Sant’Anastasia è un grande comune della provincia di Napoli che si estende alle pendici del Monte Somma, ha una popolazione di 28.000 abitanti circa ed è contraddistinto da una importante attività commerciale ma soprattutto artigianale ed agricola (per via dei fertilissimi terreni). Difatti, già nel 1600 i commercianti di frutta a Napoli gridavano: “Ca’ tutto cierto è sapurito e bbuono, masseme ‘sti cerase cuovete mo’ a Somma e a Santo Anastase”. Molto conosciuti ed apprezzati sono anche i capretti di Sant’Anastasia che vengono allevati nelle numerose masserie.

Panorama di Sant’ Anastasia

La storia millenaria di Sant’Anastasia

Le prime documentazioni risalgono al 73 a.C, quando Spartaco con altri 70 uomini in fuga dalla scuola gladiatoria di Capua, si rifugiò sul Vesuvio passando proprio per queste terre, collegate strategicamente. In seguito alla caduta dell’ Impero romano, il borgo Santo Anastiago fu interessato da lotte intestine tra Bizantini e popolazioni barbare, per poi passare sotto l’egida del Ducato di Napoli e poi di Benevento. Da alcune fonti risulta che intorno all’anno Mille il paese non veniva più chiamato “Santo Nastiago”, ma “Sant’Anastasia” quindi il nome non è da ricondursi all’omonima Santa ma ad errori di trascrizioni da parte di notai e giuristi dell’epoca, per cui l’accentazione della pronuncia ricade sulla “i”, diventando “Sant’Anastasìa”.

Quando nel XIII secolo subentrarono a Napoli gli Angioini, fu valorizzata molto l’area vesuviana che conobbe un importante sviluppo economico: vennero così costruite strade e rudimentali infrastrutture che modificarono l’assetto urbanistico della vastissima area, facilitando gli scambi commerciali.

Il 6 aprile del 1450, giorno di Pasquetta, accade un evento straordinario che portò in auge il casale di Sant’Anastasia: il quadro raffigurante una Madonna con in braccio il Bambin Gesù, iniziò a sanguinare dopo che un ragazzino lo ebbe colpito, per sbaglio, con una boccia. Fu un prodigio che non passò di certo inosservato: migliaia di fedeli si recarono lì in pellegrinaggio per ammirare con devozione e chiedere grazie, inaugurando il rito dei “Fujenti” o “Vattienti” che persiste immutato fino ai giorni nostri.

Fu proprio in quell’occasione che venne costruito il Santuario di Madonna dell’Arco, destinato ai padri Domenicani che non accettarono di pagare i tributi al Comune e ciò inasprì non poco i rapporti con l’amministrazione. In quell’occasione avvenne un altro prodigioso evento: un religioso del convento, mentre pregava, vide brillare delle stelle intorno alla guancia martoriata del quadro della Madonna. Accorsero tutti gli altri religiosi e costatarono l’accaduto che venne riconosciuto come un ulteriore miracolo.

Santuario di Madonna dell’Arco

Addirittura nel Museo Nazionale di San Martino (a Napoli) sono conservate due tele di Gaetano Gigante: “Pellegrinaggio a Madonna dell’Arco” e niente poco meno che al Louvre si trova il “Ritorno del pellegrinaggio dalla Madonna dell’Arco” di Louis Leopold Robert.

Nel XIX secolo Sant’ Anastasia per non pagare le tasse allo Stato Italiano si dichiarò autonomamente “Comune chiuso” e ciò provocò non pochi disordini e favorì una deplorevole condizione di abbandono. Seguirono poi vari governi che si trovarono difronte problemi e disguidi vari, legati ad un sempre più pressante sviluppo economico che Sant’Anastasia inseguiva a stento.

L’ 11 aprile 1975 fu un giorno devastante per Sant’Anastasia: una terribile esplosione distrusse la Flobert, una fabbrica che produceva proiettili per armi giocattolo e fuochi d’artificio, in cui persero la vita 12 operai.

Di seguito un bellissimo estratto di una canzone popolare che descrive tutto l’orrore e la brutalità di quell’ accaduto, con la desolante e cruda denuncia dello sfruttamento sul luogo di lavoro.

‘A Flobert o “Sant’Anastasia”

Venerdì undici aprile
a Sant’Anastasia
ad un tratto un rumore
sentii, e che paura
Stavo uscendo a lavorare
nemmeno la forza per camminare
e per la strada chiedo
questa botta che sarà
La Masseria dei romani
una fabbrica è scoppiata
la gente che scappava
ed altra che piangeva
Chi andava e chi tornava
per paura d’altri scoppi
arrivato davanti al cancello
madonna, e che macello!
Volli andare dentro
mi sentii di svenire
a terra c’era una testa
che stava senza corpo…
…Chi va a faticare
pure la morte deve affrontare
moriamo uno ad uno
per colpa di questi padroni…

(‘e Zezi; libera traduzione di Girolamo De Simone)

Una tradizione importante: la sagra del Capretto

Sant’ Anastasia è largamente rinomata per la qualità della carne che vi si produce, ed in particolare del capretto per cui, ogni anno, si celebra il legame con questo prodotto con una sagra in cui non mancano spettacoli, eventi folkloristici e musicali.

Capretto

Sant’ Anastasia: meta di partenza per un bellissimo percorso trekking che conduce al Monte Somma

L’itinerario inizia dallo stradello dell’Olivella che conduce alle omonime sorgenti. La presenza di acque sorgive è un evento particolarmente raro nel territorio del Parco; a causa della natura permeabile delle rocce vulcaniche, infatti, le precipitazioni raggiungono direttamente le falde, senza originare fonti.

Albicocche vesuviane

Il percorso consigliato parte dal centro di Sant’Anastasia e prosegue in salita attraverso la vegetazione più incontaminata, ricca di frutteti e vigneti, in cui si producono le albicocche e i grappoli d’uva più succulenti. La fatica del viaggio che si inerpica per strade sterrate, è largamente compensata dall’esclusiva veduta!

Per approfondimenti:

https://www.parconazionaledelvesuvio.it/visita-il-parco/i-sentieri-del-vesuvio/l-olivella/https://www.comune.santanastasia.na.it/

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