Silvestro, il poeta di Port’Alba
Sono intenta ad avere una di quelle conversazioni negative che non si dovrebbero mai avere in una splendida giornata primaverile.
Port’Alba è più frenetica del solito, piena di risate straniere, di profumi di pizze dai mille gusti e colori.
Eppure, non basta.
“Ti chiedi mai che senso abbia? Lo stare qui, intendo. Che senso ha se la meta, in fin dei conti, è la stessa per tutti? Che tu sia stato ciò che sei stato, a chi importa?”
Sta cercando parole da dirmi, la giusta combinazione di lettere che riesca a trasmettermi il suo innato ottimismo, ma non ha il tempo di dire nulla.
Tra sorpresa e spavento un uomo mi prende per mano e mi conduce verso un piccolo tavolo, accanto ad una delle tante bancarelle straripanti di libri. È vestito di tutto punto con tanto di panciotto, un abbigliamento un po’ bizzarro considerata l’ora ed il luogo.
I suoi occhi, che indagano sicuri i miei dal retro di occhiali perfettamente circolari, riescono a frenare ogni mia domanda.
Mentre ci fissiamo, il tempo resta sospeso.
Dopo secondi che sembrano essere durati innumerevoli eternità, scribacchia qualcosa su un block notes, stacca il foglio e me lo porge:
“Tu
Alimenti
il
CANTO
della
Terra
SELVAGGIA”
Vicino a questi frettolosi versi c’è un nome, Silvestro Sentiero, e sotto un appellativo che, nella sua semplicità, oggigiorno appare quasi anacronistico: poeta.
Lo ringrazio ed un po’ stralunata mi infilo il foglietto nella tasca dei jeans. Che possa aver sentito la nostra conversazione è impossibile, mi dico. Allora come ha fatto a darmi una risposta?, mi chiedo.
Gli occhi, sono stati loro. Che siano lo specchio dell’anima lo sanno tutti, ma quanti sanno leggerli davvero? Basterebbe ossevarli per capirli, bastano pochi versi per aiutarli.
Se passate per Port’Alba, guardateli voi gli occhi di Silvestro.
Sono quelli di un’anima sensibile che, non lasciandosi sedurre dalla possibilità di una fama tanto immediata quando volubile, hanno deciso di scoprire ogni giorno le vite degli altri.
-Federica Russo
Il disegno è di Alessandro Amoresano
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