Nel 1843 spuntò una bandiera con il Vesuvio in Uruguay fra le mani di Garibaldi. Non si tratta di una allucinazione, ma della nascita della Legione Italiana. Fu un manipolo di soldati guidati italiani che divenne famoso in Sud America durante i tempi della guerra fra Uruguay e Argentina in cui proprio il nizzardo fu protagonista.
Dell’Unità d’Italia non se ne parlava ancora: era nei sogni di Mazzini, carbonari e massoni, ma tutti i tentativi di insurrezione erano finiti in bagni di sangue in cui ci avevano rimesso la vita tantissimi giovani. Garibaldi all’epoca era proprio uno di questi ragazzi scampati alle condanne a morte dei piemontesi che trovò rifugio in Sud America, dove fuggirono moltissimi italiani per le stesse ragioni. La situazione politica sudamericana non era però tranquilla: l’intero continente era sul punto di esplodere, fra le mire espansionistiche dell’Argentina e i venti di rivoluzione nel Brasile.

In questo ambiente caldo e pericoloso, Garibaldi cominciò la sua carriera militare usando la bandiera del Vesuvio senza immaginare che, vent’anni dopo, il vulcano di Napoli lo avrebbe conosciuto di persona.

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La bandiera di Garibaldi

Il Vesuvio su una bandiera calabrese

«Come il Vesuvio incessantemente arde, così arde nei petti degli italiani il fuoco della Libertà». Queste furono le parole di Luigi Missaglia, uno dei più fedeli aiutanti di Garibaldi, per descrivere la bandiera del piccolo battaglione di volontari italiani che decisero di mettersi al servizio della causa uruguaiana.

Questa bandiera fu poi soprannominata “calabrese”, probabilmente per la grande presenza di volontari meridionali. Molti credono sia dovuto alla vicenda dei Fratelli Bandiera che, come molti giovani fomentati dai sogni di Mazzini, andarono a sollevare la rivoluzione in Calabria, contro Ferdinando II. Furono presto fucilati. La vicenda accadde però nel luglio 1844, mentre la bandiera è di un anno più giovane.

Il Sud America diventò quindi una meta di emigrazione per tutti i rifugiati politici e i latitanti che venivano da ogni parte d’Italia. Non tutti erano brave persone e furono coinvolti, più o meno volontariamente, nella “Grande Guerra”, fra Argentina e Uruguay, in cui il governo di Buenos Aires sostenne con i suoi militari un golpe, per sistemare a Montevideo un personaggio vicino alla propria sfera di influenza. La situazione sfociò in una guerra civile.

Garibaldi era un irrequieto e non poteva tirarsi fuori da questa vicenda. Sin da giovane sentiva il bisogno di lasciare la sua traccia nel mondo, ma non sapeva come. In Italia i piemontesi lo volevano morto e credeva che non sarebbe più tornato nel Bel Paese. Così, durante tutta la sua permanenza in Sud America non perse occasione per cacciarsi nei guai, unendosi a tutte le cause repubblicane e rivoluzionarie in cui si imbatteva assieme ai suoi compatrioti italiani.

Anche il mito della camicia rossa nacque lì: le divise della truppa garibaldina furono infatti quelle dei macellai sudamericani, comprate a buon prezzo, dato che erano in ristrettezze economiche. Il colore rosso serviva a non mostrare le macchie di sangue quando si macellava la carne. Nel caso dei garibaldini, fu comunque utile a non mostrare le ferite.

Garibaldi da giovane
Garibaldi da giovane

Fra luci e ombre

Il Vesuvio accompagnò Garibaldi per la sua intera avventura sudamericana, anche se le cose iniziarono malissimo e il suo personaggio ancora oggi si divide fra atti di eroismo e di pirateria dei suoi uomini.

Le prime battaglie della Legione Italiana finirono in sonore sconfitte. Per giunta, molti legionari disertarono, altri si diedero a razzie o a veri e propri assalti a navi mercantili, che misero più volte in difficoltà il generale italiano. Lo raccontò lo stesso Garibaldi nelle sue memorie, dicendo che “arrossiva di vergogna” nel non poter provare il “valore degli italiani“.

statua di garibaldi
Statua di Garibaldi a Salto

L’assedio di Montevideo

Nel 1846 gli italiani di Garibaldi trovarono il modo di riscattarsi. Dopo due vittorie eclatanti contro gli Argentini nella città di Salto (che finirono comunque con saccheggi da parte delle truppe garibaldine), il vessillo con il Vesuvio e il grido di battaglia “Parte Garibaldi!” diventarono famosi in tutto l’Uruguay. Ma non bastò: Montevideo, la capitale dell’Uruguay, era presa d’assedio dai blancos (il partito filoargentino) e dalle truppe nemiche. La battaglia fu ferocissima e in pochi giorni gli italiani di Garibaldi furono decimati. Sotto la guida dell’esperto Francesco Anzani, lo stratega delle campagne garibaldine in sud America, i legionari rimanenti combatterono all’ultimo sangue, riuscendo a salvare la capitale straniera.

Garibaldi in quell’occasione fu promosso generale e il governo uruguayano gli propose addirittura il comando dello Stato Maggiore. Nel frattempo, in Italia cominciarono a circolare voci sulle avventure di un condottiero italiano in Sud America. Era appena nato il mito dell’Eroe dei Due Mondi.

Uruguay Garibaldi Battaglia
URUGUAY: Giuseppe Garibaldi at the battle of San Antonio, February 8, 1846. Uruguayan Civil War, Uruguay, 19th century. (Photo by DeAgostini/Getty Images)

L’Italia chiamò

La guerra in Uruguay continuò fino al 1851. Gli argentini avevano in pugno lo Stato avversario, ma intervennero con decisione gli inglesi, i brasiliani e i francesi a ribaltare la situazione per non perdere un prezioso partner commerciale. Garibaldi, però, se n’era già andato da qualche anno: era giunto in Sud America da giovane latitante, diventò presto famoso come pirata e, per i grandi colpi di scena della Storia, partì da eroe. Era il 1848 e in Italia era appena scoppiata la prima scintilla che avrebbe portato all’Unità, avvenuta anche attraverso l’intervento di molti meridionali. Giunse in Italia sulla nave chiamata “Speranza”, che batteva ancora la bandiera nera con il Vesuvio. Poi, una volta giunto nel Mediterraneo, decise di ammainare la vecchia bandiera e issare il tricolore italiano.

Vent’anni dopo le vicende dell’Uruguay, le camicie rosse approdarono davvero a Napoli. Era il 1860 ed in città arrivò, scortato dalla Guardia Nazionale, un esercito formato anche da quei volontari che conobbe in Sud America. Fu in quel momento che, per la prima volta, Garibaldi vide di persona il Vesuvio che lo aveva accompagnato in numerose battaglie dall’altro capo del mondo.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Indro Montanelli, Marco Nozza, Garibaldi, Ritratto dell’Eroe dei Due Mondi

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