Ci sono delle rovine romane Via Conte della Cerra, più precisamente dove si trova la parte più alta della stazione della metropolitana di Salvator Rosa.

Incastonata tra i palazzi del boom edilizio degli anni Sessanta, vi siano resti di un’antica strada romana. Questa era la via, denominata Antiniana, che da Napoli (precisamente da piazza San Domenico Maggiore) conduceva a Pozzuoli passando per la collina del Vomero.

Si sa che questo tracciato viario subì dei rifacimenti tra il I e II secolo d.C., iniziati dall’imperatore Nerva e portati a termine da Traiano, come attestato da alcune pietre miliari ritrovate lungo il percorso.

Rovine Salvator Rosa
Le rovine dietro la metropolitana di Salvator Rosa

La via Antiniana dietro la fermata di Salvator Rosa

Resti dell’antico tracciato sono stati trovati al Vomero, presso piazza degli Artisti e via Scarlatti ed altri tra via Belvedere e Corso Europa.

Inoltre si sono conservati dei resti di complessi termali costruiti nelle adiacenze della strada presso via Terracina e nella Mostra D’Oltremare.

Lungo il tratto vi erano numerosi insediamenti, soprattutto ville di campagna; è probabile che il tratto di viadotto che si può ammirare alle spalle della stazione della metropolitana fosse una via di accesso proprio ad una di queste ville, poiché inoltre permetteva di superare il cospicuo dislivello del terreno.

Lapide San Gennaro Vomero

Il primo miracolo di San Gennaro

La via Antiniana inoltre è anche legata all’icona più importante della napoletanità, San Gennaro. Tra il 413 e il 431 d.C. il vescovo di Napoli Giovanni I dispose la traslazione delle reliquie del santo dal luogo dove era stato sepolto, vicino alla Solfatara, alle catacombe di Capodimonte. Si dice che durante il tragitto, nel luogo dove oggi sorge la basilica di S. Gennaro ad Antignano (costruita in stile paleocristiano nella prima metà del Novecento, da non confondere con San Gennaro al Vomero), avvenne per la prima volta il miracolo della liquefazione del sangue. Al termine di via Conte della Cerra ,vicino alla chiesa suddetta, è posta un’effige a ricordo del miracoloso evento.

È anche per questo che amo Napoli, perché mentre ti stai recando all’università o a scuola o al lavoro puoi imbatterti in un pezzo di storia che non ti saresti mai aspettato, che perdura nei secoli, anzi nei millenni, anche se il cemento ha tentato di soffocarlo.

-Gaia Borrelli

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