Può un umile sostantivo nobilitare una condizione come quella del ciclo mestruale? Se si nasce a Napoli, a quanto pare, sì. All’ombra del Vesuvio, i cittadini sono sempre stati abituati a mischiare lingue e dialetti, e così è spuntato fuori il celebre “Marchese“. Che sia chiaro, la storia dell’etimologia di mestruo in napoletano non ha nulla a che fare con quella di alcun re o principe: non c’entra né Ferdinando IV, al quale vengono attribuitigli meriti anche oltre le sue competenze, e nemmeno regine affette da sintomi duri e dolorosi. C’entra la semplice commistione di modi di dire e umorismo, che da sempre caratterizzano la nostra cara e bella terra.
Una fake news che fa sorridere
Spulciando nel fantastico mondo del web, ci siamo imbattuti in quella che apparentemente sembra una gran bella fake news. Gira e rigira, infatti, sempre questa stessa formula: “L’origine di questa espressione è molto semplice: i marchesi erano soliti indossare delle palandrane di colore rosso vivo per distinguersi dal popolo e sottolineare il loro rango nobiliare“.
Le palandrane erano delle vesti molto lunghe, utilizzate per lo più in casa dagli uomini: per intenderci, erano quelle a cui siamo affezionati, quando nell’immaginario collettivo ci riferiamo ad autori come Dante e Boccaccio. Erano delle tuniche, anche abbastanza ineleganti, che di certo non venivano indossati dai marchesi per distinguersi dal resto della popolazione.
Non si comprende come delle palandrane potessero avere un potere tanto grande, da provocare invidia nel popolo. Non c’è dubbio, si tratta certamente di una storia inventata, ma che poteva essere “smascherata” facilmente, da chiunque. Ora non ci resta che addentrarci sull’origine del nostro caro e vecchio Marchese, ovvero come si dice il mestruo a Napoli.
Un Marchese in prestito dal francese
La sua derivazione è germanica, da marka «segno di confine», e durante il medioevo fu utilizzato per riferirsi al conte di una marca, cioè di un territorio di confine. Un vero e proprio titolo nobiliare, che nella gerarchia araldica segue quello di duca. Il suo segno distintivo è generalmente una corona in cerchio d’oro gemmato, cordonato ai margini, cimato di quattro fioroni d’oro sostenuti da punte ed alternati con 12 perle disposte tre a tre.
In realtà, tutto ciò che potrebbe parere in un modo, a Napoli, non si sa come mai, assume altre sfaccettature. Ed è proprio il caso di dirlo per quanto riguarda il termine Marchese e il suo strettissimo legame con il mestruo. La soluzione al mistero del Marchese è da ritrovare nella lingua francese: non si sa se durante il decennio napoleonico, o se anche prima, il mestruo abbia cambiato accezione tra le nostre parti. Il termine proviene dal francese marquis, che a sua volta deriva da marquer, ovvero marcare.
Infatti, come spiega Raffaele Bracale, “fa riferimento al fatto che il sangue del flusso mestruale marca di rosso i pannolini usati un tempo per arginarlo ed i moderni assorbenti occorrenti alla bisogna“. Da notare che anche la prima edizione del Dizionario della Crusca (1612) ammette “Marchese” e cita pure un cavalleresco verso di Francesco Berni (1497/9-1537) dedicato proprio alle mestruazioni:
“Mestruo, Purga di Sangue, che ogni mese hanno le donne… Lo stesso volle significare, equivocheggiando il Berni vesta ed nelle sue rime. Un’eccellenza del Signor Marchese, eterno onor del femmineo sesso”.
La definizione rimane quasi immutata nelle prime tre edizioni del dizionario, per poi, nella quarta edizione del 1733, attribuire l’uso di “Marchese” al volgo, sottolineando che l’origine del termine sia francese e che oramai in pochi lo usassero. L’accezione eufemistica del termine Marchese ebbe un lungo seguito a Napoli ed in generale in tutto il Sud, tanto che Giulio Cesare Cortese (Napoli, 1570 – Napoli, 1640) lo impiegò sia nel “Micco Passaro ‘nnamorato” che nel “Viaggio di Parnaso” e tutt’oggi è largamente diffuso in tutto lo stivale della penisola italiana.
Bibliografia
Comme se penza a Nnapule – 2.500 modi di dire, Amedeo Colella e Raffaele Bracale, Cultura Nova, Napoli, 2018
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