Finti funerali per gli amici, porte di casa murate nella notte, un teatro in fuga impaurito per un finto coleroso: Antonio Petito gli scherzi li faceva davvero in grande e spesso erano tanto cattivi da essere paragonabili a quelli del Marchese del Grillo.

Soprannominato “Totonno ‘o pazzo” (e si può intuire il perché), era completamente analfabeta, esteticamente brutto e dalla camminata bizzarra. Aveva una personalità talmente strana, pazza e imprevedibile che attorno a sé attirava amici e nemici in grandissima quantità.

Si potrebbe dire che l’attore di teatro si era immedesimato fin troppo nei personaggi che interpretava. Diventò famosissimo per essere l’interprete più famoso di Pulcinella, oltre ad essere probabilmente l’attore comico napoletano più apprezzato di fine ‘800. Alla storia non passò però solo per le risate e per aver avuto come allievo prediletto un giovane Eduardo Scarpetta.

Oggi è uno dei personaggi meno conosciuti della storia napoletana.

Pulcinella Antonio Petito
Una delle farse di Antonio Petito, ristampata nel 1910

Gli scherzi di Antonio Petito

I bersagli preferiti di Antonio Petito erano due: il suo suggeritore, Mariano Ruoppolo, e Raffaele Mormone, il proprietario del Teatro San Carlino, che un giorno trovò davanti al teatro addirittura il suo funerale, dato che l’attore aveva affisso manifesti funebri ovunque. Oppure un’altra volta si trovò murata la porta di casa di notte,

Si racconta che un giorno Petito finse di avere le convulsioni, nel mezzo di una rappresentazione, perché disse di avere il colera. Si scatenò il panico nel teatro: gli spettatori scapparono via, gli attori cominciarono a pregare. Era il 1870 e Napoli era stata flagellata dal morbo nel 1867, quindi i ricordi della gente erano ancora vivissimi e atroci. E non conoscevano ancora l’epidemia disastrosa che sarebbe arrivata nel 1884!
Lo scherzo, però, era ben più cattivo: fece svenire Ruoppolo, che si riprese solo ore dopo. Petito, ridendo a crepapelle, gli disse: “così ti levi il vizio di bere dalla mia bottiglia!“. E non solo: altre volte, sempre per “punire” il suo suggeritore, mise una quantità tale di lassativo all’interno della bottiglia che il povero Mariano Ruoppolo, in preda a crampi e dolori lancinanti nel mezzo di uno spettacolo, credette che davvero era coleroso e fu fatto ricoverare per niente.

Anche Eduardo Scarpetta fu bersaglio dei suoi scherzi: fu invitato a cena da Petito, ma trovò solo il servitore che lo accolse: “siete capitato in un brutto momento”, disse.

In effetti, si sentivano urla inumane, botte e rumori di tonfi sul pavimento: era una litigata con la moglie. Ad un certo punto il Pulcinella uscì da una porta furioso in volto, urlando: “la devo scannare come una pecorella!” e andò a prendere un coltello. Il giovane Eduardo si lanciò disperato per fermarlo, ma fu gettato a terra da Antonio Petito, che tornò nella stanza.

Tonfi, botte, urla. Poi il silenzio. “Aiuto, aiuto, Eduardo, entra subito!

Scarpetta corse nella stanza e trovò la donna in una pozza di sangue. “Chiama subito un medico!” gli urlò il padrone di casa.

Al ritorno trovò Petito e Teresina che ballavano la tarantella.

Busto di Antonio petito
Il busto di Antonio Petito

Chi era Antonio Petito?

Si potrebbe dire “figlio d’arte”, anche se i genitori non diventarono noti quanto lui: nacque nel 1822 da un tale Salvatore, altro Pulcinella dei suoi tempi, e “Donna Peppa“, Giuseppina D’Errico, che era una pupara famosissima per il suo bancariello a Via del Carmine.

Sin da piccolo visse negli ambienti teatrali e si appassionò moltissimo alle commedie popolari scritte da Silvio Fiorillo nel ‘500: essendo analfabeta, però, non sapeva scrivere né leggere: le imparava tutte a memoria e le interpretava a modo suo a casa. Pulcinella nel XIX secolo era infatti una delle maschere popolari più amate dal popolo napoletano e il padre, riconoscendo il talento del figlio, un giorno gli consegnò la maschera sul palco, durante il suo esordio al San Carlino nel 1852.
Il giovane Antonio Petito, prima dell’”incoronazione”, era inquieto e nervoso: aveva paura di vivere nell’ombra della fama dei genitori, come capita a tanti figli d’arte. E allora scappò di casa e cominciò a lavorare in numerose compagnie teatrali, viaggiando inizialmente per tutta la Campania. Poi tornò a Napoli e, intorno ai 30 anni, diventò famosissimo per le sue interpretazioni libere da ogni schema, nel personaggio di Pascariello: parlava un napoletano volgare, ma divertente e irriverente. Si abbandonava a scherzi, improvvisazioni, fuori copione che mandavano in tilt tutti gli attori che lo accompagnavano, facendo ridere ancora di più il pubblico per le figuracce fatte sul palco dai suoi stessi collaboratori.

Nonostante non sapesse né scrivere né leggere, era un fiume in piena di idee e suggestioni artistiche. Parlava spesso ad alta voce, anche da solo, e pretendeva che qualcuno scrivesse tutto ciò che diceva di getto. Ad un certo punto si avventurò anche in una impresa folle: di notte decise di scrivere la sua autobiografia. E, poiché non c’era nessuno a scriverla per lui, lo fece di suo pugno producendo un testo delirante, sgrammaticato e confuso.

D’altronde, per Petito “il testo scritto non è importante“. Ci ha lasciato in eredità solo canovacci e pagine con parole gettate senza rispettare righe, punteggiatura o le più basilari regole della scrittura.

Antonio Petito e Davide Petito
Foto di Antonio Petito e del fratello

Un attore politico

Si dice che Ferdinando II di Borbone fosse talmente affezionato alle commedie di Petito che portava l’intera famiglia reale a vedere tutte le sue rappresentazioni al San Carlino e le sue risate erano talmente fragorose che si sentivano distintamente durante l’intera commedia..
Petito apprezzava molto l’intesa virtuale con il Re delle Due Sicilie, dato che non lo conobbe mai di persona. Quest’intesa non finì dopo l’Unità d’Italia, dove Antonio Petito, dimostrando un pensiero molto più raffinato di quel che si può immaginare, fece numerose commedie impegnate che spiegarono al popolo napoletano alcuni temi internazionali: ad esempio si pronunciò con grande forza contro lo schiavismo in America in una commedia chiamata “l’appassionate pe lo romanzo de lo zio Tom“.

Si nota in tantissime sue commedie anche post-unitarie il suo atteggiamento critico nei confronti dei “piemuntisi, anche se necessariamente fu costretto ad adeguare il suo linguaggio, non diventando mai espressamente filoborbonico. Il suo teatro, il San Carlino, fu però sgomberato più volte dalla Guardia Nazionale per sospetti di cospirazione anti-italiana.

Petito morì per infarto sul palco, a 54 anni, durante la rappresentazione della “Statua vivente spaventata da Pulcinella“, l’ennesima commedia inventata da lui e scritta dai suoi collaboratori.

Antonio Petito era stato coerente alle “regole” della sua vita sregolata anche nella morte: disse che il suo sogno era morire sul palco. E così fu.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:

Tina Marasca, “Petito, il Re dei Pulcinella”
Marco Di Maro, Antonio Petito, Università degli studi di Salerno
Federico Franscani, Le burle atroci di Antonio Petito, autobiografia del leggendario Pulcinella, Arte Tipografica, Napoli, 1998
La Rai gli dedicò uno sceneggiato nel 1985

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