Il Borgo Santa Lucia è rimasto per secoli un monumento ai Borbone, come se un quartiere intero fosse rimasto fermo al 1850 anche dopo l’Unità.
Lo testimonia ad esempio la festa della ‘nzegna, fatta fino al 1953, in cui tutti i residenti del quartiere si travestivano da Ferdinando e Carolina, un po’ nostalgicamente e un po’ per scherzo.
Vista con gli occhi moderni questa cosa non si spiega: come mai un singolo quartiere di Napoli fu così affezionato agli antichi sovrani?
La ragione va scoperta scavando nei cassettoni della Storia e guardando addirittura in tempi antichissimi: Santa Lucia fu sempre il quartiere di Napoli più fedele alla monarchia sin dai tempi dei viceré spagnoli.
L’idillio nacque infatti con il viceré Enrique de Guzmán, conte di Olivares, che risistemò completamente l’antico borgo di pescatori, conosciuto prima per essere un luogo fatiscente e pericoloso, ordinando la costruzione della fontana della Sermoneta che oggi si trova ancora sul lungomare. Dopo gli interventi urbanistici la zona diventò presto molto ricca e, di lì, i luciani diventarono fedelissimi difensori della monarchia.
I cittadini di Santa Lucia: lealisti dei Borbone fino alle estreme conseguenze
Si raccontano diverse storie sul legame fra i Borbone e Santa Lucia: Ferdinando II, ad esempio, girava sempre senza scorta dalle parti del lungomare, che oggi è coperto dal nuovo “Rione della Bellezza” costruito durante il Risanamento.
Qui si vendevano i migliori frutti di mare di Napoli ed il Re ne andava pazzo, tanto da inventare una “laurea” per i pescatori, gli “Ostricari fisici”.
Oppure, quando fu esiliato Francesco II, Vincenzo Gemito gli regalò una piccola scultura che ritraeva un luciano con un’anfora d’acqua, proprio per ricordargli i luoghi della Napoli che più amava.
Quando infine Liborio Romano prese accordi con Tore ‘e Criscienzo per tenere a bada eventuali insurrezioni armate a Napoli, i residenti di Santa Lucia insorsero violentemente contro gli scagnozzi gestiti dal camorrista. Fu assai difficile rimetterli al loro posto.
Lo stesso Romano, poi, disse espressamente che “i Luciani non potranno mai essere nominati guardie cittadine“. L’ordine delle Guardie Cittadine era molto particolare: dichiaravano di ispirarsi al “modello francese”, in cui le guardie nazionali erano delle milizie composte da cittadini che si armavano per difendere l’unità nazionale. Nel caso napoletano si trattava per lo più di affiliati alla Bella Società o, più in generale, di avanzi di galera che approfittarono dell’ammuina creata dal cambiamento delle istituzioni per commettere ogni illegalità.
Una punizione severissima per i luciani
Il lealismo esasperato dei luciani diede parecchi grattacapi alle nuove amministrazioni. E fu punito severamente. Durante il Risanamento fu costruito un intero rione davanti all’antica Santa Lucia. I pescatori furono prima in massa espropriati per costruire i nuovi edifici, poi ridotti in miseria per l’impossibilità di lavorare e, come se non bastasse, infine furono ammassati nel minuscolo “Villaggio dei Pescatori” costruito ad hoc sotto il Castel dell’Ovo. Era però una minuscola struttura incapace di ospitare il numero enorme di luciani.
Ridotti in miseria e smantellata l’antica economia del Rione Santa Lucia, incompatibile con il nuovo assetto urbano che vedeva Chiaia come un quartiere elegante e borghese, molti luciani si diedero al crimine, altri emigrarono nelle americhe, altri ancora cercarono lavori di fortuna e si trasferirono in provincia. L’unico modo per eliminare il lealismo del quartiere fu fisicamente quello di distruggere il quartiere stesso.
Poveri, disperati e senza più una casa, gli abitanti di Santa Lucia decisero di abbandonare la loro terra, diventando di fatto i primi emigranti napoletani verso le Americhe, una storia drammatica alla quale Ferdinando Russo dedicò un componimento chiamato, appunto, “Santa Lucia”.
E così il mare, l’unico amico che non ha mai tradito Santa Lucia, diventò l’ultima speranza di un popolo che fu costretto ad emigrare per non tradire l’antica monarchia.
-Federico Quagliuolo
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