C’era una volta il garum. C’è oggi la colatura di alici di Cetara.
Che la Campania sia legata a doppio e triplo filo con il mondo antico è cosa risaputa, ma che una ricetta tipica del mondo romano sia giunta quasi intatta ai giorni nostri, bella e preziosa come un gioiello di Pompei, è invece cosa degna di grande ammirazione.
La colatura di alici di Cetara è infatti una salsa dal sapore intenso e dall’odore pungente creata da una paziente lavorazione delle alici appena pescate, messe sotto sale e pressate in una botte di legno.
Come tante ricette che oggi fanno parte della cucina di alta classe, anche la colatura nacque come prodotto povero: era infatti un surrogato del pesce fresco, da utilizzare nei mesi invernali, quando la pesca era scarsa e difficoltosa.
Dagli antichi romani ai pescatori cetaresi
Il garum era un prodotto talmente comune nella cucina romana che nessun autore si curò di indicarne una ricetta. Nemmeno Apicio, che è il più famoso autore latino della cultura culinaria, indicò la ricetta di questo preparato di pesce, anche se è presente in praticamente quasi ogni piatto salato da lui raccontato.
Gli storici e i linguisti hanno invano tentato di ricostruire la ricetta precisa del garum, ma ad oggi ci sono solamente numerose ipotesi. Plinio e Orazio spiegavano che si tratta di una salsa di pesce cremosa, ottenuta con la macerazione di strati alternati di pesci piccoli e grandi, misti a sale e strati di erbe aromatiche. Praticamente una versione aromatizzata della colatura di alici di Cetara.
Sappiamo che la ricetta cetarese è praticata “da sempre“, come dicono anche molte fonti più antiche, ma il primo documento scritto è datato 1807. Fu prodotto da un frate francescano, tale padre Nicola Columella Onorati, che volle realizzare un documento per “codificare” tutte le pratiche utili per la gestione delle cose domestiche nei paesi costieri. Gli storici presumono che il procedimento di colatura di alici di Cetara sia stato raffinato nelle tradizioni monastiche (che in Costiera erano vivissime: anche la sfogliatella Santa Rosa nacque qui!”) e praticato dal popolo, per ragioni di opportunità dovute all’assenza di cibo durante l’inverno e nella difficoltà di poterlo procurare tramite l’agricoltura.
Un procedimento lungo mesi
La lavorazione comincia in primavera, quando i pescatori cetaresi, che ancora oggi tramandano le ricette di famiglia di secoli fa, pescano le alici nel mare della Costiera. Ad oggi il disciplinare per la produzione della colatura è rigidissimo e permette che il prodotto preparato artigianalmente possa essere usato esclusivamente nella propria attività ristorativa o venduta da aziende cetaresi, infatti è un prodotto rarissimo da trovare al di fuori della regione Campania. Anche i pesci pescati devono essere rigorosamente quelli della Costiera e addirittura vanno consegnati agli impianti di produzione in massimo 12 ore dal momento di pesca.
Maturazione
Dopo averle private di testa e interiora, si stendono all’interno di un contenitore e vengono cosparse di sale per 24 ore. Poi si inseriscono nel terzigno, che è una piccola botte di legno di rovere o castagno, alternando strati di sale a strati di alici. Infine si collocano dei pesi sulla parte superiore del terzigno (detta tompagno), in modo da pressare lentamente i corpi dei pesci, che nel tempo cominceranno a far fuoriuscire i liquidi. Bisognerà aspettare ben nove mesi per ottenere il prodotto finale, avendo cura di lasciare i terzigni in luoghi freschi e ben areati, anche perché l’odore è talmente intenso e nauseabondo da essere sopportabile solo dagli addetti ai lavori.
Affinamento
La seconda fase della lavorazione detta affinamento, avviene quando, una volta raccolti i liquidi dei pesci in boccette di vetro, si fa intervenire l’altro elemento della natura che dà vita al mondo: il Sole.
I raggi solari, infatti, fanno evaporare l’acqua in eccesso e rendono il liquido molto cremoso e dal colore scuro. Una volta svolto questo lavoro, che può durare anche un mese e si realizza in estate, si riversa di nuovo tutto all’interno del terzigno, per la seconda maturazione del liquido.
Spillatura
L’ultima fase è necessaria per produrre il liquido perfetto, come lo possiamo ammirare nei piatti e nei negozi. Al termine dell’affinamento, si pratica un foro nel terzigno con un attrezzo chiamato vriale. Si raccoglie tutto il liquido che si è creato in un telo di lino, chiamato cappuccio e, una volta filtrato, si imbottiglia finalmente il prodotto, che avrà un color ambra.
La colatura di alici di Cetara è frutto di un procedimento lento e antichissimo che richiede la partecipazione congiunta del mare, dei suoi frutti e del sole che decora la Costiera Amalfitana. È una salsa che si sposa alla perfezione con gli spaghetti e riassume, in ogni morso, tutti i caratteri della nostra terra: Storia, tradizioni, Sole e mare.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Apicio, De Re Coquinaria
Regione Campania
Disciplinare per la produzione delle alici di Cetara