Se Piazza Dante si chiamasse “Piazza Vanvitelli” non sarebbe affatto uno scandalo: d’altronde, l’intera piazza porta la firma dello straordinario architetto napoletano\olandese.
Ci troviamo infatti di fronte a quello che un tempo era chiamato “Largo Mercatello“, poi diventato “Foro Carolino“.
La sua storia ha radici nel XVI secolo: a causa dell’espansione incontrollata dei rioni dell’Avvocata grazie alla nascita di Via Toledo, si organizzò un secondo mercato cittadino nello spazio più largo disponibile, al di fuori delle antiche mura della città. Anche Port’Alba, nata tempo dopo, dimostra l’espansione dei traffici in città.
Fu proprio così che nacque Largo Mercatello, per differenziarla da Piazza del Mercato, il “centro commerciale” della città sin dal 1270, che aveva sostituito a sua volta il mercato di Piazza San Gaetano, presente sin dai tempi dei primi coloni greci.
Largo Mercatello, l’antica identità di Piazza Dante
Largo Mercatello, infatti, era uno spiazzo irregolare, circondato da ruderi e vecchie case cadenti. In alto, poi, c’era l’ingresso principale del monastero di San Sebastiano, addirittura istituito dall‘Imperatore Costantino nel IV Secolo! Lo conosciamo per il famosissimo quadro di Micco Spadaro, che racconta la peste del 1656.
Conclusosi il Vicereame spagnolo e con l’arrivo di Carlo di Borbone a Napoli, invece, cominciò un processo di rivalutazione di un tessuto urbano sviluppatosi prima in modo sregolato e confuso, dovuto anche a leggi che impedivano le costruzioni di abitazioni al di fuori delle mura cittadine.
Re Carlo, affiancato dall’esperta mano di Bernardo Tanucci, cominciò un processo di rivoluzione culturale in cui furono ingaggiati gli artisti più bravi dell’epoca per rimodernare la città, fra cui spiccava un olandese-napoletano di nome Lodewijk Van Wittel, italianizzato in Luigi Vanvitelli, il figlio del famosissimo pittore Gaspar Van Wittel.
L’idea di Vanvitelli fu semplice: radere al suolo l’intero isolato, in modo da creare una piazza perfetta, simmetrica, con al centro un monumento che creasse un nuovo centro culturale cittadino. Fu poi anche revisionata la facciata di Port’Alba, famosa per essere un antico ingresso abusivo in città.
Il monastero di San Sebastiano, poi, fu convertito in un convitto dei Gesuiti (quello che i Savoia poi chiameranno “Convitto Vittorio Emanuele“).
Da allora e per i seguenti 100 anni, la piazza verrà chiamata “Foro Carolino“, in onore di Carlo di Borbone.
“Già largo dello Spirito Santo”, ma non è vero!
Quando arrivò l’Unità d’Italia, ci fu un grande fervore politico degli amministratori napoletani che portò alla riscrittura di tantissimi nomi delle strade antiche, con l’intenzione di eliminare ogni traccia della precedente monarchia e celebrare i trionfi politici contemporanei: la cancellazione di Via Toledo, rinominata per 100 anni in Via Roma, ne è l’esempio massimo.
La cancellazione dei toponimi storici fu un’opera molto confusionaria che fece insorgere molti intellettuali creando anche grossi errori: quando nel 1871 Piazza Dante prese il suo attuale nome, fu scritto sulla targa “Piazza Dante – Già largo dello Spirito Santo“, anche se proprio questo luogo mai ha avuto tale nome nella sua storia.
L’equivoco è sollevato dal marchese Francesco Costa in un piccolo libretto del 1889, “Napoli Ribattezzata“, in cui spiega scandalizzato come l’euforia politica abbia portato a scelte e innovazioni nella toponomastica assolutamente prive di senso logico, spesso commettendo errori grossolani anche per chi non conosceva a fondo la storia di Napoli.
Fu solo vent’anni dopo, nel clima del Risanamento, che si decise di realizzare una commissione per la toponomastica napoletana, presieduta da Bartolommeo Capasso, per decidere i nomi delle strade in modo rispettoso per la Storia.
Ironico e complesso il destino: probabilmente proprio Largo Mercatello avrebbe meritato di essere intitolato a Vanvitelli, mentre la piazza principale del Nuovo Rione Vomero, probabilmente, sarebbe stata il luogo ideale per celebrare il Sommo Poeta.
-Federico Quagliuolo
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