La città è un organismo vivente che cambia forma e si sottrae alle logiche che vorrebbero la sua immagine immutata nel tempo. Il suo volto registra le evoluzioni nei modi di concepirla e di interpretarla, riflettendo irrimediabilmente le esigenze di chi la abita. Un esempio? Pensiamo a Port’Alba, Porta Nolana, Porta San Gennaro, Porta Capuana e a tutte le altre scomparse o ampiamente rimaneggiate, che testimoniano quel passato lontano in cui Napoli appariva cinta nella morsa delle sue mura.
La loro trasformazione, permanenza o, nei casi più tristi, scomparsa ci spinge a riflettere sul significato di “accesso alla città” ed appare subito chiaro quanto il suo ruolo sia mutato con il tempo. Non basta più un varco o una breccia nel perimetro a garantire l’ingresso nello spazio urbano; l’aeroporto, la stazione ferroviaria o quella marittima ci immettono, giusto per citare alcuni casi, direttamente nel cuore delle città contemporanee, e Napoli non è da meno!
La Stazione Marittima
Ripercorriamo tra tutte la storia della Stazione Marittima di Napoli, classificata spesso dalla critica come uno dei segni più evidenti che il Ventennio ha impresso sul volto della città, ma che esprime valori formali, compositivi ed ambientali capaci di prescindere dal contesto storico in cui fu concepita. La Stazione Marittima si inserisce in realtà nel quadro più ampio dei lavori riguardanti la sistemazione dell’intera area portuale, iniziati dopo la fine della Prima guerra mondiale dall’Ente Autonomo Porto sulle linee guida individuate da un piano approvato nel 1909. La trasformazione sarà poi portata a compimento sotto la guida dell’Alto Commissariato della Città e Provincia di Napoli, che fornirà nuove indicazioni in linea con il rinnovato clima politico.
Le ambizioni
Il progetto di un nuovo porto con annessi tutti i servizi pertinenziali divenne infatti prioritario in vista delle campagne belliche legate alla conquista delle terre d’Africa e la consequenziale istituzione di nuove rotte marittime per gli scambi commerciali che da quella politica colonialista sarebbero seguite. L’idea di impiantare a Napoli il più grande porto del Mediterraneo rispondeva pienamente, inoltre, alle velleità imperialiste delle ambizioni littorie e soddisfaceva le esigenze dettate dal crescente flusso di passeggeri da e verso la città partenopea.
Il concorso
Fulcro dell’operazione fu la progettazione di un nuovo edificio da adibire a stazione marittima, concentrata in quell’area interessata dai lavori sin dal 1928, interventi che avevano prodotto un molo avente l’asse longitudinale parallelo a quello di San Vincenzo e perfettamente allineato con l’antistante Piazza Municipio, all’epoca ancora nel suo impianto ottocentesco. Questa sistemazione aveva consentito di ricavare lo spazio necessario non solo alla costruzione del nuovo edificio, ma anche di due punti di attracco per i grandi transatlantici dell’epoca.
L’edificio, così come lo osserviamo nelle forme attuali, risponde al progetto dell’architetto Cesare Bazzani, vincitore di un concorso indetto nel 1933 dal Ministero dei Lavori Pubblici e redatto su uno studio preventivo del Genio Civile che forniva vincoli tipologici e planimetrici stringenti per garantire piena funzionalità al nuovo edificio.
Nel bando del concorso, infatti, non solo si leggeva che la stazione marittima sarebbe sorta “nel cuore stesso della città, in un quadro di stupenda bellezza panoramica e di suggestione storica all’ombra del Castel Nuovo”, ma si imponeva che essa dovesse essere composta da “due corpi di fabbrica, ciascuno lungo 181,50 metri e largo 27,50″, collegati fra loro all’altezza del primo piano, mentre quello terreno doveva essere lasciato libero per consentire l’attraversamento dei binari ferroviari destinati ai vagoni per passeggeri e merci“.
Rispose al bando un folto gruppo di architetti, alcuni dei quali anche particolarmente in vista, ma tra tutti ne furono selezionati soltanto dieci, tra cui Marcello Canino e Luigi Piccinato, autori di altre architetture di pregio coeve a questa o postume. Mentre la commissione si avviava verso l’adozione di criteri con cui redigere una graduatoria di merito, tuttavia, fu comunicato che nessuna delle proposte selezionate risultava in realtà sufficientemente idonea per aggiudicarsi l’impresa. Altrettanto notevole fu lo sgomento quando dopo poco tempo sopraggiunse una rettifica del Ministero che decretava vincitrice l’impresa Ferrobeton con un progetto recante la firma di Cesare Bazzani.
Il progetto
Il progetto per la nuova stazione marittima rispondeva pienamente alle restrizioni prescritte dal bando. Nello specifico l’edificio risultava composto da due volumi parallelepipedi, piani in corrispondenza delle facce rivolte verso Piazza Municipio e terminanti, invece, con due absidi semicircolari in quelle che guardano verso il mare, legati da un corpo trasversale innestato sulle due ali alterali in corrispondenza del primo piano. Formato da un’unica arcata, questo consentiva il transito della linea ferroviaria, in modo da rendere possibili i collegamenti direttamente con il centro città. Dai lati dei due blocchi si dispiegavano, infine, due pensiline, che offrivano riparo alle banchine laterali di stazionamento per i passeggeri in arrivo e in partenza come prescritto dal bando del concorso.
La razionalizzazione dei percorsi, tuttavia, non è prerogativa esclusiva della conformazione plano-volumetrica esterna; essa prosegue infatti anche all’interno della stazione marittima, garantendo lo smistamento dei flussi di passeggeri in quattro differenti canali, suddivisi sia per classe che per direzione. Completano il disegno della figura di pianta le ampie sale d’aspetto, gli appartamenti del comandante della stazione e del porto ed infine gli uffici della dogana e dei servizi per gli emigranti.
Il valore dell’opera
La principale accusa rivolta alla Stazione Marittima è stata quella di aver nutrito ambizioni monumentali e ambientalistiche quali il confronto con le moli del vicino Palazzo Reale o di Castel Nuovo e la ripresa delle arcate in facciata della Certosa di San Martino. La critica ha però più volte obiettato a tali affermazioni, rivalutando, pur nel riconoscimento di alcune pretese monumentali non estranee al linguaggio dell’architettura littoria, una qualità che afferisce alla spazialità razionale e funzionale degli ambienti interni. La stessa conformazione esterna della Stazione Marittima, con i suoi torrini, la curva energica ma sinuosa del corpo trasversale e gli avancorpi, riesce a superare alcune difficoltà logistiche dovute alla quota sottoposta da cui si erge l’edificio.
La curvatura centrale, inoltre, conferisce alla stazione marittima una certa leggerezza, ammorbidendo il tono austero della “retorica classicità” – come si legge in un’opera dedicata – “delle bianche facciate in travertino”. Il pregio principale dell’opera è però riscontrabile probabilmente nel suo farsi architettura permeabile: da qualsiasi punto la si guardi, infatti, si scorge il mare e viceversa, in un dialogo che continua ancora oggi.
-Daniele Nocera
I disegni del prospetto e della prospettiva realizzati a mano sono tratti dal sito http://www.cflr.beniculturali.it/asterni/bazzani/scheda.php?r=161
Bibliografia e sitografia:
- Architettura a Napoli del XX secolo, De Fusco R., Clean Edizioni
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