Print Friendly, PDF & Email

Per alcuni bandito, per altri condottiero. La storia di Fra Diavolo sicuramente non mancò di avventure folli, coraggio e scene degne di romanzi e film che ancora oggi ci lasciano col fiato sospeso.

Figlio di un modesto lavoratore di Itri, fu uno dei briganti più famosi della storia d’Italia: da omicida diventò militare, poi si trasformò in guerrigliero e, prima del tragico finale, fu a capo della “legione della vendetta“: un nome da colossal americano. Una vita da militare e ricercato numero uno, al servizio più o meno segreto di Ferdinando IV.

C’erano due costanti nella sua vita: l’odio verso i francesi e la voglia di vendicare la morte del padre.

Fra Diavolo
Fra Diavolo che guida l’esercito in una illustrazione di fine 800

Chi era Fra Diavolo?

Al secolo Michele Arcangelo Pezza, sembrava destinato ad una vita noiosa e ordinaria, fra i campi del padre e qualche bottega del luogo. Nacque nel 1771 ad Itri, città famosa per le sue olive, in una famiglia di otto figli. La sua avventura nel mondo stava però per finire a cinque anni, quando stava per essere ucciso da una malattia e non dalle migliaia di nemici che si sarebbe fatto in futuro. Ogni cura era inutile e la madre, disperata, decise di fare un voto a San Francesco di Paola, il santo protettore del Regno delle Due Sicilie: per sciogliere il voto, il bambino si sarebbe dovuto rasare i capelli e avrebbe dovuto vestirsi con un saio fino a consumare il vestito.

Michele, gracile di corpo, guarì presto, ma quel saio non se lo tolse fino all’adolescenza: fu così che si guadagnò il soprannome di “Fra Michele”. Fu allora che la madre lo affidò a un precettore, monsignor Nicola De Fabritiis, ma il ragazzo non era evidentemente portato per gli studi: era irrequieto e rispondeva male al maestro che, esasperato, urlò: “Tu non sei Fra Michele Arcangelo, sei Fra Diavolo!. Un soprannome da reietto che segnò il suo destino.

Allora i genitori, sempre preoccupati per il futuro di un giovane che sembrava non aver voglia di dedicarsi a nessuna attività convenzionale, decisero di contattare un amico sellaio per inserirlo in bottega. Per qualche anno le cose andarono bene finché, all’improvviso, scoppiò una rissa fra il vivace ragazzo e il bottegaio, che nella furia si concluse con l’ omicidio del proprietario e del figlio, intervenuto a sostegno del genitore.

Fra Diavolo si era guadagnato il soprannome anche sul campo. E fu condannato a morte.

Napoleone Campagna d'Italia
La prima Campagna d’Italia di Napoleone

La morte del padre e l’arte della guerriglia

Michele Pezza scappò allora sulle montagne, vivendo alla buona. Se fosse tornato in città sarebbe stato subito messo alla forca, quindi decise di vivere di espedienti lontano da casa. Fece in quel momento amicizia con bande di delinquenti che infestavano la zona dei Monti Aurunci e da loro fu molto apprezzato.
L’amore di un genitore, però, va oltre ogni ingiustizia compiuta da un figlio: i genitori di Michele Pezza infatti inviarono una richiesta di grazia al Re in cambio dell’inserimento nell’esercito borbonico. Itri era diventata una terra di passaggio delle truppe napoletane inviate da Ferdinando IV per aiutare gli alleati austriaci, che stavano affrontando l’invasione di Napoleone nel Nord Italia.

La richiesta di grazia fu accolta dal Re. E Fra Diavolo, diventato fuciliere, scalò velocemente i ranghi dell’esercito combattendo valorosamente sul fronte lombardo, anche se le truppe napoletane furono sbaragliate dal generale Championnet: ritornò allora nel Regno di Napoli e tornò a vivere di espedienti.

Poco dopo arrivò di nuovo la chiamata alle armi: Ferdinando IV nel 1798 decise di attaccare Roma e le cronache raccontano che la banda di 600 uomini guidata dal Diavolo fosse così crudele e feroce che saccheggiò numerosi paesi nei dintorni di Roma, oltre ad essersi macchiato di numerosi crimini.

Di fronte ai francesi, però, anche quella vittoria valse poco: Roma fu riconquistata poco dopo e Championnet cominciò la marcia verso Napoli.
Ma Fra Diavolo, che per il re avrebbe dato la vita, organizzò delle azioni di guerriglia fra i boschi e le montagne che lui conosceva alla perfezione, fra il Lazio e la Campania. Bloccò per mesi le truppe napoleoniche che, in una spedizione punitiva ad Itri, fucilarono il padre di Michele Pezza davanti agli occhi del figlio ribelle. Una conseguenza delle tante aggressioni contro i militari francesi che proprio Fra Diavolo aveva compiuto con i suoi uomini.

La morte del padre, innocente, fu vissuta con un dolore infinito dal figlio. Giurò eterno odio verso la Francia.

Championnet a Napoli
Championnet entra a Napoli con i francesi

Il giuramento di vendetta

Subito dopo il lutto, arrivò improvvisamente una nuova notizia che sconvolse il militare: Napoli aveva accettato la resa con il trattato di Sparanise. E il Re si era rifugiato in Sicilia. La guerra era finita, la Repubblica Napoletana era nata.

Ai militari fu ordinato il disarmo, ma Fra Diavolo, non obbedì agli ordini: andò personalmente in ogni paese della Terra di Lavoro, radunò un piccolo esercito di 600 ribelli, avanzi di galera, disperati e semplici fedelissimi al Re. Andò poi a Procida, dove gli inglesi avevano una base, per chiedere supporto. Lo ottenne.

Le sue azioni di brigantaggio erano talmente violente, crudeli ed efferate contro ogni giubba francese che gli inglesi lo segnalarono alla famiglia reale a Palermo come possibile aiuto per un’insurrezione armata. Il Re e la Regina assistiti dal cardinale Ruffo, che poteva definirsi più un generale che un religioso.

I due si intesero subito: il re nominò capitano Michele Pezza, poi partì anche lui, assieme all’Esercito della Santa Fede, per riconquistare Napoli. Le cronache dell’epoca raccontano che la violenza, il cinismo e la brutale efficacia militare delle manovre del capitano di Itri portarono dei veri e propri bagni di sangue che impressionarono lo stesso Cardinale Ruffo. Memorie che sono tutte ricordate nella storica battaglia del Ponte della Maddalena, dove i sanfedisti sconfissero definitivamente i giacobini. In quell’occasione era presente Fra Diavolo.

Battaglia ponte della Maddalena
La battaglia del Ponte della Maddalena fra sanfedisti e giacobini

La resa dei conti

Dopo il ritorno di Ferdinando IV a Napoli, Fra Diavolo fu “pensionato” con tutti gli onori. Ferdinando IV lo fece tornare a Itri e si trovò a comandare gli stessi uomini che, pochi anni prima, lo avevano condannato a morte. Il destino era davvero strano.
Ebbe un figlio di nome Carlo, in onore di Carlo di Borbone, e la vita sembrava declinare serenamente verso un corso ordinario. Ma nel 1806 Napoleone aveva ben altre intenzioni per il Sud Italia: la Francia era diventata un impero dalla potenza inarrestabile e sbaragliò completamente ogni resistenza napoletana.

Ferdinando IV di Borbone
Fra Diavolo fu sempre fedele a Ferdinando IV di Borbone

La legione della vendetta

Fra Diavolo continuava a non ubbidire. Si recò a Gaeta da un altro militare insubordinato, il generale Luigi d’Assia-Philippstahl, ma le truppe furono presto sconfitte dai francesi.

Si ritornò allora a fare guerriglie sul territorio contro i militari di Giuseppe Bonaparte, che ormai era diventato re di Napoli. Finché non fu chiamato a Palermo da Ferdinando IV: il re gli propose di ritentare l’impresa dell’Esercito della Santa Fede, ma stavolta, al posto del Cardinale Ruffo, ci sarebbe stato proprio Fra Diavolo. Era una missione suicida, ma Michele Pezza accettò.

Sbarcò in Calabria e, sfruttando il malcontento del popolo, cominciò a sollevare la provincia di Cosenza, scacciando in più città i francesi. L’esercito cominciò ad ingrossarsi e la rivolta stava per volgere a favore degli insorti. Poi, improvvisamente e senza alcun motivo apparente, Fra Diavolo fu richiamato dal re a Palermo.

Fra Diavolo non riusciva a capire cosa avesse in mente Ferdinando IV: il monarca napoletano gli diede un titolo nobiliare che sembrava un modo elegante per pensionarlo, ma lui era una macchina da guerra. E voleva il sangue dei francesi.

Fra Diavolo
Fra Diavolo in un ritratto

Un uomo disperato

Partì per un’ultima azione disperata, il gran finale di una vita passata con il fucile e il coltello fra le mani: sbarcò in Campania, a Sperlonga, e poi nella sua Itri raccolse un manipolo di 500 uomini per portare la rivoluzione popolare a Napoli e cacciare gli odiati francesi.

L’esercito rivoluzionario di Fra Diavolo diede molte grane ai francesi e al generale Hugo, padre del più famoso Victor, ma le forze in campo erano nettamente squilibrate. Dopo agguati nei boschi e battaglie all’ultimo sangue in campo aperto fra Caserta, Isernia e Benevento, alla fine le truppe furono decimate presso le Forche Caudine, che già furono letali per gli antichi Romani. E a Cava de’ Tirreni, gli ultimi 50 uomini furono congedati per salvar loro la vita.

La guerra era finita per i briganti antifrancesi. E a Baronissi Fra Diavolo fu riconosciuto da un commerciante, che lo denunciò. Era ormai solo, con la famiglia sterminata, un esercito perduto e un sogno di vendetta infranto.

Esecuzione Piazza Mercato
Una esecuzione a Piazza Mercato

La morte di Fra Diavolo

Fu portato a Castel Capuano e impiccato a Piazza Mercato l’11 novembre 1806. Fu chiesta la grazia a Giuseppe Bonaparte, ma il monarca francese respinse la richiesta spiegando che il condannato si era macchiato di crimini irreparabili anche in abiti civili. Con un boomerang del destino, il fantasma del bottegaio di Itri assassinato dal giovane Michele era tornato a riscuotere vendetta fungendo da pretesto per non concedere la grazia, che non sarebbe comunque mai arrivata perché la condanna del militare doveva essere un atto esemplare.

In quel giorno del lontano 1806, possiamo scommetterci, l’anima del bottegaio guardò soddisfatta l’impiccagione dell’assassino secondo leggi, del brigante secondo i francesi, dell’eroe secondo i borbonici.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Nello Di Gatto, vite che non sono la tua
Enciclopedia Britannica
Alfredo Saccoccio, Fra Diavolo: vita e imprese del colonnello Michele Pezza, Ali Ribelli, 2019
Luisa Basile, Delia Morea, I Briganti Napoletani, Newton Compton, Roma, 1996
http://www.fradiavoloitri.org/

Diventa un sostenitore!

Storie di Napoli è il più grande ed autorevole sito web di promozione della regione Campania. È gestito in totale autonomia da giovani professionisti del territorio: contribuisci anche tu alla crescita del progetto. Per te, con un piccolo contributo, ci saranno numerosissimi vantaggi: tessera di Storie Campane, libri e magazine gratis e inviti ad eventi esclusivi!