A pochi passi dal mare, in Piazza Piedigrotta, sorge un palazzo piuttosto insolito. Chiunque passi di lì lo nota e con aria sognante immagina di varcare il suo maestoso porticato quotidianamente, come se fosse il proprio portone di casa.
Un palazzo non convenzionale
In un quartiere già molto ricco al livello architettonico, c’è un palazzo dagli abbaglianti stucchi barocchi che sfacciatamente si impongono sulle tinte purpuree che caratterizzano la facciata. Non sono però le tinte forti ad attirare i passanti, ma le massicce colonne, alte quasi 10 metri. Come al cospetto dei grandi templi greci, il passante si sente piccolo, ma incuriosito dalla maestosità e da quel desiderio viscerale di scoperta non riesce a non chiedersi quale sia la vera storia di questo posto, che, immerso nella caoticità di tutti i giorni, vuole raccontare qualcosa.
Stiamo parlando del Palazzo Piedigrotta, costruito nel 1930 dall’architetto Giovanni de Fazio, e conosciuto dai più nostalgici come il Palazzo Odeon, o dell’ex-Odeon. Come suggerisce la parola, odéon, associata oggi a teatri e cinema, le grandi colonne avevano lo scopo di accogliere gli spettatori.
La storia
Difatti, l’architetto de Fazio progettò il piano terra dell’edificio per accogliere un cinema/teatro, nel quale recitarono attori illustri, come Totò ed Eduardo de Filippo. L’Odeon divenne un punto di riferimento per la città di Napoli, tutti lo conoscevano e lo paragonava all’Odeon di Milano, ancora oggi utilizzato come cinema. L’edificio fu talmente apprezzato dalla città che l‘Ordine degli Architetti premiò il suo creatore con una medaglia d’onore.
Purtroppo, con l’avvento della televisione e poco più tardi con la diffusione dei cinema multisala, il teatro Odeon venne chiuso. Al suo posto, fu aperta una sala bingo, che poco avrebbe avuto a che fare con la vera natura del palazzo.
Ma ad oggi c’è un particolare che forse non tutti conoscono. L’architetto de Fazio, non solo stupì con un ancestrale colonnato in piena città, ma si curò di stupire anche il più attento degli osservatori. Infatti le cariatidi che al quarto piano sembrano mantenere parte della struttura, non posseggono volti eterei della cultura greca ormai lontana, sono invece volti ben conosciuti e amati dall’architetto che decise di dedicare la sua opera ai suoi familiari, così che il suo pensiero per loro rimanesse scolpito nella pietra.
Come il ricordo del teatro Odeon, nella memoria dei più nostalgici.
Disegno di Laura Capuano
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