allesse

Quando arriva il freddo arrivano anche loro. Le castagne sbucciate e bollite con sale grosso e foglie di alloro, da non confondersi con le palluòtte o palluòttole bollite anch’esse ma con la buccia,  conquistano il palato di tutti e innumerevoli volte sono state simbolo di canzoni e poesie.

In particolare, il “cuoppo allesse”, così chiamato a Napoli, è sempre stato uno dei modi di dire più utilizzati.

Il castagnaro serve queste prelibatezze in dei cuoppi di carta, una volta inserite le castagne all’interno, questo si bagna e si deforma afflosciandosi, perdendo forma e consistenza. Tale massa informe fu associata in senso dispregiativo alle donne con le curve poco armoniose. Ma Totò, che fu sempre un signore e un amante delle donne, usò questo termine su di sé, in “Totò a Parigi” con:

“Miss mia cara Miss, nu’ cuoppo allesse io divento per te“

Nu cuoppo allesse
Un cuoppo allesse

Nu cuoppo allesse e Matilde Serao

Un piatto così semplice riuscì ad ispirare anche Matilde Serao che in questa delizia ritrovò il cibo popolare partenopeo:

“Per un soldo una vecchia dà nove castagne allesse, denudate della prima buccia e nuotanti in un succo rossastro.”

Inoltre fu usato anche come termine dispregiativo per indicare le persone sciocche, come fece Roberto De Simone in “La Gatta Cenerentola” nel 1976 con “scampolo d’allesse“.

E’ magnifico come un semplice cuoppo allesse di castagne possa singnificare così tante cose in napoletano, partendo dalla più antica tradizione culinaria fino ad arrivare all’ultimo scurnacchiato.

-Roberta Montesano

Illustrazione della bravissima Eleonora Bossa

Una ricetta di allesse

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