Domenico Martuscelli è forse un nome che non suona familiare.
Nato nel 1834, figlio dell’insegnante di calligrafia dei Borbone. Sin da piccolo fu affascinato dal mestiere dell’insegnamento, mentre guardava il padre che insegnava le lettere al giovane Francesco II di Borbone.
Il suo animo, però, fu sempre inquieto: perché insegnare ai re? Perché aiutare un uomo che, con uno schiocco di dita, può circondarsi dei migliori scrivani del mondo intero, quando il mondo è pieno di poveracci?
Questa sua domanda fu solo l’inizio di un doloroso percorso verso il successo: a quattordici anni un giovanissimo Martuscelli perse in un incidente entrambi i genitori e rimase orfano.
Il Re Ferdinando II, cresciuto anch’esso con gli insegnamenti del padre del ragazzo, ebbe assai a cuore il destino del povero orfanello: gli trovò in fretta un impiego al ministero delle finanze, per garantirgli una vita dignitosa ed uno stipendio fisso.
Nonostante l’appoggio del Re, Martuscelli non era soddisfatto della sua vita: continuò a studiare segretamente per diventare insegnante di scrittura, proprio come il padre.
Nel frattempo, nel 1836, scrisse anche un trattato chiamato “Rudimenti di Storia delle Due Sicilie”.
Martuscelli infatti non amava gli ambienti sfarzosi in cui era cresciuto: appena ventenne, si recò nell’ospizio dei Santi Giuseppe e Lucia ad insegnare la scrittura ai poveri analfabeti. E fu qui che conobbe numerosi ciechi, persone all’epoca trattate allo stesso modo dei pazzi: perché non provare a regalare ai non vedenti una educazione tale da poterli rendere “normali” in futuro? Perché i bambini ciechi non possono frequentare la scuola, come i loro coetanei “sani”?
“Se gli occhi non vedono, la mente può sempre sognare“, disse Martuscelli.
La legge però non lo permetteva: i ciechi sono come i pazzi, vanno isolati.
Nel frattempo, il regno borbonico stava affrontando i suoi ultimi anni di vita e Martuscelli aspettò fiducioso il nuovo governo per iniziare la sua battaglia a favore dei ciechi. La base della statua, con due bambini ciechi che guardano Martuscelli
Bisognerà infatti aspettare il suo quarantesimo compleanno per vedere la prima vittoria: nel 1873 Domenico Martuscelli tenne la prima lezione di scuola elementare per bambini ciechi all’interno di un ex convento abbandonato. Fu un primato in tutta Italia.
Da quel momento i ciechi inizieranno ad ottenere sempre più diritti all’interno del Regno d’Italia, fino ad ottenere, nel 1885, la definitiva consacrazione della sua battaglia che proseguì incessante, nonostante i giornali e la stampa parlassero di lui come “uno stupido che insegnava ai pazzi“: a partire dall’anno 1886, i bambini non vedenti potranno frequentare tutte le scuole pubbliche italiane, vivendo una vita “normale”.
Nato nella corte più ricca d’Italia, rifiutò ogni privilegio di un re amico: lottò per tutta la sua vita per regalare un futuro a tutti i bambini che, per un dispetto della natura, avrebbero altrimenti gettato la propria vita ai margini della società.
Martuscelli fu un sognatore che, con sacrifici e lotte, vinse le sfide della vita: morirà sereno nel 1917, dopo essere riuscito nel 1912 a rendere legale anche l’insegnamento della musica ai non vedenti.
Oggi è qui a Piazza Dante, in un giardino pieno di cartacce, con solo i piccioni a fargli compagnia. L’istituto Martuscelli per i giovani ciechi, invece, esiste ancora e si trova al Vomero proprio nella piazza intitolata al geniale , e proprio in questi giorni affronta un gravissimo stato di crisi economica ed è prossimo alla chiusura.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
http://web.tiscali.it/martuscelli2000/Storia.html
http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=6054
https://www.librerianeapolis.it/libri-84159/105-storia-87052/3138-rudimenti-di-storia-del-regno-delle-due-sicilie-domenico-martuscelli
http://www.tiflopedia.org/istituzioni/istituto-domenico-martuscelli-per-i-minorati-della-vista-dambo-i-sessi-napoli/
Lascia un commento