A Palermo c’è una chiesa dedicata ai napoletani. Si chiama “San Giovanni dei Napoletani” (anche con il nome “della nazione napolitana“) ed è dedicata, appunto, all’intero popolo dell’antico Regno di Napoli.
Si trova quartiere della Kalsa, il cuore arabo di Palermo, ed ha uno dei due ingressi caratterizzato da una insolita forma esagonale, nato dopo un taglio netto alla facciata per prolungare la strada sulla quale si trova la chiesa, che oggi è aperta e in ottime condizioni.
Amicizia tra Palermo e Napoli
La chiesa fu affidata a un gruppo di mercanti di Cava de’ Tirreni nel 1519, appena 3 anni dopo la sua costruzione, nell’anno in cui la Sicilia finì nelle mani dell’Impero Spagnolo di Carlo V.
Fu infatti un atto simbolico per creare continuità fra Sicilia e Regno di Napoli, oltre che per soddisfare le tantissime richieste dei fedeli napoletani, che cercavano una comunità religiosa alla quale rivolgersi.
La capitale della Sicilia ha infatti sempre vantato forti legami con Napoli, anche quando i due regni erano separati. Il mare, che è caratteristica comune di tanti popoli lontani, ha infatti unito l’isola con la terraferma sin dai tempi degli antichi Fenici. Lo testimonia, d’altronde, la leggenda di Colapesce, che è nata in Sicilia ed è stata esportata a Napoli proprio intorno al ‘500.
Gestita da napoletani
La chiesa di San Giovanni dei Napoletani aveva una particolare forma di giurisdizione, come racconta lo storico siciliano Gaspare Palermo: sin dai tempi della sua fondazione, e fino all’Unità d’Italia, la chiesa era gestita da una Deputazione composta esclusivamente da cittadini “napolitani”, proprio per indicare il fortissimo senso identitario che caratterizzava la comunità. La competenza relativa alle controversie, inoltre, spettava al Tribunale Regio e non a quello religioso, come competerebbe ad una chiesa ordinaria.
Il modello della Deputazione è caratteristico proprio per la gestione del Tesoro di San Gennaro di Napoli: si tratta di un organismo di natura laica che gestisce un bene nato dalla fede religiosa.
Una situazione del genere si trova anche a Procida, nella creazione del Pio Monte dei Marinari.
Dedicata a San Giovanni, venerato San Gennaro
Ecco un’altra stranezza di questa chiesa: nonostante sia stata intitolata al buon San Giovanni, i napoletani non rinunciavano di certo al loro santo per eccellenza. E così, all’interno della chiesa il santo venerato in pratica era San Gennaro.
Lo dimostra anche una visita del re Ferdinando IV (che in Sicilia era III) avvenuta il 19 settembre 1799, mentre Napoli si trovava nel pieno della Rivoluzione Napoletana e i Borbone si rifugiarono in Sicilia nella speranza di poter tornare presto sul trono. In quell’occasione si celebrò “a distanza” il miracolo di San Gennaro.
I palermitani furono particolarmente felici di questo riavvicinamento dei monarchi napoletani, che tornarono sull’isola anche pochi anni dopo, durante l’intera esperienza monarchica dei francesi di Murat. D’altronde, proprio in durante la seconda visita nacque Ferdinando II, il più discusso di tutti i sovrani napoletani del XIX secolo.
Poi, dopo la restaurazione, la felicità si trasformò in frustrazione quando i sovrani tornarono a Napoli lasciando di nuovo Palermo ai margini della politica. La chiesa di San Giovanni dei Napoletani, da allora, non vide più regnanti in visita, ma rimase comunque frequentata sia da napoletani che da siciliani, specialmente nel giorno di San Gennaro.
Nel primo dopoguerra la chiesa incontrò un periodo di degrado e nel 1925 fu chiusa per diventare un deposito di opere d’arte. Poi, di recente, è stata affidata ai Cavalieri del Tempio di Gerusalemme e adesso è tornata visitabile.
Se in politica Napoli e Palermo furono sempre molto distanti, lo stesso non si può dire per la popolazione, che ancora oggi coltiva un affetto fraterno tra due popoli di mare e del Sud.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Gaspare Palermo, Guida per potersi conoscere tutte le magnificenze di Palermo, 1816
https://turismo.comune.palermo.it/palermo-welcome-luogo-dettaglio.php?tp=68&det=16&id=33
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