Parlando della Scuola Medica Salernitana, non si può non approfondire la figura di Giovanni da Procida, che ne è stato uno degli esponenti più importanti. Da ricordare è anche la sua azione politica nella lotta tra guelfi e ghibellini, lui forte sostenitore dell’imperatore, a cui era fortemente legato.
Giovanni da Procida: medico della Scuola Salernitana alla corte dello Stupor Mundi
Nato a Salerno il 1210 da una nobile famiglia, i “Da Procida”, fu signore dell’omonima isola del Golfo di Napoli con il nome di Giovanni III da Procida. La sua è stata una lunga vita, dedita alla medicina e alla diplomazia, anche se poco sappiamo della sua vita nei suoi anni giovanili.
Sappiamo, inoltre, che la sua formazione di medico appartenente alla Scuola Salernitana, la più antica istituzione medica medievale d’Europa, gli ha permesso di assistere e partecipare ai grandi avvenimenti che si stavano svolgendo in Italia in quel periodo.
Gli è stato attribuito un trattato, “Utilissima practica medica“, e altri trattati contro i reumatismi, la sete, i calcoli e alcune traduzioni dall’arabo e dal greco e sappiamo che le sue doti di medico erano eccelse, tanto che il papa, dopo che Giovanni da Procida era stato costretto a scappare dopo la battaglia di Benevento, lo accolse a Roma.
Tra le prime notizie che abbiamo di lui è che fu uno tra i firmatari del testamento di Federico II di Svevia pochi giorni prima della sua morte, a Castelfiorentino, fu il suo medico personale e fu un precettore di suo figlio Manfredi, a cui fu sempre fedele.
Nella feroce lotta tra guelfi e ghibellini, tipica dell’Italia duecentesca, Giovanni da Procida si schierò dalla parte dell’imperatore.
Per la sua amicizia con Manfredi, Giovanni da Procida fu accusato dal partito guelfo di essere uno tra i principali avvelenatori di Federico II e del suo successore Corrado.
Con la sconfitta di Manfredi a Benevento, Giovanni da Procida iniziò a viaggiare per le varie corti d’Italia e d’Europa. Il suo scopo era di riportare la dinastia sveva sul trono di Sicilia, senza riuscirvi.
Una leggenda dice che durante l’esecuzione di Corradino, ultimo esponente in linea maschile degli svevi, avvenuta a Piazza Mercato a Napoli il 29 ottobre 1268, Giovanni da Procida abbia raccolto il suo guanto di sfida. Intanto, il nuovo re di Napoli, Carlo I d’Angiò, gli confiscò i sui beni.
Dopo quest’evento, decise di entrare al servizio di Pietro III d’Aragona, che aveva sposato la figlia di Manfredi e di Beatri di Savoia, Costanza di Hohenstaufen.
Giovanna da Procida fu quindi un acceso sostenitore dei Vespri Siciliani, che videro i francesi cacciati dalla Sicilia e portarono sul trono di Palermo Pietro III d’Aragona. Un’altra leggenda infatti lo vede come l’ideatore della rivolta e che la donna che ha ricevuto l’offesa dal soldato francese Drouet sia stata sua figlia Imelda.
Dopo l’instaurazione degli aragonesi in Sicilia, venne nominato a vita Gran Cancelliere di Sicilia ma continuò instancabilmente a viaggiare per l’Europa come diplomatico, fino ai suoi ultimi giorni di vita: nel 1298 è a Roma, dove muore a 88 anni.
Giovanni da Procida nei secoli
La critica guelfa ha visto in Giovanni da Procida un personaggio dedito alle cospirazioni ma a partire dagli ultimi due secoli, la sua figura è stata riabilitata ed oggi è visto come un diplomatico fedele e devoto al suo imperatore.
Numerose sono state le opere a lui dedicate: Giovan Battista Niccolini nel 1831 gli dedicò una tragedia, Niccolò Buscemi gli dedicò una biografia nel 1836 mentre Ermolao Rubieri scrisse un’”Apologia di Giovanni da Procida” nel 1856. La quantità di opere sopra la figura di Giovanni da Procida ci fa capire come, anche a distanza di secoli, la sua figura è stata esaltata nel Risorgimento italiano ed è stato visto come un grande patriota.
Bibliografia
Enciclopedia Treccani
Carucci, C., Il patriottismo del grande salernitano Giovanni da Procida: attraverso ineccepibili documenti, Subiaco, Monasteri, 1932
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