Le olive di Gaeta sono la garanzia di un condimento eccellente e, ancora oggi, i ristoratori di tutto il mondo ostentano la provenienza di questi piccoli frutti dal colore verde smeraldo o violaceo (e non nero, come spesso si crede!).
Si tratta di un prodotto agricolo che arricchì per secoli l’antico Regno di Napoli, quando i territori di Gaeta appartenevano ancora alla provincia di Terra di Lavoro, mentre oggi è un primato condiviso fra Lazio e Campania, in cui le olive sono ancora coltivate dalle parti di Sessa Aurunca, Mondragone e, più in generale, nell’alta provincia del Casertano. Nel Lazio, invece, l’intera provincia di Latina è destinata alla coltivazione del prodotto.
Hanno numerosissime proprietà positive, come ad esempio la ricchezza di polifenoli, che sono antiossidanti naturali. Studi scientifici dimostrano che i nutrienti contenuti nelle olive fanno bene al fegato e all’intestino, oltre ad avere un eccezionale contenuto energetico. Ad oggi si stima che ogni anno siano prodotte 200 tonnellate annue.
Vantano anche la qualifica di prodotto tipico italiano DOP.
Sono infatti parte fondamentale della Dieta Mediterranea, che il biologo Ancel Keys studiò proprio in Cilento.
Cultura greca e latina
Molto probabilmente furono i primi coloni greci a portare la cultura delle olive in Campania. In tutte le poleis greche si utilizzava l’olio come condimento già tremila anni fa e, ancora oggi, è fondamentale nelle ricette tradizionali di tutto il Mediterraneo.
Gli storici del passato citano in alcuni passaggi la presenza di oliveti fra Lazio e Campania. Un esempio è il caso di una battaglia fra Mario e Silla combattuta vicino a un oliveto che oggi si troverebbe nei pressi di Cori, in provincia di Latina.
Anche Virgilio ne parlò nell’Eneide, in un passo in cui Enea e i suoi compagni raccolsero in mare alcune olive galleggianti: le provarono e, grazie al sale marino, il loro gusto amaro si era attenuato.
La prima volta in cui sono ufficialmente menzionate le olive di Gaeta è in un documento del 954, del Duca Docibile II.
Chiamiamole anche “Itrane”
I frutti, in realtà, non sono proprio originari di Gaeta. Sono anche famosi come “olive itrane“, dato che provengono per lo più dalla cittadina di Itri, che è ancora oggi fra le maggiori produttrici.
Sin dai tempi del Ducato di Gaeta, infatti, i carichi partivano dalle campagne verso il porto della cittadina laziale. Poi, da lì, viaggiavano verso i mercati di tutti tutti gli Stati del Mediterraneo. Proprio per questa ragione sono diventate famose come “Olive di Gaeta” soprattutto nel 1400, quando l’abilità dei marinai gaetani portò il prodotto tipico in tutto il Mediterraneo.
Durante i tempi del Regno di Napoli l’oliva compare spesso in documenti ufficiali e in studi scientifici. Ad esempio nel 1796 il botanico napoletano Vincenzo Petagna parlò delle “Olea Cajetane” in un suo trattato sulle proprietà benefiche delle piante.
Pochi anni dopo Gioacchino Murat decise di realizzare un censimento delle eccellenze agricole del Regno e, fra i registri del 1811, furono inserite le “Olea Itrane” fra i prodotti.
La Storia ha risvolti ironici: proprio Fra’ Diavolo, il militare che guidò le rivolte contro i francesi durante il dominio francese a Napoli, era figlio di commercianti di olive di Itri.
Le olive e l’unità d’Italia
Durante l’assedio di Gaeta, che fu il tramonto del Regno delle Due Sicilie, non potevano non comparire le olive nelle cronache.
Proprio qui, infatti, fu combattuta una delle battaglie più feroci fra le truppe borboniche e i garibaldini: il Re Francesco II, su consiglio di Liborio Romano, decise di abbandonare Napoli prima dell’arrivo di Garibaldi, in modo da risparmiare alla capitale del Regno gli orrori della guerra. Si rifugiò quindi a Gaeta assieme alla moglie e all’esercito, resistendo per ben 4 mesi ai bombardamenti ininterrotti comandati dai generali Cialdini e Bixio, che circondarono l’ultima cittadina ancora non occupata dalle truppe garibaldine. Poi, il 17 febbraio 1861, Francesco II dichiarò la resa e si rifugiò a Roma.
L’assedio fu condotto nei mesi invernali, a partire da novembre 1860, e i soldati piemontesi cominciarono a bruciare e tagliare la legna degli uliveti per riuscire a riscaldarsi: ci furono enormi danni per gli agricoltori gaetani anche negli anni dopo l’Unità e molti furono costretti ad emigrare.
La natura, però, riprende sempre i suoi spazi. Dopo le guerre di annessione del Regno delle Due Sicilie, tutta la Terra di Lavoro tornò ad ospitare oliveti. Ancora oggi, possiamo trovare nella pasta, nelle insalate, sulle bruschette e nell’olio un prodotto gustosissimo della nostra terra.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
http://www.tuttogolfo.it/blog/storia__e_storie/le-olive-itrane-dette-di-gaeta-o-le-olive-di-gaeta/
http://agricoltura.regione.campania.it/Tipici/oliva_gaeta.html
http://www.monnaoliva.it/cultivar-itrana.html
http://www.prolocogaeta.it/documenti.aspx?IDDoc=10
http://pinoferrara.blogspot.com/2016/09/le-olive-di-gaeta-e-la-controversia.html
Leave a Reply