Lo splendore della Napoli settecentesca e il Grand Tour
Per tutto il ‘700 e per buona parte dell’800, Napoli costituì una delle mete più ambite e amate del Grand Tour.
Il viaggio itinerante di cultura e formazione dei rampolli di tutta Europa nelle capitali della bellezza artistica e naturale spesso si concludeva nella nostra città: chi la visitava, innamorato, decideva di restarci per sempre.
In tanti articoli abbiamo provato a raccontarvi le biografie dei personaggi che animavano la nostra città in questo periodo; pittori, poeti, filosofi e diplomatici d’ogni parte d’Europa che, nella frenesia di viaggio e cultura che caratterizza questo periodo storico, rendevano Napoli un vulcano sempre attivo.
Vi abbiamo parlato della conturbante coppia formata da Emma Hamilton e suo marito William, delle crudeli gite alla Grotta del Cane di Agnano, del giovane Mozart e del geniale Goethe, eppure le storie sembrano non esaurirsi mai: ogni giorno scopriamo qualcosa di nuovo da raccontarvi.
Questa volta, ci siamo imbattuti nella biografia di un artista eccezionale, tanto geniale da (come è ovvio) venir bistrattato dai contemporanei e apprezzato soltanto nel XX secolo. Stiamo parlando di Thomas Jones.
Thomas Jones, insolito paesaggista
In effetti, è forse nell’ambito della pittura, e in particolare della paesaggistica che la nostra splendida Napoli dà il meglio di sé in questo periodo.
Pitloo e la Scuola di Posillipo ne sono d’altronde la più palese dimostrazione: tutti abbiamo visto almeno una volta nella vita una delle numerose riproduzioni fumose e idilliche del nostro golfo, o delle campagne della nostra regione.
Anche Thomas Jones era un paesaggista. Con la differenza, però, che il suo talento, il suo modo di vedere il mondo e la città e il suo pennello quieto erano avanti anni luce rispetto alla maggior parte dei suoi contemporanei.
Ma andiamo con ordine. Thomas Jones nasce in Galles nel 1742, in una numerosissima famiglia (pensate che aveva ben 15 fratelli!) e in una ricca tenuta di campagna. Avviato dai parenti alla carriera ecclesiastica, fu soltanto alla morte dello zio materno, che gli finanziava gli studi ad Oxford, che nel 1761 si dedicò finalmente alla tanto agognata carriera artistica.
Divenne a Londra allievo del famoso pittore Richard Wilson, ma la svolta della sua vita (e della sua carriera) avvenne nel 1776, quando decise di fare un viaggio in Italia.
Fu prima a Roma che trovò dimora. Nella città eterna, dove conobbe molti connazionali e visse per circa quattro anni, si distaccò definitivamente dalla lezione del suo maestro, compiendo un salto qualitativo e iniziando una fervida sperimentazione. La sua tavolozza si riempì d’infinite tonalità di blu.
Napoli, città del blu e dell’amore
E se «a Napoli tutto è azzurro. Anche la malinconia è azzurra», come poteva un pittore che aveva sviluppato una tavolozza del genere non desiderare di trasferirsi nella nostra città?
Una fuga d’amore fu il pretesto: nel 1780 Thomas si trasferì a Napoli con Maria Moncke, sua domestica e amante.
Thomas Jones a Napoli
Da un po’ di anni, Jones aveva familiarizzato con l’ambiente italiano di mercanti d’arte e collezionisti, ma il mecenatismo e le commissioni non erano fatte per il suo carattere libero – eppure sempre quieto, leggermente nostalgico. Quando giunse a Napoli, quindi, si dedicò al raccoglimento e alla sua arte in maniera indipendente, slegata dalle logiche di mercato e lontana dai salotti di società.
Forse per questo egli non raggiunse il successo che meritava? O piuttosto la causa è da ricercare nella sua straordinaria modernità, primo accenno delle suggestioni ottocentesche che confluiranno nella Scuola di Barbizon non pochi anni dopo?
Non è certo saperlo, né noi abbiamo la pretesa di poter valutare opportunamente le sue opere. Vogliamo limitarci a farvi conoscere questo artista, e invitarvi a studiarne la vita e la biografia. Un piccolo input che vi guidi alla scoperta di un grande uomo che amò Napoli.
Infatti, noi non siamo critici d’arte, ma innamorati di Napoli; e facilmente sappiamo riconoscerne uno quando lo vediamo.
E Thomas lo fu di certo. Non scelse (solo) il golfo, il Vesuvio, le infinite vedute del lago d’Averno o delle nostre colline, come la maggior parte dei suoi contemporanei.
I tetti di Napoli
Scelse – con una modernità sorprendente – la città e i suoi tetti, quasi sempre vuoti, ma mai abbandonati, pervasi da un alito di quella bellezza addormentata che avvolge d’azzurro Napoli in certi pomeriggi.
Sulla sua terrazza, Thomas dipinse tanti scorci insoliti, tanti muriccioli di case popolari, tante vedute prospettiche dei tetti che si allungano sotto le ombre quiete del pomeriggio, un filo di vento a smuovere qualche panno steso al sole, un silenzio magnifico di vicoli freschi.
Nel 1783 Thomas tornò in patria.
A Napoli aveva messo al mondo due figlie, Anna Maria ed Elizabetha – e insieme a loro centinaia di opere, che raccontano attraverso il suo sguardo geniale una delle infinite anime della nostra città.
Bibliografia: Viaggio d’artista nell’Italia del Settecento. Il diario di Thomas Jones, a cura di Anna Ottani Cavina, Mondadori, Milano 2003.
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