“Eran trecento, eran giovani e forti. E ora sono morti!”
Almeno una volta ci sarà capitato di leggere o ascoltare questa frase della “spigolatrice di Sapri”, un’opera risorgimentale che racconta un tentativo di rivolta antiborbonica che fu il preludio della spedizione di Garibaldi.
Era infatti il 1857 e un nobiluomo napoletano in esilio, Carlo Pisacane, radunò un manipolo di 300 carcerati con il sogno di creare una sommossa popolare nel Regno delle Due Sicilie. Pensava che, tramite un’azione ardita che fosse d’esempio, il popolo si sarebbe convinto a rivoltarsi contro il re.
Non fu così. E la sua spedizione finì nel sangue.
Chi era la spigolatrice di Sapri?
Nella fantasia dell’ascolano Luigi Mercantini, che scrisse il poema patriottico, la spigolatrice di Sapri era una giovane popolana intenta a raccogliere ciò che era rimasto nei campi dopo la mietitura e, per puro caso, si trovò ad assistere allo sbarco degli insorti di Pisacane. Si innamorò perdutamente di uno degli uomini, tanto da decidere di abbandonare il suo lavoro per seguirlo nell’impresa che a Padula finì davanti ai fucili dell’esercito napoletano.
L’opera, in pieno stile risorgimentale, doveva sottolineare la barbarie della monarchia borbonica che, senza pietà, uccise i trecento uomini belli, giovani e forti come tutti gli eroi, seguiti dal popolo rappresentato simbolicamente dalla spigolatrice di Sapri.
Nella realtà, i fatti andarono diversamente e lo stesso Pisacane non aveva la minima intenzione di progettare un’unità nazionale sotto la corona di Vittorio Emanuele II.
Il sogno di un socialista
Il destino è davvero bizzarro a volte. Troviamo in tutta Italia statue dedicate a Carlo Pisacane, celebrato come eroe del risorgimento e precursore dell’unità. In realtà, il nobile napoletano odiava la dinastia sabauda tanto quanto quella borbonica e si considerava una sorta di Don Chisciotte dei popoli: sognava infatti uno Stato indipendente da ogni monarchia, autogovernato dal popolo senza più la morsa della politica.
Era un nobile napoletano decaduto, intollerante alla vita oziosa della nobiltà borbonica. Amante della politica e della filosofia, fu il primo autore socialista in Italia: a suo avviso, infatti, l’indipendenza nazionale passava per il riscatto delle masse contadine. Fu protagonista di avventure dannunziane (quando nemmeno era nato il poeta!) fra l’Europa e l’Africa, irrequieto e sempre alla ricerca dell’azione.
l’Italia trionferà quando il contadino cangerà spontaneamente la marra con il fucile
Carlo Pisacane
Dopo essere fuggito a Parigi con la sua amante, che era la moglie di suo cugino, rimase in esilio ed ebbe modo di conoscere buona parte dei napoletani antiborbonici che, sfuggiti alle condanne dopo il 1849, si rifugiarono in Francia.
Radunò così 24 uomini, fra i quali compariva anche Giovanni Nicotera, ex carcerato borbonico e futuro ministro dell’interno del Regno d’Italia, e li infiammò con un discorso da vero capopopolo, promettendo loro la guida di un esercito che, dopo lo sbarco sulle coste napoletane, si sarebbe unito spontaneamente alla loro missione.
Nel frattempo, intrattenne rapporti con mazziniani e carbonari per riuscire ad assicurarsi una copertura economica e un supporto bellico.
Inizialmente si pensò di sbarcare in Sicilia, che nutriva grande risentimento verso la dinastia borbonica, poi fu scelta Sapri, fra la Lucania e la Campania.
Il manipolo di rivoluzionari salì su un piroscafo e lo dirottò, poi fece tappa a Ponza per liberare 300 prigionieri dal carcere borbonico, fra condannati per delitti comuni e detenuti politici.
Il problema è che a Sapri non c’era nessuno ad attenderlo, le armi promesse non arrivarono e, nonostante la rapida conquista della piccola cittadina, che era sguarnita, presto si trovò con l’esercito borbonico alle calcagna e solo 300 combattenti improvvisati e male addestrati.
Un tragico epilogo
Lo stesso popolo che Pisacane immaginava di aizzare in un’immensa rivolta popolare si rivoltò invece proprio contro di lui in un massacro prima cacciandolo da Sapri, poi aggredendolo a Padula, dove fu raggiunto da un battaglione borbonico. E infine, mentre vedeva gli ultimi suoi uomini morire, decise di suicidarsi pur di non farsi catturare. Anzi, molti fecero anche a gara a reclamare la paternità dell’uccisione del rivoltoso.
Il popolo, si sa, è però volubile. E proprio gli stessi cittadini che fecero a pezzi l’esercito di Pisacane, si ritrovarono ad accogliere in città un altro homo novus sbarcato sulle coste del Regno delle Due Sicilie. Nicotera, ferito gravemente, fu portato in catene a Salerno assieme agli altri superstiti della spedizione e condannato a morte. Come di consueto, però, Ferdinando II mutò la pena in ergastolo.
La ricerca dell’evento di rottura
Il senso dell’impresa suicida fu discusso a lungo da letterati, politici e filosofi.
C’è chi crede che, quando capì che non ci sarebbe stato alcun aiuto, Pisacane abbia voluto comunque “immolarsi” come eroe per dare origine a quella “scintilla” che avrebbe dovuto far sollevare il popolo meridionale contro il re.
Era infatti convinto che il popolo si sarebbe sollevato da solo per liberarsi dalle “catene della tirannia” solo dopo un evento clamoroso ai danni dei potenti.
Si tratta di un concetto che poco tempo dopo sarà alla base dei molti attentati di matrice anarchica che dilagheranno in tutta Europa.
Quel che è certo è che, come la spedizione dei Fratelli Bandiera in Calabria, lo sbarco di Pisacane fu di grande impatto nella fantasia dei politici napoletani emigrati a Torino: capirono che era giunto il momento di agire.
Il fato diede loro un aiuto: nella inaspettata e improvvisa morte di Ferdinando II ci fu un segnale che convinse tutti ad assestare il colpo di grazia al Regno delle Due Sicilie.
Quell’evento di rottura arrivò di nuovo dal mare: stavolta il condottiero era un carismatico nizzardo che, prima del 7 settembre 1860, il Vesuvio l’aveva visto solo in una bandiera usata assieme ai suoi combattenti in Sud America: Giuseppe Garibaldi.
E la spigolatrice di Sapri, che ha preso forma in una statua inaugurata nel 1994, è proprio lì per raccontare una delle storie più famose della letteratura risorgimentale.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Carlo Pisacane, La Rivoluzione, Aonia Edizioni, 2020
Carmine Pinto, Ernesto Maria Pisacane, Silvia Sonetti, Carlo Pisacane, lettere al fratello borbonico, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2016
Luciano Russi, Studi su Carlo Pisacane. Realtà e utopia di un rivoluzionario, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2012
Nello Rosselli, Carlo Pisacane nel risorgimento italiano, QuiEdit, 2010
https://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-pisacane/
http://www.150anni-lanostrastoria.it/index.php/anni-cinquanta/la-spigolatrice-di-sapri-luigi-mercantini
https://www.comune.sapri.sa.it/scultura-raffiguarante-la-spigolatrice/
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