Quarant’anni fa, mentre gli ultimi cantieri stavano concludendo la distruzione delle colline di Napoli ed il sacco della città era ormai compiuto, fu pubblicato un album da un ventottenne napoletano assai talentuoso, tale Edoardo Bennato: si chiamava “Io che non sono l’imperatore” ed era un attacco vivo, forte ed ironico al mondo intero con la rabbia e la voglia di rivoltare il mondo di chi, da giovane, comincia ad affacciarsi in un mondo ingiusto, iniquo, falso, che delude tutti quei sogni e quelle aspettative create in una intera carriera da studente. Bennato ne aveva per tutti: prese in giro le canzoni d’amore strappalacrime con “Io per te Margherita”, attaccò ferocemente le figure politiche e, addirittura, arrivò a provocare anche il Papa, con “Affacciati affacciati!”.
Il messaggio più nascosto ed interessante, però, si trova nel luogo più insospettabile: la copertina. Si trattava infatti palesemente di una linea metropolitana, più precisamente di una futura Metropolitana di Napoli. Proprio qualche anno prima della pubblicazione del disco, quando era laureando in Architettura, Bennato discusse una tesi dal titolo ” Ristrutturazione della zona dei Campi Flegrei con particolare riferimento alle reti di trasporto urbano collettivo” e, nemmeno a farlo apposta, un paio di anni dopo questa tesi furono inaugurati i cantieri per la “Metropolitana Collinare” di Napoli a Piazza Medaglie d’Oro. Napoli negli anni ’70 stava affrontando uno dei più grandi sconvolgimenti urbanistici della sua Storia e, superati i drammi della ricostruzione della Guerra, erano già pronte nuove sfide: come collegare una città che, dopo aver occupato ogni centimetro libero ad est e ad ovest, aveva ormai coperto di condominii anche le colline? Le funicolari non bastavano più: garantivano tragitti molto limitati e brevi e per un abitante dei Colli Aminei arrivare a Chiaia sarebbe stato comunque impossibile, così come per un abitante di Bagnoli era utopia arrivare in fretta alla Ferrovia. Gli autobus, non è una novità, erano pochi e mal si adattavano al complesso e trafficato tessuto stradale cittadino; nel frattempo anche l’antica linea dei tram napoletani, che fino ai tempi della guerra era fra le più estese ed attive d’Italia, stava venendo lentamente smantellata, per poi sparire quasi completamente nei giorni nostri. L’unica soluzione per far muovere i napoletani in città era quindi una rotaia sotterranea che si sarebbe dovuta scavare in quel tufo che nel suo cuore ha custodito ogni sorta di testimonianza delle vite antiche di Napoli, nei suoi tremila anni di Storia. Questo fu il quadro storico in cui il giovane dottore in architettura, con la passione per il rock, preparò il suo contributo per cambiare e migliorare il mondo in cui era cresciuto. Proprio Bennato conosceva bene la “segregazione in casa” di certi quartieri della città, in quanto lui nacque a Bagnoli, ai piedi di quella acciaieria che per un secolo ha distrutto le vite e la salute dei napoletani: un quartiere nato come un borgo di pescatori e poi ridotto a triste provincia industriale con i tetti rossi. Ironico pensarci: Napoli fu la prima città ad avere una linea ferroviaria in Italia e, al contempo, l’ultima “capitale d’Italia” a dotarsi di una metropolitana, dietro Roma e Milano, che già avevano servizi ben avviati da anni. Proprio Milano era la punta di diamante delle ferrovie cittadine italiane, con la sua metropolitana che, ancora oggi, è un servizio eccellentissimo. Dopo numerosi dibattiti, ricorsi, finanziamenti persi e gare d’appalto a Palazzo San Giacomo, infatti, fu proprio la società “Metropolitana Milanese S.p.A.” ad essere incaricata nel 1975 alla progettazione e direzione dei lavori della futura metropolitana di Napoli, a conclusione di una lunghissima trattativa che era cominciata addirittura nel 1968, quasi dieci anni prima. Il progetto fu presentato ed approvato dal Comune, anche se poi, negli anni, fu modificato più volte anche dopo l’inaugurazione del primo tratto Colli Aminei-Vanvitelli, nel 1993. Quasi vent’anni dopo l’inaugurazione del primo cantiere!
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