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La Galleria di Palazzo San Giacomo sarebbe stata un vanto cittadino, se non fosse ridotta oggi a malconcio ripostiglio. Nacque infatti sessant’anni prima della Galleria Umberto ed anticipò di più o meno quarant’anni la moda italiana delle gallerie in ferro e vetro: era un corridoio di 150 metri che portava da Piazza Municipio (all’epoca Largo di Castello) a Via Toledo.

Era un progetto monumentale disegnato nel 1821 da Stefano Gasse. Era l’architetto del Palazzo dei Ministeri sotto Ferdinando I di Borbone, quello che oggi è diventato la sede del Comune di Napoli. Durante gli anni ’30, parte del palazzo fu tagliata a metà e la galleria fu distrutta.

Galleria di Palazzo San Giacomo
Una veduta della galleria di Palazzo San Giacomo

Una camminata privilegiata

Se potessimo immergerci in una giornata del 1850, troveremmo Palazzo San Giacomo ben diverso da come lo vediamo oggi: nell’ingresso, al posto delle statue delle ninfe, avremmo trovato ad accoglierci Ferdinando I e II, così come le lapidi del “martiri antiborbonici”, ovviamente, sarebbero state inesistenti.

L’ingresso al Palazzo dei Ministeri era libero e conduceva, al centro della scalinata, ad una galleria molto luminosa che spesso era il luogo di passeggio della borghesia napoletana. Spesso c’erano ai lati piccole bancarelle di venditori ambulanti alternati a un colonnato all’ingresso seguito, nel corridoio coperto, da statue decorative.

L’accesso dal Palazzo avveniva attraverso una scalinata monumentale con 28 gradini, necessari a colmare il dislivello tra Toledo e Largo di Castello. Ancora oggi esiste questo pezzo. Poi, a metà del corridoio, avremmo trovato la Gran Sala della Borsa: il Risanamento era infatti ancora distante e l’edificio della Borsa, per una questione di razionalità, era integrato nello stesso edificio dei ministeri. In questo modo c’era una comunicazione molto più rapida e veloce fra le attività principali dello Stato.

Galleria di Palazzo San Giacomo dall'alto
Si intravede dall’alto la copertura della galleria di Palazzo San Giacomo, purtroppo in pessime condizioni.

La distruzione della galleria di Palazzo San Giacomo

Era l’anno 1937 quando si decise che Palazzo San Giacomo andava diviso a metà. Il nuovo programma urbanistico di Napoli voluto dal regime fascista aveva infatti intenzione di ricollocare tutti i luoghi del potere della città: fu così scelto per il Banco di Napoli la parte posteriore del Palazzo dei Ministeri, dato che era un edificio obiettivamente troppo grande per ospitare solo l’amministrazione comunale.

I lavori per l’edificazione del nuovo palazzo del Banco di Napoli furono firmati da Marcello Piacentini, che era uno delle massime menti dell’architettura dell’epoca, e “fascistissimamente” fu inaugurato appena un anno dopo l’inizio dei lavori, nel 1940.

La galleria di palazzo San Giacomo perse completamente il suo senso di esistere: si fermava infatti dinanzi a un muro e la sua porta fu così definitivamente chiusa per non essere più riaperta.
O meglio: ancora oggi si intravede in mezzo alle scale percorse da dirigenti, impiegati e assessori indaffarati, un portone sempre chiuso, antica reminiscenza di una bellissima architettura, oggi diventata ripostiglio.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Alfredo Buccaro, Gennaro Matacena, Architettura e urbanistica dell’età borbonica, Electa, Napoli, 2004
Comune di Napoli

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