Pietro Barliario è uno dei personaggi più strani e oscuri della storia salernitana. Visse intorno all’anno 1000 a Salerno e tormentò i cittadini per secoli, fra maledizioni, proverbi popolari e gli immancabili fantasmi.
Leggende locali dicono infatti che sia stato un mago nero che, tramite i suoi artifici, parlava direttamente con il demonio e provocava ogni sorta di sciagura ai cittadini, derubandoli un po’ come il monaciello, portando sfortuna e facendo dispetti a chi metteva in dubbio la sua esistenza.
In realtà era molto più probabilmente un alchimista o uno studente della vicina Scuola Medica Salernitana che, per caso o per volontà, si trovò circondato da questa fama sinistra che si diffuse poi nell’intera Campania e infine nel Sud Italia sotto il nome fittizio di Pietro Bailardo.
Diventò paradossalmente anche esempio di religione: ebbe infatti sul finire della vita un’improvvisa conversione.
In tal proposito Antonio Giardullo ha scritto un libro interessantissimo: “Pietro Barliario. Un mago salernitano tra storia e leggenda“.
Chi era Pietro Barliario?
Del presunto mago nero non sappiamo quasi niente, anche se i libri che parlano di lui sono centinaia: dall’”Historia di tutte le eresie” di Domenico Bernino a testi recentissimi, come Giampaolo Pansa che parla della sua figura legata alla mitologia popolare abruzzese.
Eppure, nonostante tanta letteratura, della vita di Pietro Barliario abbiamo notizie solo della sua lapide e tramite fonti secondarie o addirittura attraverso citazioni e modi di dire. Nacque attorno al 1055 in una famiglia ricca di Salerno, quando la città era una delle capitali più ricche d’Italia. Come molti figli di famiglie ricche, anche Barliario fu avviato allo studio delle arti mediche nella Scuola di Medicina che, proprio in quei tempi, viveva uno dei suoi momenti di massimo successo. Fu probabilmente in questo periodo che venne in contatto con testi di cultura araba, che erano spesso consultati dagli uomini più eruditi della Salerno medievale.
La medicina orientale faceva frequente uso di erbe, intingoli e preparati realizzati con procedure di realizzazione a metà fra l’alchemico e il magico. Molto probabilmente la figura di Barliario assunse per questa ragione caratteri strani presso il popolo, che non tardò a fantasticare immaginandolo nelle più assurde e svariate avventure magiche.
Secondo il popolo era infatti entrato in possesso del “Tomo del Potere“, che era un antico libro di magia nera scritto dal diavolo in persona e, attraverso queste formule, riusciva a comunicare con Satana, che lo accompagnava in ogni malefatta ai danni dei poveri salernitani.
Tra ponti, diavoli e maledizioni
Il “capolavoro” di Pietro Barliario fu il suo “ponte del diavolo” che esiste ancora a Salerno. Fu un ponte costruito in una sola notte con l’ausilio del diavolo. In realtà era un semplice acquedotto che, per l’epoca, era modernissimo e fu uno dei primi esempi di architettura gotica in Italia: le sue forme impressionarono il popolo che subito diedero le colpe al mago nero. Ne abbiamo parlato qui.
Mai fidarsi del demonio, però: la maggior parte delle tradizioni orali salernitane raccontano che, dopo la costruzione del ponte di Via Arce, il diavolo decise di giocare uno scherzo proprio all’amico: lo convinse ad uscire al mercato per comprare nuove spezie per altri incantesimi e, mentre Pietro Barliario era fuori casa, avvelenò i nipotini, che erano ancora bambini.
Anche i maghi neri hanno un cuore: l’uomo cadde in depressione profonda, tentò prima il suicidio e poi, in un impeto religioso, andò a piedi al monastero dei benedettini di Salerno per confessarsi e pregare davanti al crocifisso.
Pregò tanto intensamente che il volto di legno di Gesù, come per miracolo, aprì gli occhi e lo guardò intensamente: fu il segno della conversione. Morirà nel 1148 con un saio addosso, fra i padri benedettini.
Pietro Bailardo, il nemico di Virgilio
In tutto il Sud Italia c’è infatti un altro mago nero, ben più famoso di Barliario, ma probabilmente nato grazie alla fama del medico salernitano e storpiato nel nome. Si tratta del quasi omonimo Pietro Bailardo che, a dispetto del collega, molto probabilmente non è mai esistito. Anche su di lui si sprecano detti popolari, leggende e storie tramandate per secoli da grandi e piccini. Ha costruito ponti ed edifici ovunque (il ponte di Caligola di Pozzuoli ad esempio sarebbe opera sua), fra l’Abruzzo e la Campania viaggiava cavalcando falchi ed era capace di ogni sorta di magia. Alzava montagne, controllava la mente delle persone e si vendicava in modo spietato dei suoi nemici evocando mostri, leoni e altre bestie al suo servizio. Aveva anche una spada a due mani tanto grande e potente che maneggiava con agilità, tagliando a metà i suoi avversari nei duelli. Addirittura alcune tradizioni abruzzesi dicono che la Via Lattea sia stata un’opera sua, per colorare un cielo a suo avviso troppo monotono.
D’altronde, all’epoca chi poteva affermare il contrario?
A Napoli, prima dell’introduzione del culto di San Gennaro, era considerato nelle operette del popolo l’antagonista di Virgilio, che invece era il “mago bianco” per eccellenza nella tradizione popolare.
La fine di Bailardo coincide “stranamente” con l’epilogo della vita di Pietro Barliario: in molte leggende popolari campane, abruzzesi e ciociare (qui un esempio sulla leggenda di Villa Santo Stefano), per varie ragioni, si pente e si converte al Cattolicesimo.
Insomma, ovunque interviene la morale della Chiesa spiegando, in fin dei conti, la fede ha sempre la meglio sulle eresie. Nonostante tutto, sono proprio le storie di misteriosi e strani maghi eretici quelle che sopravvivono per millenni nella tradizione popolare.
-Federico Quagliuolo