Nella Reggia di Caserta, al Quirinale e al Vaticano sono presenti alcuni manufatti in seta di San Leucio, un piccolo borgo in provincia di Caserta. Da qui hanno origine persino le bandiere della Casa Bianca e quelle di Buckingham Palace.
La storia della seta che fece il giro del mondo ha inizio nel 1773, quando Ferdinando IV di Borbone, poco tollerante al lusso estremo degli ambienti reali, decide di costruirsi un rifugio in un luogo solitario, per poter sfuggire di tanto in tanto alla fastosa vita di corte.
Come nacque San Leucio
Il palazzo viene innalzato in prossimità del Parco di Caserta, dove già precedentemente sorgeva il rudere di una cappella dedicata al martire San Leucio.
Ferdinando vi trascorre giorni di spensieratezza per cinque anni, finché nel 1778 si verifica un evento del tutto inaspettato: il suo primogenito Carlo Tito muore di vaiolo.
Così il sovrano non può fare a meno di lasciare quel luogo, culla di tanti ricordi, dove ormai l’assenza del figlio sta diventando poco a poco una presenza insostenibile. Decide, però, di non abbandonare quella costruzione incustodita, ma di trasformarla in un ospizio per poveri. Quindi per evitare che i nuovi abitanti vadano a creare una colonia di “scostumati e malviventi”, come lo stesso Ferdinando scrive, fornisce loro un’occupazione.
La seta di San Leucio
La fonte di lavoro si trova nella produzione di seta, uno dei settori tecnologicamente più avanzati nell’Europa dell’800. La colonia, infatti, si espande rapidamente, i suoi cittadini iniziano una collaborazione senza precedenti. I ritmi sono incalzanti, ogni lavoratore opera nella fabbrica incessantemente dalla mattina al tramonto con una sola breve interruzione per il pranzo. Anche la vita sociale è organizzata con disciplina. Si celebrano matrimoni solo tra concittadini e se un uomo desidera sposare una straniera, quest’ultima può essere accolta nella colonia solo se impara il mestiere della tessitura.
Addirittura si racconta che una volta fu rinchiuso nel carcere del paese un leuciano e il sovrintendente lo obbligò a tessere affinché non “oziasse”.
Così i risultati di tanta fatica e perseveranza arrivano lontano e il sogno rivoluzionario di Ferdinandopoli valica confini di spazio e di tempo, attraversando i secoli e l’oceano, sino a raggiungere i nostri giorni e l’altra parte del mondo.
Laura d’Avossa
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