Napoli, 22 febbraio 1815
Nel febbraio 1815, in uno dei vicoli del Borgo Orefici, Bartolommeo Capasso nacque da un agiato commerciante e da sua moglie un bambino. I due erano originari di Frattamaggiore, ma si erano trasferiti a ridosso del Porto di Napoli, zona viva e florida per gli affari e il commercio.
Precisamente, i due si erano trasferiti in una casa al supportico dei Caiolari, in quella che oggi è via Giuseppe Marotta.
Se vi capita di fare un passeggiata da quelle parti, alzate gli occhi: troverete, nascosta dai panni stesi, una targa che ricorda quella mattina di febbraio.
Sessant’anni dopo
Facciamo un salto avanti bello lungo e arriviamo alla mattina del 5 gennaio 1875. Un gruppo di illuminati giuristi si riunisce nell’ufficio del duca di Salve, Antonio Winspeare.
Sono lì per compiere un atto semplice, ma di grande amore per la propria terra e la cultura: fondare la Società Napoletana di Storia Patria. L’obiettivo di questa istituzione era, ed è tuttora, promuovere gli studi sulla storia e la storiografia del Mezzogiorno.
D’accordo, ma perché abbiamo fatto questo salto? Che ci facciamo qui?
Quel bambino nato al Porto
Intorno a quel tavolo, tra quegli uomini appassionati di storia e di cultura, c’era anche Bartolommeo Capasso. Egli era anzi stato il primo e più determinato propulsore di questa iniziativa, e già da molti anni prima di quella mattina di gennaio. Nel 1844, infatti, aveva già immaginato e discusso la fondazione della Società Napoletana di Storia Patria con lo storico e amico Carlo Troya.
Quel bambino nato tra i vicoli del Porto, nel cuore pulsante della città, si era infatti dedicato alla sua millenaria storia con tutto se stesso. Dopo gli studi in seminario, aveva intrapreso quelli di giurista nel fervido clima culturale ancora impregnato degli insegnamenti di Vico e vivificato da figure come Pietro Giannone e Vincenzo Gravina, che furono amici di Bartolommeo durante l’esperienza universitaria.
Nel 1856 entrò nella prestigiosa Accademia Pontaniana e l’anno successivo nell’altrettanto importante Accademia Ercolanese. Ma il cuore del suo lavoro fu proprio la fondazione e la presidenza della Società napoletana di Storia Patria. Agli studi sulla storia di Napoli e del Mezzogiorno Capasso dedicò infatti la vita intera; fu anche Direttore dell’Archivio di Stato di Napoli.
I lavori di ricostruzione e archivio portati avanti da Capasso furono fondamentali per tutti gli storici che decisero di seguire le sue orme.
Egli dedicò un particolare amore e tante energie al riordinamento della cancelleria degli ex-regnanti angioini e alla documentazione sulla storia dei regni normanni e greci di tutto il meridione italiano.
L’impronta lasciata da Bartolommeo Capasso
La formazione culturale di Capasso bevve dunque a due fonti: l’erudizione classica ricevuta in seminario e un suo autonomo e fervente interesse per la tradizione culturale e storiografica napoletana. Inizialmente legato alle metodologie tradizionali di archivistica e filologia dell’ambiente culturale napoletano, Capasso arrivò negli anni a sviluppare una visione più autonoma e illuminata, prendendo ispirazione dalla scuola filologa tedesca della prima metà del secolo. Fu anche insignito, nel 1886, della laurea honoris causa dall’Università di Heidelberg.
Con una sensibilità critica più affinata quindi dalla molteplice elaborazione di questi spunti e dalla sua indole, egli divenne in Italia uno dei più autorevoli rinnovatori del lavoro di archivistica e ricerca storica.
Bartolommeo Capasso morì il 3 marzo del 1900.
Naturalmente, nella sua amata Napoli.
Beatrice Morra
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