Un povero console romano trasformato in un santo per errore. Come se non bastasse, ha visto il suo nome storpiato e usato in tutta la Campania per indicare un oggetto inutile e fastidioso o una persona stupida. Stiamo parlando del Mamozio, lo strano destino del nome storpiato di Quinto Flavio Mesio Egnazio Lolliano detto… Mavorzio.
Potremmo dire che il buon Mavorzio fu uno dei primi uomini diventato meme nella Storia.
Un console romano scoperto per caso
Lolliano Mavorzio visse nel IV secolo e fu governatore della Campania dal 328 al 335 d.C. Di lui sappiamo poco e nulla, se non il fatto che si fece dedicare una statua a Puteoli, che all’epoca era ancora una delle città più ricche della regione, seppur in decadenza rispetto ai fasti della Roma repubblicana. E così rimase il monumento, perduto nei tempi sotto il suolo del porto di Pozzuoli.
Almeno fino al 1704, anno in cui fu costruita l’attuale chiesa di San Giacomo: durante gli scavi delle fondamenta fu rinvenuta una statua senza testa con su scritto ancora il nome “mavortius“. Il vescovo di Pozzuoli decise di omaggiare la memoria di quest’illustre personaggio dell’antica Roma ponendo la sua statua dinanzi a quella di Martin de Leon y Cardenas, uno degli uomini più importanti della storia puteolana: fu infatti lui a far restaurare completamente il Tempio Duomo del Rione Terra.
Aiutaci, santo Mamozio!
Il problema è che nessuno in città sapeva chi fosse l’uomo raffigurato. Mavorzio fu prestissimo storpiato in “Mamozio” e, a rendere ancora più ridicola la sua immagine, ci pensò un restauro maldestro: gli fu infatti piazzata una testa molto più grossa del normale. Era per giunta al centro del mercato delle verdure e fu così che, per ignoranza, il popolo si divise: chi, abituato a vedere le statue dei santi, immaginava che l’uomo si chiamasse “Santo Mamozio”. E addirittura molti, per ignoranza, gli rivolgevano preghiere. È così che, secondo alcune credenze puteolane, Santo Mamozio è diventato protettore dei fruttivendoli.
Alcuni, secondo racconti popolari, gli lanciavano addosso i fichi come rituale di buona fortuna: quelli più maturi, e più morbidi, ovviamente si spiaccicavano sulla statua. Quelli invece più acerbi tornavano a terra. Fu così che, in puteolano, gli si diceva: “Santo Mamozio, quelli buoni te li mangi e quelli duri me li rimandi indietro!“.
Altri, invece, lo trasformarono in un personaggio del teatro popolare, stupido e sciocco.
Ci basterà pensare che addirittura Totò ha interpretato proprio un “mamozio” nella sua commedia. Per giunta, secondo le superstizioni locali, la statua di Mamozio portava bene in quella piazza: ogni volta che si provava a spostarla, infatti, accadevano grandi catastrofi.
Di qui al parlato comune, con la diffusione dei modi di dire locali fra i popoli del Sud Italia, la parola “mamozio” è diventata facile da rinvenire in un sacco di contesti, tutti abbastanza sarcastici. Praticamente, a sua insaputa, Lolliano Mavorzio è diventato un meme ante litteram. Oggi la sua statua è conservata al Museo Archeologico dei Campi Flegrei, nel Castello di Baia.
-Chiara Sarracino
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