Giovanna I di Napoli fu non solo una delle prime donne a salire su un trono europeo in qualità di sovrano regnante, ma fu anche la prima sovrana del regno di Napoli ad essere nata a Napoli.

Donna di potere, dalla personalità fortissima. Amante dell’arte e lei stessa artista: fu amica intima del poeta Giovanni Boccaccio, che le ha dedicato un intero capitolo nel suo libro “De mulieribus claris“. Per tutta la vita fu costretta a fuggire da complotti, mariti violenti e affamati di potere e da assassini. Fino alla tragica fine.

Dall’altro lato, i popoli del Regno di Napoli e della Provenza la ricordano con affetto: il suo periodo storico fu infatti caratterizzato da un’insolita pace e dalla riorganizzazione di molte città, in special modo proprio la capitale del Regno.

Regina Giovanna che si presenta dal papa per difendersi dalle accuse di omicidio
La regina Giovanna I d’Angiò che si presenta dal Papa per difendersi dalle accuse di omicidio

Una giovane orfana, un trono per caso

Roberto d’Angiò, prima di morire, disse: caduta è la corona dal capo nostro“. Suo figlio Carlo, infatti, era morto giovanissimo nel 1328 lasciando sola una bambina di due anni, la sua unica figlia. Giovanna si trovò al centro di un intrigo politico grande quanto tutto il Sud Europa.

Anche se nulla escludeva la possibilità che una donna potesse diventare regina regnante (fu stabilito addirittura da Carlo d’Angiò in persona!), non tutti erano d’accordo. Alla fine di una lunghissima trattativa, che stava per sfociare in una guerra fra Napoli e Budapest, Carlo I d’Ungheria accettò la nomina della regina bambina a patto che sposasse uno dei suoi figli. Fu scelto Andrea, che fu mandato a Napoli con un matrimonio da celebrare a soli 7 anni.
Lo stesso Roberto d’Angiò fu molto ambiguo: pare che sul letto di morte abbia indicato Giovanna come regina, ma nel testamento era scritto che il re doveva essere Andrea. Il Papa si affrettò a far cancellare questa disposizione sconveniente, lasciando la sola Giovanna come unica erede.

Giovanna I d'Angiò e Roberto Cabani
Giovanna I d’Angiò e un suo servitore, forse Roberto Cabani (o De Cabanni), uno dei più infidi uomini della corte

Fra intrighi, privilegi e politici corrotti

La giovanissima Giovanna I di Napoli si trovò ad ereditare il 16 gennaio 1343 un regno prossimo al collasso. I baroni e i nobili, approfittando dell’instabilità politica lasciata dalla morte del nonno Roberto, avevano preso con la forza ogni libertà: la corte era un covo di intrighi, veleni e omicidi fra partiti di nobili che facevano a gara ad accaparrarsi le cariche pubbliche più potenti e remunerative. In provincia, i feudi erano affamati e governati da uomini spietati e interessati solo a riscuotere tributi. In tutto questo, gli unici a godersela erano i religiosi e i francesi, che godevano di ogni sorta di privilegio amministrativo e fiscale.
Insomma, nel Maschio Angioino la regina aveva parecchi grattacapi: 16 anni appena compiuti, un destino già deciso per lei, una corte fatta di parenti serpenti e un marito che odiava profondamente.

Sin dalla morte di re Roberto erano evidenti i guai che sarebbero arrivati sul regno di Napoli: erano infatti tutti convinti di poter avere la meglio sulla ragazza. Il Papa, con la sua influenza e forte del sostegno dato a Giovanna per la sua incoronazione, spingeva per acquisire nuovi privilegi e favorire gli alleati francesi, Elisabetta di Polonia, la madre di re Andrea, giunse invece a Napoli per creare un nuovo partito politico fra i nobili napoletani, stavolta necessario per favore gli ungheresi. In questo modo il giovane Andrea, assieme al fratello Luigi, avrebbero tenuto assieme il più grosso regno d’Europa: un’entità militare capace di far paura a chiunque.

Giovanna I d'Angiò con Carlo Martello
Giovanna I d’Angiò fa battezzare il figlio Carlo Martello, sottratto dallo zio Luigi d’Ungheria: morirà lontano da Napoli e dalla madre

Amori infelici per la regina Giovanna

Il problema è che la nobiltà francese di Napoli non aveva la minima intenzione di far entrare gli ungheresi in città.

Tutto si risolse pochi anni dopo nel modo più torbido e violento possibile: ad Aversa, durante una caccia al cinghiale, Andrea d’Ungheria fu gettato giù dal balcone del palazzo reale. Sembra che nessuno, compresa la regina, avesse sentito le urla disperate del giovane mentre lottava con i congiurati. Le conseguenze furono disastrose per il regno di Napoli, che per vendetta fu assediato per anni dal fratello Luigi d’Ungheria.

Superato il lutto, Giovanna sposò Luigi di Taranto, uomo che frequentava già da tempo e per il quale era sinceramente innamorata. Anche in quel caso, però, tenne ben stretta la corona sulla sua testa. Almeno formalmente.

Il nuovo marito, per giunta, fu anche peggiore del primo. Dopo un breve periodo felice, Luigi di Taranto mostrò un volto crudele, violento e sadico: trattava la regina di Napoli come una schiava e, secondo molti commentatori dell’epoca (compreso Boccaccio, che riserva al re parole violentissime), la picchiava e la umiliava senza alcuna pietà anche di fronte alla corte.

I due furono incoronati per la seconda volta nel 1351, dopo essere fuggiti in Provenza durante l’assedio degli ungheresi e, proprio in quest’occasione, ci fu un episodio eloquente: durante la cavalcata cerimoniale fra le strade di Napoli, che la tradizione imponeva per i re appena incoronati, scivolò la corona dalla testa di Luigi di Taranto.
Questo presagio fu interpretato da tutti come l’ennesima disgrazia che avrebbe colpito Napoli.

Luigi effettivamente morì molto presto. Fu l’occasione per sposare Giacomo d’Aragona, in modo da avvicinare le corone di Sicilia e di Napoli. Anche questo matrimonio durò solo pochi anni. Idem per il quarto: Ottone di Brunswick, tedesco di Sassonia, fu il quarto marito di Giovanna solo per poco.

Giovanna I d'Angiò e Luigi di Taranto
Giovanna I di Napoli e Luigi di Taranto, il secondo marito. Anche questo matrimonio finì malissimo.

Niccolò Acciaiuoli, l’uomo che salvò Giovanna

Giovanna I d’Angiò, come quasi tutte le donne al potere durante il medioevo, subì una grossa campagna diffamatoria nei secoli seguenti. Fu detta ignorante, egoista, poco preparata alla carriera politica.

In realtà non è affatto vero: il nonno Roberto d’Angiò, uomo saggio e amante della cultura, fece vivere la giovane nipote in un ambiente molto vivace: la corte di Napoli era frequentata da poeti del calibro di Francesco Petrarca e senz’altro i precettori della regina furono di altissimo livello.
Non è un caso, d’altronde, se un altro dei massimi poeti della letteratura italiana, Boccaccio, frequentasse abitualmente la corte di Napoli e fosse amico intimo della regina.
I testimoni del suo tempo dicono che fosse una donna bellissima, capace di ispirare poeti e artisti non solo per la sua cultura, ma anche per l’intelligenza e la capacità retorica.

Nella gestione del regno, Giovanna fu apprezzata dai suoi sudditi grazie soprattutto all’intervento del Gran Siniscalco Niccolò Acciaiuoli, un uomo dall’intelligenza infinita che riuscì ad amministrare una corona squattrinata con intelligenza ed equilibrio. Era fiorentino, legatissimo alla sua città (tant’è vero che volle farsi seppellire nella Certosa di Firenze) e si avvicinò alla corte di Napoli diventando amico di Roberto d’Angiò, che lo nominò cavaliere. Poi la nipote gli conferì la carica più importante del Regno.

Nella città di Napoli si interessò personalmente alla realizzazione di numerose innovazioni e curò la costruzione dei monumenti che il nonno Roberto aveva cominciato a far costruire. Su tutti, la chiesa di Santa Chiara, il Castel Sant’Elmo e il nuovo porto di Napoli.
E non solo: sotto il consiglio di Acciaiuoli, la regina creò il primo ordinamento delle corporazioni, che in città furono divise per quartieri: i francesi, esperti nell’arte dell’oreficeria, ricevettero l’attuale Borgo degli Orefici; i banchieri toscani, da sempre finanziatori degli Angiò, andarono a vivere nella Via dei Fiorentini, che oggi non esiste più, e nella vicina Loggia dei Pisani, poco sotto la moderna Via Toledo.

La vita alla corte di Napoli sotto Giovanna d’Angiò era una polveriera nella quale, con sapienza, il Gran Siniscalco riuscì a muoversi per difendere la regina da tentativi di omicidio e da alleanze sconvenienti. Nel frattempo la stessa regina, che aveva ben imparato a fuggire dagli intrighi dei nobili, amava ritirarsi per lunghi periodi in una villa nobiliare di Castellammare di Stabia, sua città prediletta.

Niccolò Acciaiuoli gran siniscalco Giovanna I d'Angiò
Un ritratto di Niccolò Acciaiuoli, il fidatissimo Gran Siniscalco di Giovanna I di Napoli

La fine drammatica di Giovanna I

Nulla si può fare quando il mondo intero è contro di te. E Giovanna si trovò a reggere il trono di Napoli in uno dei momenti più complessi e confusi del medioevo: la chiesa cattolica stava affrontando lo scisma d’occidente, il momento storico in cui il potere fu diviso fra le figure di Papa e Antipapa.
Anche la regina si trovò senza figli: il piccolo Carlo Martello fu letteralmente rubato dallo zio Luigi d’Ungheria e portato via da Napoli. Morì pochi anni dopo. Con il secondo marito, invece, le figlie Maria e Francesca morirono bambine.

Insomma, il problema si riproponeva. Giovanna designò come erede il suo peggior nemico, sperando di poter condurre pacificamente gli ultimi anni del suo regno: il cugino Carlo di Durazzo, forte della nomina, non la pensava esattamente così. E agì subito per entrare nel Maschio Angioino.

Carlo fece anche scomunicare e dichiarare eretica la regina dal papa napoletano Urbano VI, poi marciò verso Napoli con un esercito colossale fatto da truppe ungheresi e polacche: Giovanna poteva fare ben poco, idem il suo ultimo marito, Ottone di Brunswick. Si racconta che la regina girasse in armatura fra le truppe napoletane, in modo da rincuorarli e aumentare il loro morale.

Ogni difesa gloriosa, però, vide una tragica fine: Giovanna fu presto imprigionata e portata prima a Nocera Inferiore, poi a Muro Lucano.
Non era però ancora finita: Carlo di Durazzo, incoronato nel 1381 col nome di Carlo III di Napoli, doveva legittimare la sua corona: Giovanna, come atto disperato, aveva invocato l’intervento di Luigi d’Angiò, fratello del re di Francia, per riconquistare il Regno di Napoli.
Era troppo tardi: nel 1381 arrivarono alcuni misteriosi assassini nella cella di Giovanna, che fu uccisa brutalmente proprio come era accaduto vent’anni prima al primo marito, Andrea d’Ungheria. La regina morì a soli 37 anni, lasciando il trono a Carlo III di Durazzo e ai suoi discendenti: fra azioni spregiudicate, come la fallita creazione del primo regno d’Italia di Ladislao di Durazzo, la morte degli eredi e per gli intrighi dei nobili napoletani, il tempo avrebbe presto fatto cadere per sempre la corona francese dal trono di Napoli.

Ironia della sorte, in questi periodi burrascosi Napoli avrà altre tre regine sul suo trono e tutte e tre si chiameranno Giovanna.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Giovanni Antonio Summonte, Historia del Regno e della città di Napoli, Antonio Bulifon Editore, Napoli, 1671
Scipione Mazzella, Le vite dei Re di Napoli, Napoli, 1594
Ferdinando Russo, il tesoro della regina, Bideri, Napoli, 1913
Giovanni Boccaccio, De Mulieribus Claris, edizione curata da Giacomo Manzoni, Bologna, 1881
https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanna-i-d-angio-regina-di-sicilia_%28Dizionario-Biografico%29/
https://www.ilnuovoarengario.it/racconti-e-leggende-della-nostra-tradizione-le-leggende-su-giovanna-dangio/#_ftn7

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