Un monumento enorme per un re piccolo e deforme. La storia della fontana di Monteoliveto è davvero singolare, in tutti i sensi. E la cosa che ci incuriosisce più di ogni altra cosa è il personaggio piccolino e davvero sproporzionato per le dimensioni davvero grosse del monumento.
Fu un omaggio del Viceré Pedro di Aragona a re Carlo II di Spagna quando aveva solo quattro anni di vita, anche se nella statua è raffigurato già adulto, dato che sarebbe stato difficile fare una statua ad un bambino.
Il problema è che sia il re che la statua hanno condiviso due problemi: erano troppo piccoli e deformi.
Un re brutto, deforme, goloso e maledetto
Carlo II di Spagna salì al trono quand’era bambino, ma ebbe una vita breve e tormentata. A causa dei continui matrimoni fra consanguinei della sua dinastia, gli Asburgo, era figlio rispettivamente di zio e nipote, a loro volta nati da cugini di primo grado. Era soprannominato “lo stregato” perché era deforme, sempre ammalato, affetto da gravissimi disturbi allo stomaco ed emicranie che gli davano dolori lancinanti. Aveva una mascella troppo pronunciata che gli impediva di parlare bene, imparò a camminare solo quando aveva 8 anni e fino a 10 anni non fu addirittura mai lavato. La sua unica passione erano i dolci al cioccolato, che mangiava in quantità industriale. Anzi, spesso aiutava i cuochi a realizzare torte e pasticcini.
L’unica certezza è che, nonostante una corona sulla testa che fa invidia al mondo, passò un’esistenza infernale. Era un uomo tristissimo, tormentato dal suo stesso corpo che nemmeno riusciva a guardare. L’unico sollievo è che i suoi tormenti finirono presto: morì a 39 anni in preda a crisi epilettiche.
Fu l’ultimo re degli Asburgo di Spagna e, con lui, finì anche l’impero spagnolo che aveva dominato il mondo intero per due secoli.
Molte persone mi dicono che io sono stregato e lo credo bene: queste sono le cose che io provo e che soffro!
Carlo II d’Asburgo
L’omaggio del viceré e i classici problemi delle opere pubbliche
Torniamo a Napoli. Nel 1668, quando il piccolo Carlo II prese prematuramente il trono, tutte le città dell’Impero fecero a gara per ingraziarsi i favori di sua maestà. Il nostro viceré era Pietro Antonio d’Aragona, uno degli uomini più vicini alla Corona di Spagna. Fu prima viceré della Catalogna, poi giunse a Napoli per sostituire il fratello. Era un uomo dalla cultura notevole, amante dell’arte e della lettura.
In quest’occasione decise di omaggiare il piccolo re con la costruzione di una fontana monumentale. Il progetto fu affidato a Donato Antonio Cafaro, della scuola di Cosimo Fanzago: realizzò una fontana con tre leoni che reggono gli stemmi del re, del viceré e della città. Sulla sommità doveva sorgere una grande statua con il giovane sovrano a cavallo. Chiaramente le spese di realizzazione erano a carico dei cittadini, che furono tassati amaramente. In particolare la gran parte dei fondi la versò il Duca di Gravina, che abitava nell’attuale palazzo di Architettura.
L’unico problema è che, allora come oggi, i lavori andarono avanti per un tempo eccessivo e si arrivò alla data di consegna senza il progetto concluso. Anzi, si scoprì che la base della fontana era troppo piccola per ospitare una statua grossa, quindi bisognava riadattare tutti i progetti: il viceré cacciò i marmorari, con cui finì in causa, allungando ancora di più i tempi di realizzazione del monumento.
Lo spazio davvero ridotto della sommità della fontana permetteva ben poco spazio di manovra per gli scultori. E allora si decise di piazzare una statua piccola piccola, per ricordare l’altezza di un bambino, ma con il volto di un uomo adulto. D’altronde, il buon Carlo II non era estraneo alle stranezze.
Pare che il Viceré non abbia gradito affatto la trovata (che per giunta costò parecchio ai contribuenti, dato che gli scultori Maiorino e D’Auria pretesero un aumento dell’ingaggio a causa dell’intoppo lavorativo. Anche loro furono sostituiti con un altro scultore, Francesco D’Angelo), ma ormai il guaio era fatto e la fontana di Monteoliveto rimase così.
Oggi è ricordata nelle guide di Napoli come uno dei più pregiati esempi di arte seicentesca napoletana. Ironia della sorte.
Una vita senza pace per la fontana di Monteoliveto
Rispetto ai tantissimi “monumenti nomadi” di Napoli, la fontana di Monteoliveto ha una caratteristica sorprendente: non si è mai mossa dal posto in cui fu costruita. Sembra una cosa scontata, ma non lo è affatto se consideriamo che quasi ogni statua nel centro antico di Napoli, in origine, si trovava altrove. L’unico sindaco che provò a portarla via fu Achille Lauro, tentando un’impresa non riuscita nemmeno al Risanamento. Non ci riuscì e, per ripicca, a Piazza Trieste e Trento finanziò personalmente la Fontana del Carciofo.
Nei suoi 340 anni di vita ne vide di storie correre davanti a Calata Trinità Maggiore, ma non fu nuova a vandalismi: nel 1877 l’amministrazione di Napoli, guidata dal Duca di Sandonato, decise di piazzare un cancello attorno alla fontana per fermare i vandalismi del popolo, che stavano rovinando il marmo della fontana. Poi si decise di rimuoverla nel 1923. Fu restaurata diverse volte e rischiò di essere distrutta per sempre durante la II Guerra Mondiale, fra i bombardamenti e la bomba al palazzo delle Poste. Ma rimase pressoché intatta anche dopo guerre, rivoluzioni e annessioni.
E adesso ci ritroviamo nel III Millennio e la fontana di Monteoliveto è ancora lì, dove la lasciò arrabbiato Pietro d’Aragona. Stavolta a vandalizzarla non sono più i cittadini che la usavano come lavatoio, ma i graffiti, le bottiglie e la spazzatura che finiscono nella sua vasca, tant’è vero che il Comune nel 2019 ha dovuto ripescare una soluzione praticata fino a cent’anni prima: mettere una cancellata per cercare di contrastare i vandalismi.
Ma di una cosa siamo sicuri: passerà anche questo ciclo della Storia e la fontana di Monteoliveto resisterà, eterna, alle vite di tutti quelli che le fanno del male. La maledizione di Carlo II in un certo senso le porta bene.
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