Di Arzano nel mondo ne esistono due e sono pure gemellate. L’unico problema è che se della prima, quella francese, c’è una lunga storia documentata (il suo nome deriva da un cavaliere), della seconda invece ci sono tante ipotesi e pochi documenti certi.
Cerchiamo allora di recuperare la storia della provincia di Napoli, fra l’agro napoletano e quello atellano, perché la cultura del territorio è fondamentale per riappropriarsi dei luoghi, imparando ad amarli.
L’origine del nome Arzano
L’origine del nome Arzano è proprio il vero problema della nostra storia. Secondo alcuni come il linguista Egidio Finamore, si tratterebbe di un classico toponimo prediale, ovvero il nome di un luogo preso dalla famiglia dei proprietari. Pensiamo ad esempio a Marano, Giugliano, Gragnano o Grumo Nevano, per fare alcuni esempi. Nel caso specifico potrebbe trattarsi di un tale Artius o di una famiglia con questo cognome che possedeva questi terreni in epoca romana o medievale. Non esistono però prove a sostegno di questa tesi.
Altra teoria la lega a “Aer sanus”, aria sana, ma in realtà non era affatto così: Arzano era una zona paludosa e notoriamente le coltivazioni di canapa erano ritenute, dai medici del passato, come il luogo dove si sviluppava la peste. Si scoprirà in seguito che non era così, ma all’epoca era impossibile saperlo.
Davanti ai buchi documentali sul nome della città (la troviamo menzionata per la prima volta nel 937, quando era un dominio di frontiera fra il Ducato di Napoli e quello di Benevento), c’è chi ritiene che in realtà il nome sia una storpiatura di “arco”, perché qui probabilmente passavano gli archi del lunghissimo acquedotto del Serino di epoca romana (anche se non esiste più nulla) e, come tanti paesi come Pomigliano d’Arco, prendono ha preso il nome dalla presenza del gigantesco acquedotto monumentale.
La coltivazione della Canapa
Quel che è certo è che Arzano, nei tempi antichi, doveva essere una terra paludosa. Era infatti attraversata dal fiume Clanio, che ai tempi del Ducato di Napoli aveva una sua ramificazione che arrivava fino in città, e tutto il territorio era costantemente soggetto ad inondazioni, dato che il fiume era molto impetuoso.
I più anziani, infatti, ricordano che fino agli anni ’50 si portava ancora avanti l’antichissima tradizione di coltivazione della canapa e della lavorazione della stessa, come testimoniano d’altronde tutti i toponimi locali. Poi, una volta cominciata l’urbanizzazione folle degli anni ’60, il fiume sparì e al suo posto cominciarono ad aprire numerosissime aziende di vari campi produttivi, dalla produzione della carta (agevolata dalla presenza del corso d’acqua finito sotto terra) al settore di servizi e tecnologia.
Assieme a Casoria e Afragola, infatti, negli anni del dopoguerra si pensò di avallare un piano industriale molto ardito nella periferia di Napoli: in un silenzio delle amministrazioni, si lasciò convertire gli ex casali agricoli della provincia in aree produttive con quartieri irregolari e densamente abitati.
Una particolarità legata alla nostra Arzano è che nel tempo si è salvato un campanile molto particolare: si tratta infatti di un monumento borbonico che doveva contare il tempo per tutte le campagne vicine, ma fu costruito con un intoppo.
Il tempo ci racconterà poi la scellerata e sregolata distruzione del territorio, che ha portato nel tempo alla perdita di numerosissime coltivazioni locali, ecomostri e inquinamento dei terreni di quegli ultimi fazzoletti con una destinazione agricola di quella che un tempo era il fertilissimo Agro Napoletano.
Proprio Arzano, però, cerca di riscoprire le sue origini grazie alla Pro Loco: c’è infatti a Via Isonzo il Museo della cultura contadina e degli antichi mestieri. Per dimostrare che non tutto è perduto sotto il cemento.
-Chiara Sarracino
Riferimenti:
Egidio Finamore, Origine e storia dei nomi locali campani, Arcolaio, Napoli, 1964
Microsoft Word – arzano.doc (cittametropolitana.na.it)
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