In occasione dello spettacolo teatrale che si terrà a San Domenico Maggiore dal 19 al 21 Febbraio 2016, vogliamo rievocare il nome di Eleonora Pimentel de Fonseca, una delle donne più brillanti e famose della Storia di Napoli, la cui storia è stata spesso dimenticata.
Ci ha molto interessato questa iniziativa teatrale proprio perché vuole raccontare il lato più umano di questa donna: una madre, una moglie ancor prima dell’intellettuale che immaginò un sogno di democrazia.
Orari e prezzi:
19 e 20 Febbraio: ore 21
21 Febbraio: ore 19
Costo: 10€ intero, 7€ ridotto
Per prenotare: “Stati Teatrali”, numero 339 3113514
Chi era quindi questo personaggio? Ve lo raccontiamo nella nostra storia:
Eleonora Pimentel de Fonseca: La forza delle Donne
Eleonora Pimentel de Fonseca era una donna straordinaria, poetessa e scrittrice dotata di forte sensibilità, e fu tra i protagonisti della Rivoluzione Partenopea del 1799.
Di famiglia portoghese nacque a Roma, poco dopo la sua nascita però, a seguito della rottura dei rapporti diplomatici fra il Regno del Portogallo e lo Stato Pontificio, la sua famiglia si trasferì dalla capitale a Napoli.
Ed è proprio nella città partenopea dai mille volti che crebbe la piccola Eleonora, forse con quello spirito guerriero che solo questo popolo ha , un popolo che con assoluta dignità riesce a ridere di ogni dramma, ogni tragedia, che solo qui diventa grottesca, paonazza. Dagli scugnizzi di Mergellina, agli incredibili panorami di Posillipo, le voci, gli schiamazzi, le feste di un popolo intero per via Toledo, furono per la fanciulla un vulcano di vitalità e forza che delinearono ancor di più il suo carattere ribelle. Pronta a lottare, e morire, per i propri ideali.
Sulla sua figura si soffermerà Enzo Striano, autore del romanzo storico “Il resto di niente”, chiamando la giovane Eleonora “Lenòr”, e ritraendola come un personaggio complesso e molto profondo.
Lenòr è una ragazza, una donna reale con le sue fragilità e debolezze, i suoi dubbi ed angosce. Visse un matrimonio senz’amore, con un uomo rude, subì la morte del proprio bambino, per cui scrisse cinque sonetti pervasi di disperato amore. E con lei, la decadenza di una città meravigliosa come Napoli, che prima era il centro della cultura e dell’arte di tutta Europa. Le sue indecisioni e la paura di fallire, una paura che paralizza, e ti lascia sola con il tuo dolore.
Lenòr e la sua forza di donna, donna intellettuale,caparbia e risoluta.
Furono gli ideali della Rivoluzione Francese, lo spirito di libertà, di giustizia, di un popolo che non può più essere tiranneggiato ad alimentare il suo desiderio di cambiamento. Un nuovo vento, il vento della rivoluzione che arrivò in tutti i paesi, perfino a Napoli dove la gente moriva di fame, di stenti, perfino in questo pozzo scuro, anche qui la scintilla della rivolta organizzata, pianificata, arrivò per cambiare le cose.
Eleonora sosteneva come il popolo potesse essere educato, attraverso la scuola, la cultura stessa, utilizzandola come strumento di emancipazione e libertà.
In primo luogo partecipò alla formazione del Comitato Centrale che favorì l’entrata dei francesi a Napoli. Poi fu il direttore del giornale ufficiale della Repubblica Napoletana, Il Monitore Napoletano, che si pubblicò dal 2 febbraio all’8 giugno 1799, in 35 numeri bisettimanali. Dai suoi articoli emerge un atteggiamento democratico ed egualitario, volto soprattutto a diffondere nel popolo gli ideali repubblicani, attività nella quale la Pimentel si impegnava attivamente anche della Sala d’Istruzione Pubblica.
Purtroppo La Repubblica e i suoi ideali finirono ben presto per cedere alle scellerate violenze delle masse popolari, innalzate dal Cardinale Ruffo, che fece leva soprattutto sull’odio viscerale dei poveri, contro i ricchi.
Dopo una disperata resistenza sul Ponte della Maddalena e poi nei castelli della città, i patrioti scampati alle stragi operate dalle bande Sanfediste e dei “Lazzaroni“, furono dichiarati decaduti l’8 luglio dello stesso anno. Ha inizio così l’esecuzione dei patrioti napoletani, più di cento repubblicani furono impiccati o decapitati e tra questi i più alti nomi dell’intellettualità napoletana, tra cui ricordiamo Mario Pagano, Domenico Cirillo e Vincenzo Russo. Eleonora il 17 agosto del 1799 fu condannata a morte, salì al patibolo con coraggio e le sue ultime parole furono “Forsan et haec olim meminisse iuvabit” dall’Eneide virgiliana, che tradotta letteralmente significa: Forse persino di questi avvenimenti un giorno la memoria ci sarà d’aiuto. Sono le parole con le quali Enea faceva coraggio ai compagni nelle avversità della sorte e nei pericoli.
E’ da qui che Enzo Striano riconduce il titolo della propria opera “Il resto di niente” il nulla che rimane dopo la sconfitta e la caduta di tutte le utopie rivoluzionarie, ma da ciò non deve nascere un atteggiamento passivo, anzi, l’impegno intellettuale e politico, il coraggio di credere comunque nelle proprie idee e fare la propria parte, mantenendo fede alle proprie posizioni ed ai propri valori, rimane fondamentale, perché solo tramite quest’ultimi un individuo può affermare la propria dignità ed il valore stesso della vita umana.
«A signora ‘onna Lionora
che cantava ‘ncopp’ ‘o triato
mo abballa mmiez’ ‘o Mercato
Viva ‘o papa santo
ch’ha mannato ‘e cannuncine
pe’ caccià li giacubine
Viva ‘a forca ‘e Mastu Donato!
Sant’Antonio sia priato»
-Arianna Giannetti
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