Oltre alle residenze borboniche più conosciute, come il Belvedere di San Leucio, Carditello, la Casina del Bosco di San Silvestro e il Casino del Fusaro, ce ne sono altre meno rinomate, ma non per questo meno importanti e che ad oggi sono diventate, purtroppo, dei ruderi.
L’innata passione per la caccia da parte dei sovrani di casa Borbone favorì più di tutte la provincia di Terra di Lavoro, che divenne il territorio prediletto per la costruzione di alcune residenze reali borboniche usate come base per le battute di caccia, sia perché nel Settecento e nell’Ottocento il territorio era molto ricco di flora e fauna, sia per la vicinanza con Napoli.
Siti reali borbonici: Real Sito della Lanciolla
Tra le residenze poco conosciute troviamo il Real Sito della Lanciolla, situato nei dintorni di Maddaloni, in una piana che seguiva il tracciato dei Regi Lagni, vasto reticolo di canali d’irrigazione costruiti in epoca vicereale per evitare le inondazioni del Clanio. Il sito fu tra i favoriti in assoluto di Ferdinando IV per la caccia, tanto che fu presto soprannominato “il Fusaro di Maddaloni”.
In epoca borbonica, era circondato dall’acqua e doveva somigliare molto alla Casina Vanvitelliana di Bacoli. Il nome “Lanciolla” deriva dal nome delle lanciole, particolari imbarcazioni che erano utilizzate per navigare negli acqutrini ed erano usate per raggiungere la casina.
La palazzina centrale era usata dal sovrano come camera da letto, ancora oggi sono visibili gli anelli che reggevano il giaciglio regale, in quanto era sospeso da terra. All’interno, vi erano due camini per il riscaldamento, un servizio igienico, due sale da pranzo e le pareti erano intonacate di rosso pompeiano.
I due edifici laterali invece, di dimensioni più piccole, erano probabilmente usati dalla servitù che accompagnava il re durante le sue battute di caccia. Il Real Sito fu costruito nel 1779 su esempio della vicina Casina Calabricito, di proprietà dei conti di Acerra.
Oggi purtroppo versa in uno stato di abbandono totale e i suoi ruderi sono visibili dal parcheggio di un noto centro commerciale casertano. Nel corso del tempo, in questo luogo così ameno, sono stati depredati lo stemma reale, l’orologio a sole e la preziosa scalinata in marmo.
La Real Tenuta di Falciano
In un’altra zona dell’antica provincia di Terra di Lavoro, verso Mondragone, alle falde del monte Massico, si ha la testimonianza di una delle residenze preferite dei sovrani, la Real Tenuta di Falciano, ubicata vicino all’omonimo lago di origine vulcanica. Era un altro posto prediletto per cacciare, tanto amato dai Borbone, che in queste zone eseguirono nel 1839 un’importante opera di bonifica.
Non era solo una verdeggiante riserva per l’agricoltura e l’allevamento, ma la Real Tenuta di Falciano produceva anche il buon vino Faustiano, tipico dell’area. Proprio ai piedi del Massico, già ai tempi dei romani furono costruite numerose ville in cui si produceva il Falerno, tanto lodato da Virgilio, Orazio, Catullo, Cicerone e Marziale, ed esportato in tutto il Mediterraneo.
Una delle residenze più grandi: il demanio di Calvi
Più a nord, nell’Agro Caleno, si trova il Casino dell’Antico Demanio di Calvi. Di proprietà di re Carlo e di re Ferdinando IV, questo sito era, dopo Carditello, il sito più esteso dal punto di vista territoriale. Fu realizzato dagli architetti Francesco Collecini e Giovanni Patturelli nel 1779. Il complesso agricolo era grande quasi 4 milioni di metri quadrati di superficie.
Al primo piano troviamo dodici stanze e due saloni, mentre al piano terra ci sono una cappella, un fienile e due stanze, oltre a un casone esterno e a una casina. Di fronte al Casino, un piazzale di forma ellittica era destinato alle corse dei cavalli, poco prima di un grande bosco. Tra gli ospiti illustri che vi hanno soggiornato, troviamo il primo pittore di corte Hackert, la duchessa di Floridia, il marchese di Villafranca, il duca di Casoli, il principe del Riccio e il principe di Caramanico, vicerè di Sicilia.
Con la caduta del Regno delle Due Sicilie, i comuni di Calvi e di Sparanise si contesero il possesso del Demanio. Il contenzioso si risolse nel componimento bonario del 1898 fra i due comuni e la Real Casa Savoia. Ad oggi, anche quest’antico sito reale è una struttura abbandonata, invasa dalle erbacce e da materiale di risulta. Una sua parte, qualche decennio fa, è stata persino demolita per consentirvi il passaggio di una strada.
Siti Reali borbonici: Reale Caccia di Caiazzo
Un altro dei rinomati siti reali borbonici di Terra di Lavoro è la Reale Caccia di Caiazzo, la cui gestione era affidata all’intendente di Caserta. Al suo interno vi si producevano grani, granone, legumi, vino e olio e possedeva una grande fagianeria decantata anche dal canonico Carlo Celano nel suo “Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli”.
Per anni fu una fattoria di primissimo livello, nel 1765 Antonio Pinzani, che dirigeva la struttura, contava 835 unità di animali selvatici sparsi nei tre grandi boschi compresi nella Reale Caccia, ovvero Selva Nova, Selva Spinosa e Monte Grande.
Siti reali borbonici: Ciorlano
Da Caiazzo, seguendo il corso del Volturno, sulla via che oggi conduce al Molise, troviamo un paesino dell’Alto Casertano chiamato Ciorlano, che, oltre a possiededere un castello risalente all’anno Mille, possiede anche uno dei siti reali borbonici poco conosciuti.
Nel 1738, in questo borgo nacque una delle Università più ricche della zona, per questo motivo il duca di Laurenzana donò al re Carlo la Tenuta di Torcino che costituiva la parte più bella della contrada. Nel 1786 quest’ampia riserva di caccia fu ampliata con l’aggiunta di altri territori demaniali per volere di Ferdinando IV, arrivando a comprendere un’area ricca di querce, cerri, pioppi, olmi, aceri, peri e meli.
Con l’Unità d’Italia, nella zona si sviluppò il fenomeno del Brigantaggio e le montagne di Ciorlano divennero il rifugio di molti ribelli fedeli ai Borbone.
Siti reali borbonici: la Reggia di Venafro
La Reale Caccia di Torcino e Mastrati è collegata con un ampio ponte alla cittadina di Venafro, oggi in Molise ma in età borbonica faceva parte della provincia di Terra di Lavoro, dove la corte risiedeva nel periodo della caccia e in cui nel 1771 Ferdinando acquistò il grande palazzo appartenente alla famiglia Coppa.
L’antica abitazione fu trasformata in un vero e proprio palazzo reale, impreziosito dagli affreschi di Francesco Celebrano che vi dipinse Le Cacce, opera purtroppo andata perduta. L’edificio attualmente si trova in stato di fatiscenza ed è vicino al collasso definitivo dopo decenni di abbandono e saccheggio.
Bibliografia
Perillo, M., Cappuccio, R., Il sogno reale i Borbone di Napoli, guida ai luoghi borbonici della Campania, Edizioni Paparo, 2021
Lascia un commento