Il 17 settembre 1854 per gli ischitani è una data più importante del Natale e del Capodanno: fu infatti il giorno in cui fu inaugurato il moderno Porto di Ischia davanti a una folla in festa. L’opera fu voluta fortemente da Ferdinando II di Borbone che, come suo nonno, era particolarmente affezionato all’Isola.
Il lavoro, che rientrava in un più ampio piano di rinnovamento delle infrastrutture del Regno di Napoli, fu costruito in un solo anno e riuscì a garantire un porto sicuro ai naviganti ischitani, dando un fortissimo impulso all’economia dell’Isola Verde che, ancora oggi, accoglie nello stesso posto i turisti che vengono da ogni parte del mondo.
Il porto in un lago antichissimo
Il grosso e tondo bacino d’acqua dove ancora oggi attraccano ogni giorno i traghetti, in effetti, ha una forma insolita. Bisogna innanzitutto sapere che non è opera di esseri umani, ma direttamente di Madre Natura.
A raccontarlo è il comasco Plinio il Vecchio, amante della Campania, che nella su Historia Naturalis spiega come un terremoto abbia inghiottito una antica città presente dalle parti del Porto, lasciando un grande lago con al centro una piccola isoletta che ospitava una casupola. Insomma, una sorta di mito di Atlantide formato Ischia.
La Storia non è andata proprio così, ma Plinio non aveva preso un granchio: secondo studi di geologia avanzati che di certo lo scienziato romano nemmeno poteva immaginare, probabilmente lo specchio d’acqua era un antico cratere. Rimane ferma la curiosità del piccolo puntino rimasto emerso, il “Tondo di Marco Aurelio“, che incuriosì anche l’imperatore romano.
Il sovrano chiese al suo maestro a cosa servisse un’isola piccola dentro un’isola più grande e Frontone, che era il suo precettore, gli rispose che l’isolotto era per Ischia un po’ come un figlio piccolo, protetto dal padre dagli affanni della vita.
La caduta del Re
Dietro ogni grande opera c’è, immancabilmente, una storia che il popolo tramanda oralmente con dettagli più o meno fantasiosi. In questo caso si tratta della caduta in acqua di Ferdinando II, riportata dal giornalista Mimmo Gangemi.
Secondo la storia, infatti, il Re si trovava in visita dalle parti di Ischia Ponte, dove era presente un piccolo e instabile approdo. Ferdinando stava per salire sulla barca quando, dopo aver messo un piede in fallo, scivolò e cadde rovinosamente in acqua. Essendo particolarmente grasso, fu difficile e umiliante per il re riuscire a ritornare sulla terraferma, dopo essere stato aiutato prontamente dai militari che lo accompagnavano. Fu così che capì quanto fosse necessaria la realizzazione di un porto moderno. Questa storia non è riportata sulle fonti ufficiali. Alcuni giustificheranno la cosa spiegando che sarebbe stato mortificante un rapporto che riporta uno scivolone in acqua, altri invece diranno che l’episodio è stato inventato per screditare i Borbone, come spesso accadde dopo l’Unità.
L’inaugurazione del Porto di Ischia e le solite beghe politiche
Caduta o non caduta, il Porto di Ischia fu inaugurato dopo un solo anno di lavori: il cantiere diretto dal cavalier Camillo Quaranta fu aperto nel luglio del 1853 e il 9 agosto 1854 i cantieri erano già chiusi, nonostante difficoltà e rallentamenti dovuti agli strumenti rudimentali dell’epoca. Furono impiegati 300 carcerati per la realizzazione dell’opera, che beneficiarono di un forte sconto di pena per la buona condotta o, in alcuni casi, il perdono da parte di Ferdinando. L’intero progetto del nuovo porto fu poi completato nel 1856, con la costruzione del cordone frangiflutti e del faro.
La prima nave ad entrare fu proprio il piroscafo “Delfino” che trasportava Ferdinando II: il monarca napoletano voleva sempre inaugurare in prima persona le nuove opere, come accadde anche con il ponte del Garigliano.
La festa, però, fu rimandata a settembre con un evento epocale: i giornali dell’epoca raccontano come un’immensa calca di spettatori si radunò il 17 settembre 1854, in presenza dello stesso Ferdinando II. Furono sparate salve e la fanfara militare suonò per tutta la sera, fra fuochi artificiali e caroselli cittadini.
Gli unici assenti alla festa furono i Decurioni dell’Isola, quelli che oggi potremmo considerare gli amministratori cittadini. I politici locali, infatti, erano profondamente contrari alla realizzazione del porto perché, a loro avviso, sarebbe stato un disastro per l’Isola.
Il porto di Ischia avrebbe infatti fatto perdere alle casse comunali 850 ducati annuali di fitto degli stalli per le barche.
Non servirà molto tempo per dimostrare la miopia dei politici locali.
La rinascita economica dell’Isola Verde
Ischia Porto è oggi un vero e proprio santuario della monarchia borbonica, che conserva piazze dedicate ai re di Napoli ed edifici che ancora riportano epigrafi e scritte dedicate ai Ferdinando e Francesco. Non a caso era soprannominata “fedelissima” già ai tempi di Ferdinando IV.
La stessa strada statale che collega i comuni dell’isola, non a caso, è chiamata “Borbonica” perché fu resa carrozzabile sempre dal “solito” Ferdinando II. In questo modo il re ottenne due vantaggi: in primis riuscì a raggiungere l’isola ed il suo villino con pochi affanni (prima del Porto era necessario percorrere un lungo sentiero a piedi), in secondo luogo Ischia, che era un territorio agricolo con un’economia fortemente depressa, riuscì a trovare finalmente uno sbocco comodo sul mare per commerciare con Napoli.
Il Porto di Ischia è rimasto un’opera strategica anche oggi, nel III millennio, mentre garantisce il passaggio a decine di navi turistiche ogni giorno attraverso quel piccolo valico scavato da 300 carcerati.
-Federico Quagliuolo