Don Alfonso de’ Liguori Nasce a Napoli, nella sua Marianella, nella casa di vacanza dei de Liguori a “Cupa Marfella” la mattina del 27 settembre 1696.
Da famiglia ricca, ricchissima, i “de Liguori”, un bambino prodigio. Educato in casa dai migliori precettori che si potesse desiderare, acquisisce una cultura classica senza eguali, conosce il latino, il greco, il toscano, il francese e lo spagnolo. Fa equitazione e scherma. É preparato sotto tutti gli aspetti.
A dodici anni finisce gli studi secondari, nel settembre 1708 infatti sostiene un esame davanti a Giambattista Vico.
Una vita da architetto
Francesco Solimena, maestro del barocco napoletano, lo educa nel disegno, nella pittura e nell’architettura.
“Per ogni problema, anche minimo, che si avrà riguardo questa fabbrica, vi dico quel che sempre vi ho detto: attenetevi al parere dell’architetto, non a quello che dicono i Padri, che non capiscono niente in materia” scrive in una lettera ad un suo superiore, impegnato in una costruzione.
Si occuperà di vari progetti, tra i più importanti quello della basilica di Pagani (Salerno), iniziata nel 1756 su suo disegno e sotto la direzione dell’architetto regio Pietro Cimafronte di Napoli. La chiesa verrà terminata e consacrata nel 1803. Nella cappella a lui dedicata sono deposte le reliquie dell’intero corpo di Sant’Alfonso.
Una carriera militare mancata
Don Giuseppe, il padre, sprona in ogni modo Alfonso ad intraprendere la carriera militare.
Lo fa dormire una notte a settimana sul pavimento, per abituarlo ai duri ritmi che lo avrebbero aspettato.
La famiglia della madre, Donna Anna Cavalieri, è invece composta perlopiù da giuristi e alti magistrati.
Lì Alfonso troverà la sua strada. Studia con passione i libri di legge, sino a divenire dottore in diritto civile ed ecclesiastico in soli tre anni, otto mesi e ventun giorni.
A sedici anni e quattro mesi è già laureato all’Università di Napoli, e nella sua casa natia è possibile tuttora vedere il suo diploma.
Dopo un biennio di tirocinio eccolo, il più giovane avvocato del foro di Napoli, a soli diciotto anni.
Di lui si dicono tante e belle cose nei palazzi e nei salotti: “E’ competente questo avvocato diciannovenne, è maturo e – ciò che più conta – instancabilmente onesto, in un lavoro che invece offre tante possibilità per rubare”.
In più,la fama familiare gli consente da subito l’affidamento di tutte le più alte e importanti cause dell’epoca. Tutti vogliono la difesa di Don Alfonso de’ Liguori.
Don Alfonso de’ Liguori e la conversione
Eppure proprio questa vita, di ammirazioni, amicizie importanti, denaro lo porterà a prendere quella che sarà la decisione fondamentale della sua vita: lasciare tutto per Cristo.
Una causa, l’ultima, persa per una distrazione, è il colpo di grazia che chiude la sua carriera di avvocato.
Il padre tenta, in ogni modo, di condurlo verso una vita mondana, innumerevoli le proposte di matrimonio da parte di donne ricche, belle e nobili. Eppure Alfonso trova sempre una scappatoia. Conoscere il mondo, questo mondo che sembra bellissimo, ma che a lui è tanto sgradito, è la sua forza, quella che lo condurrà su tutt’altra strada.
“Capo tuosto” soprannominato, perché nel momento in cui prende una decisione, non c’è via di scampo, non ci sono alternative: deve seguirla.
Anche musicista
Si dedica quindi al sacerdozio: ordinato il 21 dicembre 1726, offre il suo ministero agli operai e alla gente più abbandonata. Tutta la sua vita sarà destinata ai “popolani”, “ai senza speranza”. Raggiunge i posti più sperduti e luoghi lontani di montagna.
Fonda l’Istituto Missionario dei Padri Redentoristi a Scala (sulla costiera amalfitana) e l’ordine di clausura delle Suore Redontoristine.
Costruisce case per i missionari, scrive libri di teologia, lettere, saggi e musiche .
É autore di uno dei più celebri canti natalizi “Quanno nascette ninno a Bettalemme”, italianizzato poi in “Tu scendi dalle stelle”.
Dal 1762 al 1775 è Vescovo di S. Agata dei Goti, poi rinuncia al vescovado e torna a Pagani, dove, dopo molte e lunghe sofferenze, muore il 1° agosto 1787, a novantun anni.
Lidia Vitale
Fotografia di Giada Tanzillo
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