Può un uomo avere più vite? Guglielmo Melisurgo dirà sicuramente di si.
Fu infatti un ingegnere meccanico, elettrico, edile, idraulico, ferroviario; fu anche un architetto dallo spirito creativo e addirittura si inoltrò anche nelle professioni legali.
Ed era straordinario in tutte le professioni che svolgeva, tant’è vero che attirò su di sé invidie e sabotatori che gli rovinarono il progetto dell’edificio dell’Università e gli distrussero le ricerche.
Non solo: a lui dobbiamo l’ammodernamento dell’impianto elettrico della città di Napoli e fu nel team che realizzò il nuovo acquedotto del Serino.
Quando non viveva fra uffici e progetti straordinari, scendeva “giù Napoli” nel senso letterale del termine: fu infatti lui il primo ingegnere nella Storia ad esplorare e mappare il sottosuolo napoletano. Un lavoro che continuerà Clemente Esposito quasi un secolo dopo.
Guglielmo Melisurgo, un uomo geniale
Spesso ammiriamo le storie di uomini geniali vissuti chissà dove, dimenticando che, proprio sotto casa, le strade delle nostre città raccontano vite meravigliose. Guglielmo Melisurgo sicuramente ha meritato a pieno titolo il proprio nome sulla targa di una strada che collega Via Marina a Via Depretis, nel quartiere porto.
Era di sangue blu: discendeva addirittura dalla dinastia dei Comneni-Paleologhi, i signori di Bisanzio, ma la sua vita fu tutt’altro che aristocratica: era un uomo dal carattere modesto, cortese e timido, con un portamento molto elegante. Sfoggiava sempre una lunghissima e larghissima cravatta nera ed era molto stimato da tutti quelli che ebbero il privilegio di conoscerlo.
Sin da bambino aveva il guizzo creativo del genio: a soli 16 anni vinse una medaglia d’argento per aver inventato il “nuovo termometro ad aria”, che fu realizzato a spese dell’Istituto di Incoraggiamento di Napoli. Dopo l’università, nell’antica facoltà di ingegneria-architettura, già a 21 anni progettò da solo un ponte ferroviario in Basilicata, sul fiume Sinni, che ancora oggi è in uso. Il ragazzo aveva un talento fuori dal comune.
Era una vera e propria stella dell’ingegneria, che annientava quel luogo comune che fa immaginare le eccellenze napoletane legate solo alle arti classiche.
Ritroviamo infatti di nuovo la firma di Guglielmo Melisurgo in un altro progetto che all’epoca sbalordì anche i suoi colleghi più adulti: disegnò e fece costruire il primo elettrodotto per illuminare la neonata Galleria Umberto grazie all’energia elettrica prodotta da un generatore a Salita Pontecorvo, nel luogo in cui oggi c’è il Museo Nitsch. Questa storia gli valse grande credito, tanto da essere assunto al Comune di Napoli come ingegnere dell’ufficio tecnico e subito dopo come capo ispettore per le opere del Risanamento.
Occupò questo ruolo per ben 17 anni, in un momento fondamentale per la Storia di Napoli: si stava organizzando il Risanamento della città, con lo sventramento di tutto il centro storico.
Si licenziò nel 1900 disgustato per le ruberie e per le invidie fra le stanze di Palazzo San Giacomo. Non a caso, proprio pochi mesi dopo comincerà l’Inchiesta Saredo sulla Camorra Amministrativa.
La mappatura di Napoli Sotterranea
L’ingegnere Melisurgo, durante il suo periodo di lavori nell’ufficio tecnico, si disse “sconvolto” perché nessuno conosceva il sottosuolo di Napoli. Non c’erano mappe, piante o indicazioni, se non qualche testo antico. E ci si apprestava a distruggere l’intero quartiere medievale della città senza la minima percezione di ciò che c’era sotto il Colle Monterone e i suoi dintorni.
Fece allora quello che un vero amante della sua professione dovrebbe fare: prese “un bel maglione di lana, una mutanda a calzoncino, una candela e un bastone“. E bussava ad ogni porta dei bassi Napoli, accompagnato dal pozzaro Nunzio Esposito, per esplorare gli accessi al sottosuolo che spesso si nascondevano dietro innocenti porte, scantinati o altri luoghi insospettabili.
Gli unici conoscitori del mondo sotterraneo di Napoli, infatti, erano solamente gli ultimi discendenti dei pozzari, che ormai stavano sparendo in favore delle più moderne fognature e dell’acqua corrente nelle case. Questi uomini, spesso amici dei ladri d’appartamento, svolgevano un lavoro ad altissimo tasso di mortalità che ancora oggi troviamo in alcuni paesi dell’India: si calavano nei pozzi dei palazzi per effettuare la manutenzione dei condotti, percorrendo pericolosissime scalinate scavate nella roccia, dalle quali potevano cadere e finire i propri giorni con gli arti fratturati, sul fondo buio e sordo di catacombe antiche. Altre volte morivano annegati. Insomma, non era per nulla un lavoro semplice, ma garantiva un privilegio: i pozzari erano gli unici che potevano muoversi con agilità in una mappa cittadina sotterranea conosciuta solo per tradizione e non per cultura.
L’amicizia con il signor Nunzio fu oro per Guglielmo Melisurgo: finalmente un occhio tecnico e sensibile scendeva in quel sottosuolo freddo, angusto e pericoloso che fu amico degli antichi Greci e continuava ad esistere al di sotto della città: chissà che emozione fu la scoperta!
L’idea iniziale dell’ingegnere era quella di riscoprire l’intero tracciato dell’Acquedotto romano del Serino. Poi, quando cominciò a scoprire il numero colossale di cavità sotto i palazzi napoletani, il suo progetto fu quello di cominciare a mapparle tutte.
Purtroppo fu costretto presto a procedere da solo perché il buon Nunzio, con un destino crudele e quasi prevedibile, morì sotto terra a causa di una frana.
Nemici, nemici, sempre nemici
Non c’è nulla a fare: come insegnano le storie del povero Giuseppe de Lieto e di tantissimi altri uomini straordinari, l’invidia e il talento cristallino sono sempre due facce della stessa medaglia. E questa terra, purtroppo, ha spesso provato a soffocare i suoi stessi talenti.
La strada di Guglielmo Melisurgo fu lastricata di invidie e sabotaggi e lui stesso li racconta nel libro “Napoli Sotterranea”, che è la pietra miliare nella Storia del sottosuolo.
E qui l’ingenuità: il materiale di una vita, raccolto in centinaia di carte che descrivevano perfettamente i cunicoli percorsi, le vasche, le iscrizioni, i numeri e le caratteristiche di parte del sottosuolo napoletano fu tutto affidato all’ingegner Fergola, un collega del Comune di Napoli.
L’amico con cui aveva un rapporto di fiducia, infatti, gli chiese di poter visionare i documenti per aiutarlo a tracciare la planimetria dei canali.
Sparì tutto.
Melisurgo stesso scrive che, a suo avviso, i suoi lavori furono rubati per invidia: sarebbe infatti stato ricordato come l’unico ad aver conosciuto la Napoli sotterranea e la sua fama avrebbe oscurato quella degli altri ingegneri napoletani, alcuni ben più famosi di lui in quei tempi di fine ‘800. Proprio per questa ragione nel 1889 decise di pubblicare un libro con tutte le sue memorie e i suoi studi, ma il danno era ormai stato fatto e, come sempre, il danno fu della collettività, oltre che personale. Fu costretto a rifare tutto da capo.
Dopo aver lasciato il Comune, però, Melisurgo non si scoraggiò e ricominciò da zero. Aveva quasi 50 anni e si reinventò ingegnere elettrico per la SME, la Società Meridionale Elettrica. Nel frattempo scriveva, scriveva, scriveva e studiava senza sosta: non si contano i suoi contributi per riviste scientifiche, seminari gratuiti per giovani ingegneri e consulenze tecniche per enti e privati E poi si diede anche alla consulenza legale nell’ambito dell’architettura e dell’ingegneria, ricoprendo incarichi presso le corti di appello di Napoli e di Roma.
L’Università di Napoli
La via del successo è una strada lastricata di infamità. E il buon Guglielmo ne visse di tutti i colori anche in occasione della costruzione del Palazzo dell’Università, che ancora oggi è la casa di tutti gli studenti della Federico II. La commissione artistica della Società per il Risanamento valutò il suo progetto come il migliore, ma questo premio inaspettato suscitò le ire di mezzo mondo accademico, dato che tutti volevano mettere la propria firma sul progetto dell’Università.
La vicenda delle modifiche al progetto di Guglielmo Melisurgo giunsero addirittura in tribunale, con la voce del ministro dei Lavori Pubblici Emanuele Gianturco. Proprio il ministro denunciò le gravissime ingerenze di diversi docenti universitari e altre personalità nel mondo dell’architettura che, illecitamente, fecero alterare in segreto il progetto di Melisurgo con storpiature o fecero aggiungere dettagli che inizialmente nemmeno dovevano esistere, come il frontone triangolare sulla facciata anteriore.
Come sempre, però, ci furono tante accuse e nessuna punizione.
La sensibilità di Melisurgo la ritroviamo anche in un dettaglio: il portone dell’Università mostra i simboli di tutte le regioni del Sud Italia, proprio per indicare il senso di “casa del Sud” di Napoli. Ne abbiamo parlato qui.
Il tempo, a volte, è un galantuomo
Arrivò la Seconda Guerra Mondiale, ma il buon Guglielmo, ormai quasi novantenne, lasciò questo mondo nell’estate del 1943, risparmiandosi gli orrori dell’anno seguente.
Il suo studio sul sottosuolo fu fondamentale per organizzare i piani di evacuazione degli edifici durante i bombardamenti. Probabilmente l’esistenza stessa di molte persone che leggeranno questa storia è stata resa possibile proprio grazie alle vite salvate nelle cavità esplorate e rese note da Guglielmo Melisurgo.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Guglielmo Melisurgo, Napoli Sotterranea: topografia della rete di canali d’acqua profonda, Giannini e Figli, Napoli, 1889
Romualdo Marrone, Le strade di Napoli, Newton e Compton, Roma, 1994
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