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La sfogliatella napoletana è un dolce leggendario. Nel senso che tutta la sua storia è avvolta da leggende confuse e la ricetta è molto più antica di quel che si immagina, confusa fra nobiltà e religione.
Iniziamo sfatando un mito: si dice che la Sfogliatella di Santa Rosa (chiamata a volte Santarosa), nata nel 1681 in un convento di Conca dei Marini, sia la prima sfogliatella della Storia. Non è così, ma è sicuramente una ricetta originale e viene prima del successo commerciale napoletano.
Probabilmente si tratta della rielaborazione di un dolce molto più antico, la sfogliatella piena di biancomangiare citata dal lombardo Bartolomeo Scappi, cuoco del Papa nel 1570. La certezza è che si parla di sfogliatella riccia: la frolla nacque invece a Napoli molti secoli dopo.

Qualcuno dirà che è una blasfemia: uno dei dolci nazionali napoletani è stato inventato da un cuoco lombardo? No. Ma fu il primo a menzionarla. E dimostra che la ricetta era già conosciuta in Italia ed era particolarmente amata da Papa Pio V (di origini campane, tra l’altro), dato che compare diverse volte nei menù della cena papale.

Compare nella ristampa del 1605 del libro “Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di Papa Pio V“. Il primo libro è datato 1570. Il monastero di Santa Rosa di Conca dei Marini fu invece costruito nel 1681, quindi sicuramente posteriore.

Sfogliatella di Santa Rosa
Sfogliatella di Santa Rosa e mare: cosa c’è di meglio? Fotografia di Pasticceria Pansa

L’invenzione della Sfogliatella di Santa Rosa

Il nome e la forma lasciano poche interpretazioni: il dolce è dedicato alla santa titolare del convento, Santa Rosa da Lima, e la forma, il classico “cappuccio” ereditato anche dalla sfogliatella riccia napoletana e dalla “coda d’aragosta” salernitana, è diventato il marchio di fabbrica di quel monastero sospeso tra cielo, mare, delizie culinarie e preghiere.
Pare che addirittura Giambattista Vico abbia inviato diverse lettere d’amore ad una ragazza, la marchesina di Villarosa, che fu chiusa dalla famiglia nel convento in Costiera.

Le monache ricevevano un’educazione nell’arte dolciaria, necessaria per presentare doni in occasioni di visite ai parenti o di alti prelati. Non è infatti un caso se moltissime ricette italiane siano nate proprio all’interno di edifici religiosi. E la sfogliatella di Santa Rosa nacque proprio così, stando alla storia più famosa: una suora notò che era avanzata un po’ di pasta di semola, troppo poca per produrre un dolce di grandi dimensioni. Decise quindi di mescolarla con altre rimanenze.
Più probabilmente provò ad improvvisare una ricetta già nota presso la nobiltà (dato che il convento stesso era stato fondato con il patrimonio di famiglie nobiliari) ed il risultato, una sfoglia raffinatissima riempita di crema pasticciera e amarena, fu una sua creazione originale.
D’altronde, ogni convento aveva una sua specialità dolciaria e sicuramente Santa Rosa da Lima si distinse per le sue speciali sfogliatelle.

Sfogliatella ripieno
Una sfogliatella mentre viene farcita. Fotografia dell’evento Santarosa Pastry Cup, la competizione dei maestri di sfogliatelle

Com’è uscita la sfogliatella dal monastero?

Con un’incazzatura furiosa della priora. Oppure, più probabilmente, era una ricetta in qualche modo già nota in diverse varianti, ma nessuno l’aveva resa davvero famosa.

Sono tutti abbastanza concordi sul fatto che sia stato Pasquale Pintauro, un oste che viveva a Via Toledo sull’inizio del XIX secolo, a trasformare un dolce in leggenda. Su Pintauro si sprecano i detti popolari ed è ancora oggi indicato come il maestro assoluto delle sfogliatelle.

Come sia riuscito a portar via una ricetta secolare, che fu adottata da un monastero posto a metà fra una scogliera e un paese di 500 abitanti, questo rimane un mistero.
Ovviamente qui interviene la mitologia popolare che crea storie incredibili attorno ad ogni evento: c’è chi dice che Pintauro, dopo aver scoperto il dolce, fece diventar monaca una figlia con il solo scopo di rubare la ricetta. Altri, invece, raccontano che la protagonista del “data leak” sia stata una monaca del convento di Santa Croce di Lucca, zia di Pintauro. Prima di morire avrebbe scritto nel testamento la ricetta del dolce, da consegnare al nipote. Anche questa, però, è una leggenda senza prove.
Ogni pasticciere racconta la sua versione della storia, che viaggia dai toni di una spy story agli aloni di una rivelazione divina.

Poi, si sa, quando i napoletani si affezionano a qualcosa, la trascinano in una narrazione fatta di eccessi, entusiasmi e leggende dettate da un amore tanto profondo da confondere sacro e realtà.
Ed è proprio così che la sfogliatella, ricetta senza un padre, fu adottata prima da un monastero della Costiera e poi finì in una Napoli che la seppe amare e la trasformò in un vero e proprio oggetto di culto.

-Federico Quagliuolo

Sfogliatella piena di Biancomangiare
La ricetta della sfogliatella piena di Biancomangiare, dal libro di Bartolomeo Scappi

-Federico Quagliuolo

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Riferimenti:
https://web.archive.org/web/20151211171848/http://archiviostorico.corriere.it/2000/luglio/12/DOLCI_SEGRETI_SANTA_ROSA_MAGICO_co_0_0007124472.shtml
https://www.sfogliatella.it/storia.htm
http://www.gastronomiamediterranea.com/la-sfogliatella-tra-storia-e-mito/
https://books.google.it/books?hl=it&id=WixAAAAAcAAJ&q=sfogliatelle#v=snippet&q=sfogliatelle&f=false
Fotografia di copertina di Santarosa Pastry Cup

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