«Mi domando […] se le stelle brillano perché un giorno ciascuno possa ritrovare la propria.»
Antoine de Saint-Exupéry
L’Osservatorio di Capodimonte ha attorno a sé un alone di mistero che calza a pennello con il ruolo della struttura: lo studio dei corpi celesti, che fin da tempi remoti affascina sia i più eruditi che i profani.
Infatti, la struttura si trova completamente riparata dalle vicine e trafficate strade, così come dagli sguardi dei passanti, dato che si trova in una stretta e ripida via a ridosso della porzione della collina di Capodimonte rivolta verso la Sanità, che è ai suoi piedi e, oltretutto, è recintata da un alto muro perimetrale in tufo, chiuso da un grande cancello di metallo. Tutte caratteristiche che conferiscono all’Osservatorio di Capodimonte un’aria di esclusività e riservatezza.
Le origini dell’Osservatorio di Capodimonte
Era il 1735, quando il sovrano da poco insediatosi sul Trono di Napoli, Carlo III di Borbone, volle inaugurare presso l’Università di Napoli la prima cattedra di astronomia e navigazione, dando inizio così a uno dei momenti più fecondi, per quanto riguarda il progresso delle scienze nel Sud Italia. L’astronomia riusciva ad aprirsi varchi sempre maggiori fra le altre discipline.
Quando la Corona passò a Ferdinando IV di Borbone, quest’ultimo, seguendo le orme di suo padre, inaugurò il primo osservatorio astronomico d’Italia a Palermo e, non molti anni dopo, volle che si iniziassero i lavori per una struttura non meno all’avanguardia anche a Napoli.
Nel 1791, solo un anno dopo la conclusione dei lavori dell’osservatorio di Palermo, si compì l’atteso passo verso il progresso: re Ferdinando IV, infatti, diede il via ai lavori della Specola (termine utilizzato per indicare gli antichi osservatori). L’area che avrebbe ospitato l’Osservatorio fu la collina di Miradois, in particolare una strada proprio nelle adiacenze della Reggia, fortemente voluta da Carlo III anni prima, in una posizione riparata dal caos di una Napoli in forte espansione, a circa 150 metri sul livello del mare e in una posizione privilegiata per l’osservazione del cielo.
Nulla fu lasciato al caso, neanche il nome della collina su cui avrebbe campeggiato l’Osservatorio: Miradois, forse una storpiatura della frase in spagnolo “mira a todos”, guarda tutto.
Nonostante via Capodimonte ed i suoi dintorni stessero subendo importanti modifiche in quegli anni, con l’allargamento della superficie della strada, la costruzione di nuove residenze private di ricchi e nobili napoletani che desideravano vivere vicini al sovrano e godere del bel panorama e della salubrità dell’aria della zona, proprio la strada che consente tutt’oggi di raggiungere l’Osservatorio di Capodimonte è piuttosto stretta, probabilmente immutata nel tempo da stradina di campagna quale era, eccezion fatta per l’odierna copertura d’asfalto di cui dispone. Il suo nome è ”via del Moiariello”, dall’etimologia incerta.
Anni dopo, sulla stessa strada, poco più avanti, sarebbe sorta la residenza del noto medico napoletano Ferdinando Palasciano.
Le complicazioni
Tuttavia, la costruzione dell’Osservatorio di Capodimonte non proseguì in modo del tutto lineare: le rivolte che si susseguirono nel corso del regno di Ferdinando IV furono motivo di interruzione dei lavori.
L’autore di un’importante svolta nella progressione dei lavori fu Gioacchino Murat: nel 1812, grazie ad un suo decreto e al progetto coordinato da Zuccari e l’architetto Gesse. Eppure, questi subirono una nuova interruzione, l’ultima, con la caduta dell’Impero napoleonico.
Il Congresso di Vienna, del 1815, riportò Ferdinando IV sul trono, al pari degli altri sovrani europei spodestati da Napoleone. Questa fu l’occasione giusta per il monarca: poteva finalmente concludere i lavori dell’opera che aveva visto iniziare oltre venti anni prima, una grande occasione per dare lustro al proprio periodo di reggenza.
L’inaugurazione definitiva avvenne nel 1819, alla presenza del re, il cui nome è anche riportato sulla scritta scolpita nel timpano del corpo principale dell’Osservatorio, in pieno stile neoclassico. Questa recita così:
“FERDINANDUS I / ASTRONOMIAE INCREMENTO / MDCCCXIX”
Dall’inaugurazione ai giorni nostri
Sin dal 1820 si ebbero le prime osservazioni e, addirittura, le prime misurazioni delle distanze meridiane del Sole e di svariate stelle. Gli astronomi di Capodimonte, infatti, si muovevano sul filone classico di quello che era l’astronomia di posizione, non fu mai favorita l’apertura verso le altre scienze.
Fu solo dal 1912 che, grazie alla direzione di Azeglio Bemporad, ci si in incominciò ad interessare anche di astrofisica.
Oggi, l’Osservatorio si può annoverare tra gli istituti internazionali più attivi e prestigiosi d’Europa e, fin dalla sua inaugurazione, si sono susseguiti alla sua guida una lunga serie di celebri studiosi, che hanno dato lustro dal XIX secolo ad oggi a questa eccellenza napoletana.
Tra questi, spiccano: Giuseppe Cassella, primo direttore nonchè uno dei fautori della costruzione dell’Osservatorio; Ernesto Capocci, scienziato e letterato di grande fama, autore di “Relazione del primo viaggio alla luna fatto da una donna l’anno di grazia 2057”, che ha anticipato di diversi anni le più note opere di Verne, nonchè di diverse altre pubblicazioni in ambito astronomico, storico e letterario; Luigi Carnera, scopritore di diversi asteroidi e astronomo di fama internazionale. E, a partire dal 2018, dirige l’Osservatorio di Capodimonte Marcella Marconi, la prima donna a ricoprire questo prestigioso ruolo.
-Leonardo Quagliuolo
Per approfondire:
Osservatorio Astronomico di Capodimonte
“Le strade di Napoli” di Gino Doria
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