Pasqua, Gesù è risorto. Tutto è bello,
pure pecchè se mangia ‘o casatiello.
Rotunno, gruosso, grasso e sapurito,
‘o vide, e te rinasce l’appetito.
Che d’è, te ne vuò fa sulo na’ fetta?
Cu chella ce può fa Pasqua e Pasquetta.
Salame, pepe, nzogna, acqua e farina,
e nu’ sacco ‘e formaggio pecorino:
ce vonno pur’e cicole ‘e maiale,
ca so’ pesante, ma nun fann male.
Pe copp’o casatiello stanno ll’ova:
ma comm’o po’ capì, chi nunn’o prova?
Venerdì Santo, da tradizione, napoletani in cucina, si prepara il Casatiello.
Per chi non lo sapesse, è una tipica torta rustica napoletana, caratteristica del periodo pasquale. E’ un impasto simile a quello del pane, ma ricco di sugna (strutto) imbottito con chi più ne ha più ne metta: sale, pepe, salame, formaggio, ciccoli di maiale e varianti familiari.
La sua pesantezza è così proverbiale che si è soliti dire “che casatiello!” per indicare una persona pesante e noiosa!
Ma senza perderci in chiacchiere, da dove proviene questo piatto?
La storia del Casatiello
La sua origine si perde in un passato lontanissimo, quando Napoli era di dominazione greca, e poi romana.
Già infatti nella letteratura greca abbiamo testimonianze di “pani conditi” con più ingredienti. Ma dal latino “caseus” prende nome. Formaggio il significato, quindi casatiello, “storpiato” nella napoletanità, starebbe per “piccolo pane al formaggio” (Non per nulla il formaggio, in particolare il pecorino, rimane uno degli ingrendienti fondamentali del casatiello!).
Era una delle preparazioni tipiche delle feste pagane primaverili in onore di Demetra (Cerere per i Romani), e da qui al periodo pasquale, il passaggio è breve!
Si pensa anche a una connessione tra la forma del nostro rustico e la corona di spine di Cristo: le uova (simbolo di rinascita) sode, incastrate sotto croci di pasta lasciano riflettere.
Da qui la tradizione.
Addirittura nel 1600 troviamo pastiera e casatiello nella fiaba di Giovanbattista Basile “La gatta cenerentola“, quando descrive i festeggiamenti de re per trovare la fanciulla che aveva perso la scarpetta.
«E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato.»
Spesso si è soliti confondere il casatiello con il tortano, la linea è sottile, ma in verità la differenza c’è: mentre il primo lo riconosciamo dalle uova sode incastonate, nel tortano le uova sode sono tagliate e inserite all’interno dell’impasto.
Vi lasciamo la ricetta scritta sul blog di Luciano Pignataro.
Lidia Vitale
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