negli anni 30 presso Castel del Monte durante degli scavi nella struttura. Il frammento, per stile artistico e materiali di utilizzo, è riconducibile alla stessa produzione delle altre sculture che adornano il castello federiciano. Per quanto il busto laureato non sia riconducibile con certezza alla figura di Federico per via del suo stato di conservazione la presenza di una corona d’alloro sul suo capo fa quantomeno intendere l’importanza del personaggio ritratto nonché, anche in questo caso, l’utilizzo di rappresentazioni della regalità di derivazione classica.
L’augustale: ritrattistica imperiale nella numismatica
Forse il più noto ritratto di Federico II giunto fino a noi è quello ubicato sulla moneta d’oro più famosa coniata sotto il suo regno: l’Augustale. Con ogni probabilità una delle monete d’oro più famose del medioevo per incredibile bellezza, diffusione ma anche per rarità e ricercatezza, l’augustale è indizio palese della ripresa delle forme dell’arte classica all’interno dell’apparato ideologico del regno federiciano.
Coniato a Messina e Brindisi l’Augustale fu ispirato alla monetazione classica e bizantina. Risulta essere tra le prime attestazioni numismatiche di periodo medievale di un ritratto realistico e proporzionato (anche se, con ogni probabilità, corrispondente più ad un’idea astratta di regalità che ad un vero ritratto di Federico II). Ancora oggi l’Augustale è uno dei simboli del potere federiciano, utilizzato anche dall’Università Federico II di Napoli.
Il ritorno dei fasti imperiali: il trionfo dopo Cortenuova ed il Carroccio a Roma
Oltre alle rappresentazioni artistiche e retoriche il progetto della renovatio imperii federiciana si espresse anche nelle cerimonie legate al potere imperiale. Sarebbe impossibile elencarle tutte in un singolo articolo, ma come valore paradigmatico è giusto quantomeno citare il trionfo celebrato a Cremona dopo la vittoria di Cortenuova del 1237. Il cerimoniale utilizzato appare tanto simile a quello antico quanto “nessun imperatore medievale aveva mai realizzato” (Massimo Miglio). Ciò andava a implicare un approfondito studio delle fonti classiche, paragonabile solo alla successiva tradizione antiquaria quattrocentesca.
Ulteriore testimonianza della ripresa di una retorica e di un cerimoniale fortemente ispirati alle rappresentazioni classiche del potere imperiale è riscontrabile nella lettera inviata al senato di Roma ed ai Romani per informarli dell’invio del Carroccio. Tale documento è considerabile come “il più alto modello dell’ideologia imperiale medievale costruita sulla simbologia antica“.
Nella lettera viene esaltato il ruolo di Roma come luogo naturale di tutti i trionfi poiché la battaglia di Cortenuova era stata combattuta “contro i ribelli dell’impero Romano“. Pertanto le spoglie di tale vittoria non potevano giungere in nessun altro luogo se non a Roma sede, quantomeno ideologica, del potere imperiale.
La tomba di Federico II: continuità con i re normanni e ripresa di simbolismi imperiali
L’analisi dell’ideologia funeraria della tomba di Federico II ci permette di conoscere ulteriori dettagli dell’autorappresentazione imperiale in rapporto non solo all’eredità classica ma anche a quella sei suoi predecessori normanni. Il suo sarcofago, in marmo porfiro, riprende nei materiali le sepolture degli imperatori del periodo classico: il marmo porfiro fu inoltre utilizzato per tutto il tardoantico nonché nel corso del medioevo anche dalla corte di Bisanzio. Era uno dei simboli più noti della regalità imperiale.
Tuttavia il sepolcro di Federico II si riallaccia, per luogo di sepoltura e fattezze artistiche, ai sepolcri dei re normanni, ai quali fu sempre strettamente legato sotto molti punti di vista. Risulta sempre utile ricordare che anche i re normanni tentarono (con risultati di incredibile valore culturale ed artistico) di imitare la corte imperiale, ponendo però la loro attenzione sulla regalità di derivazione costantinopolitana.
-Silvio Sannino
Bibliografia
Massimo Miglio: progetti di supremazia universalistica; manuale di storia medievale Donzelli
Hubert Houben: Federico II: imperatore, uomo, mito; Società editrice il Mulino
Arthur Sambon, Indizi numismatici del fervore artistico dei dinasti medioevali dell’Italia Meridionale, Napoli, tipografia della r. accademia di archeologia, lettere e belle arti, 1934
Lucia Faedo: La sepoltura di Ruggero, conte di Calabria; articolo pubblicato sulla rivista “Aparxai, nuove ricerche e studi sulla magna Grecia e la Sicilia antica in onore di Paolo Enrico Arias”, Giardini editori e stampatori in Pisa, 1983
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d’Arte 1934, pagine 120-125
Luigi Provero, Massimo Vallerani: Storia medievale; Mondadori
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