I cartelli di quadriglia sono componimenti letterari che appartengono al genere dei canti carnevaleschi. A partire dalla tradizione toscana di comporre delle canzoni che accompagnassero i carri durante i festeggiamenti del carnevale, i cartelli di quadriglia, fogli volanti su cui erano stampati i canti, si diffusero a Napoli a partire dalla seconda metà del 1600.
Nel secolo successivo si giunse alla massima popolarità del genere, quando la monarchia borbonica, comprendendo la vivace propensione del popolo napoletano verso la burla, lo scherno e tutte le abbondanze del carnevale, decise di sfruttarle a proprio vantaggio.
Caratteristiche principali dei cartelli di quadriglia
I cartelli di quadriglia erano distribuiti al pubblico per accompagnare le sfilate delle corporazioni napoletane durante i festeggiamenti del carnevale. Da questo dato si può partire per analizzare alcune delle caratteristiche principali di questo scomparso genere letterario.
Prima di tutto questi venivano distribuiti al pubblico sotto forma di fogli volanti, spesso agli angoli delle strade, e per questo gli esemplari sono molto rari, conservati solo in alcune raccolte storiche, senza rilegatura tipografica.
Il secondo punto su cui concentrarsi è la centralità dei mestieri, in particolare di quelli di rifornimento alimentare, nell’economia cittadina dell’epoca e nei festeggiamenti del carnevale. Attraverso i canti dei cartelli di quadriglia assistiamo ad una vera e propria esaltazione di un mestiere sugli altri, con una conseguente sfida che si ripeteva anno dopo anno.
Il titolo dei componimenti riportava proprio il nome della categoria (macellaio, fornaio, lattaio, pescivendolo…) che si sarebbe andata ad esaltare, attraverso l’elenco dei benefici dei prodotti o l’esperienza di un professionista esterno (un medico, un uomo di legge o un esponente delle classi più alte della popolazione) che attraverso la sua parola ne assicurava la superiorità.
In conclusione ad ogni testo vi era una seconda esaltazione: è la lode ai regnanti e alla casata Borbone, in forme spesso cerimoniose e stereotipate, esaltazione assoluta della casata, che il popolo voleva in questo modo ingraziarsi.
Inoltre alla fine della sfilata, quando la quadriglia arrivava a Largo di Palazzo, il cartello veniva consegnato al re o al viceré, in una copia pregiata stampata in seta, con un gesto spettacolare, che enfatizzava il ruolo dell’autorità nella festa.
Chi componeva i canti per i cartelli di quadriglia?
Probabilmente i canti per i cartelli di quadriglia erano composti da poeti di mestiere, quasi certamente commissionati dall’Eletto del popolo, figura politica centrale nel Settecento napoletano, anch’essa esaltata nei canti, insieme al Grassiero.
Il notaio Pietro Trinchera e Giacomo Antonio Palmieri, furono tra i più fecondi autori di poesie che si occuparono di cartelli di quadriglia, insieme con altri rimasti poco noti.
É chiaro che questi poeti cercavano di modellare il tono e la forma dei canti alla cultura e agli stilemi tipici del mondo popolare, attraverso l’enumerazione o la ripetizione, elementi retorici che puntano proprio a riprodurre il linguaggio di un mercato napoletano.
Le raccolte di cartelli di quadriglia
Il corpus superstite di cartelli di quadriglia fino ad oggi è formato per lo più da componimenti anonimi. Questi vengono conservati negli esemplari stampati presso la Biblioteca di Storia Patria di Napoli, la Biblioteca Nazionale di Napoli e il British Museum di Londra.
Esistono anche alcuni testi manoscritti collocati nel “Fondo Cuomo” della Biblioteca di Storia Patria di Napoli, il primo trascritto da Giuseppe Sigismondo a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, uno da Bartolommeo Capasso nel 1838 e uno dallo stesso Vincenzo Cuomo nel 1852; questi però sono tutti copia diretta o indiretta del primo gruppo, quello dei cartelli stampati.
I motivi ricorrenti dei cartelli di Quadriglia
Leggere un cartello di quadriglia ci trasporta direttamente in un mercato napoletano del Settecento, in cui gli elementi fondamentali sono: le voci dei bottegai che promuovono i loro prodotti, i prodotti stessi ed ovviamente il denaro, con cui i prodotti si acquistavano.
L’attenzione verso questi argomenti è indice della volontà di aderire al modulo popolare, ai bisogni semplici del popolo: la riflessione verte proprio su necessità e desideri della comunità.
Leggendo questi canti vengono fuori tantissimi termini ormai desueti ed estremamente interessanti. Invito tutti a una lettura più approfondita dei cartelli di quadriglia per conoscere questa tipologia di testi tanto belli quanto sconosciuti!
Bibliografia
Olga Casale, Canti Carnascialeschi Napoletani, Bolzone editore, 1977.
Camillo Albanese, Le curiosità di Napoli, Newton Compton editori, 2010.
Domenico Scafoglio, Il Carnevale Napoletano. Storia, maschere e rituali dal XVI al XIX secolo, Tascabili Economici Newton, 1997.
Claudia Colella, tesi di laurea in Storia della lingua italiana, Quadriglie carnascialesche napoletane: i Cartelli della Presa d’u Pesce, relatore prof. Francesco Montuori, Università degli studi di Napoli Federico II, anno 2021.
Leave a Reply