La città di Amalfi medievale costituisce una delle grandi sorprese che lo studio di quel tempo può serbare. La costa campana poteva vantare, nell’alto medioevo, un certo numero di città costiere che fungevano da emporio per i traffici mercantili, mettendo radici nell’antichità romana, italica e magnogreca. Tuttavia, nel corso del basso medioevo, tra le città campane, fu la piccola e giovane Amalfi a detenere il posto più importante nelle rotte mediterranee.
Le ragioni della sua preminenza sono di difficili da rintracciare, specialmente in un contesto così poco documentato come quello tardoantico e bassomedievale. Tuttavia un piccolo indizio può esser desunto dal paesaggio naturale che attornia la città: un insieme di colline e promontori, la cui presenza, forse, spinse i primi navigatori amalfitani a comunicare con le altre città via mare.
La storia di Amalfi
Amalfi sorse attorno al VI-VII secolo, attorno ad una torre di vedetta, e in breve tempo divenne una delle tappe imprescindibili delle rotte mediterranee. Dal punto di vista politico la città era nominalmente soggetta al dominio di Bisanzio tuttavia, come per molti altri dei centri urbani italiani, ciò costituiva più un dato formale che fattuale.
La corte di Costantinopoli si limitava a “redigere ampollose lettere con cui conferiva al duca e ai notabili di Amalfi titoli quali protospatarius (titolo nobiliare bizantino di solito attribuito ad alti funzionari e generali ndr)” (Abulafia 2021, 262), non potendo imporre materialmente la sua sovranità. La città poté quindi usufruire sin dai suoi primordi di una marcata indipendenza politica, mantenendo tuttavia stretti rapporti con l’oriente greco, vicino ad Amalfi sia da un punto di vista mercantile che culturale.
Amalfi medievale e l’impero mercantile
Tali rapporti si esplicarono, da un punto di vista commerciale, anche nell’insediamento di colonie amalfitane in città strategiche dell’impero. Degne di nota furono quelle di Durazzo, sulla costa adriatica, e della stessa Costantinopoli, dove gli amalfitani possedevano depositi, immobili, chiese e conventi.
Fu tuttavia nel commercio con la costa nordafricana che gli Amalfitani trovarono il loro maggior successo. In un periodo di preminenza musulmana nei traffici mediterranei gli amalfitani, assieme a provenzali e veneziani, furono tra i primi commercianti a solcare nuovamente le rotte marittime dopo la rottura dell’unità mediterranea derivante dall’espansione araba.
I rapporti cordiali con gli arabi furono uno dei tratti distintivi dell’impegno economico amalfitano. La città poté fondare colonie ad al-Fusat (l’odierno Cairo), Alessandria, Gerusalemme e sulla costa siriana, entrando in contatto con una rete commerciale che andava ben oltre quella mediterranea: dalle coste egiziane si diramavano numerosi circuiti mercantili che, passando per la penisola arabica e l’Oceano Indiano, giungevano fino alla Cina e all’Estremo Oriente.
Amalfi fu quindi un punto di snodo centrale per i traffici di lungo raggio altomedievali. La città era, inoltre, frequentata da mercanti musulmani e la sua opulenza è stata descritta in numerose cronache arabe.
L’architettura araba influenzò profondamente le mode e i gusti degli amalfitani, come risulta ben visibile dagli archi della bellissima villa Rufolo di Ravello, o quelli del campanile del Duomo della città. Un’ulteriore e peculiare testimonianza dei legami continuativi con il mondo arabo è offerta dalla documentazione numismatica. Amalfi fu infatti tra le primissime città europee a coniare moneta aurea dopo il VII secolo.
Prendendo in considerazione al presenza relativamente scarsa di giacimenti aurei in Europa, il fatto che una città potesse permettersi di batter moneta d’oro doveva esser legato alla continuità dei suoi scambi con territori che, invece, erano soliti utilizzare tale metallo nelle transazioni: quindi quelli del Mediterraneo orientale e della costa nordafricana.
Queste monete d’oro furono chiamate Tarì, avevano leggende in pseudo-cufico e assomigliavano a quelle usate dagli arabi, cercando di imitarle quanto più possibile in peso, fino e fattezza estetica.
Alle soglie dell’anno mille, Amalfi poteva esser considerata come uno dei grandi porti franchi del mediterraneo. Tuttavia la sua preminenza, come ogni cosa nella storia, non poté essere eterna. La forza economica della città fu oscurata da diversi fattori. Un primo fattore fu la presenza di un’agguerrita concorrenza delle altre città mercantili italiane: Pisa, Genova e Venezia.
Un secondo fattore fu poi rappresentato dall‘inclusione di Amalfi nel neonato regno di Sicilia che, pur aprendo nuove occasioni all’aristocrazia amalfitana nel campo dell’amministrazione pubblica e nuovi scenari d’azione nelle ricche terre del regno, pose la città su un terreno scivoloso per quanto concerne i rapporti con Costantinopoli, visti i continui tentativi, da parte dei re normanni, di conquistarne i territori.
Un’ultima causa di decadimento può esser trovata nella guerra del Vespro, che destabilizzò gran parte delle città costiere del Regno che si affacciavano sul Tirreno, rendendo le rotte marittime poco sicure. Tuttavia il termine decadimento, per ciò che concerne Amalfi, appare parzialmente inappropriato.
La città e le sue classi mercantili e nobiliari seppero rispondere egregiamente ai cambiamenti posti in essere dagli altri agenti che agivano nel Meridione e nel Mediterraneo. Pur avendo sempre riguardo per le avventure commerciali diversificarono le loro fonti di reddito tramite le attività agricole o produttive, vantando un certo protagonismo nelle vicende politiche ed economiche del Regno per molti secoli.
Più che nella decadenza della città, i motivi legati alla perdita della sua preminenza sono da ricercarsi in un cambiamento strutturale dei rapporti mediterranei, che dall’anno mille in poi furono profondamente modificati da una rinnovata presenza cristiana, sia dal punto di vista economico che militare.
–Silvio Sannino
Bibliografia
Abulafia D., Il grande mare, storia del Mediterraneo, Mondadori, Milano, 2021.
Sakellairou E., Amalfi e la Costiera nel Regno di Napoli (XV secolo) in Spazi economici e circuiti commerciali nel mediterraneo del trecento, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Amalfi, presso la sede del Centro, 2017, pp. 363 – 393.
Sambon A., Il Tarì amalfitano, «Rivista italiana di numismatica», 4 (1891), pp. 117-127.
Yver G., Les Merchands dans l’Italie Méridionale au XIIIe & au XIVe siècle, Paris, Albert Fontemoing, 1902.
Heyd G., Le colonie commerciali degli italiani in Oriente, G. Antonelli e L. Basadonna Edit., Torino, 1866.
Del Treppo M., Alfonso L., Amalfi medioevale, Napoli, Giannini editore, 1977.
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