La mitra di Amalfi costituisce uno dei più esimi e meravigliosi esempi delle lavorazioni di alto pregio realizzate in Campania durante il periodo angioino. Nella sua produzione, sia per quanto concerne lo stile che i materiali utilizzati, è possibile ravvisare parte delle correnti commerciali ed artistiche che videro protagonista il meridione d’Italia durante il medioevo. La mitra di Amalfi è considerata tra le mitre più preziose ed antiche d’Europa. Essa è oggi conservata presso il museo diocesano di Amalfi.

la mitra di Amalfi
la mitra di Amalfi

I materiali utilizzati

Appare estremamente utile, nell’analisi dei prodotti della cultura materiale di un periodo storico o di una popolazione, cercare di tracciare il percorso geografico compiuto dalle materie prime utilizzate per tali lavorazioni. Nel caso della mitra di Amalfi la provenienza delle sue componenti appare estremante connessa ai commerci mediterranei di cui il meridione angioino era protagonista e parte integrante, specialmente dopo le riforme monetarie di re Roberto il saggio e l’introduzione del gigliato come valuta monetaria principale nel regno.

Essa è adornata da ben 19.330 perline di provenienza orientale. La mitra di Amalfi appare inoltre decorata con numerose gemme e placchette in bronzo dorato lavorate a filigrana. Anche le gemme, seppur di difficile collocazione geografica, giunsero nel meridione, probabilmente, tramite scambi commerciali di ampio raggio. Le materie prime che compongono la mitra rappresentano dunque un’importante testimonianza di scambi e rapporti commerciali, da collocare nel contesto storico del meridione medievale ma soprattutto della costiera amalfitana, punto nevralgico di moltissimi traffici.

Si tenga sempre a mente che Amalfi ebbe sovente un ruolo importante nei commerci del regno, seppur minoritario rispetto a quello da lei detenuto nel periodo in cui fu ducato indipendente. Basti pensare che in periodo normanno e per parte del periodo svevo la città continuò a battere moneta, coniando tarì d’oro (oggi ricercatissimi al livello numismatico) simili a quelli siciliani destinati al commercio con il mondo arabo ed orientale.

tarì amalfitano
esempio di tarì d’oro amalfitano di epoca sveva. Enrico IV (1494-97).

Lo stile artistico tra innovazione e riutilizzi

Dal punto di vista artistico la mitra di Amalfi presenta caratteri in linea con il gusto gotico angioino in voga presso i ceti aristocratici del meridione d’Italia. Le tendenze gotiche sono riscontrabili nella lavorazione delle sopracitate perle, ordinate tramite un delicato disegno floreale. Ulteriore elemento gotico è ravvisabile nella presenza di numerosi gigli, simbolo della casata regnante, che adornano la parte esterna della mitra.

Essa però non si lega solo alla tradizione gotica: le placche in ottone dorato presenti sul retro della mitra di Amalfi erano probabilmente parte di una mitra più antica. La mitra originaria sarebbe databile al periodo svevo e le placche legate a manifatture arabo normanne del tredicesimo secolo, probabilmente ubicate in Sicilia o quantomeno influenzate dalla produzione siciliana. Peculiare è la lavorazione in filigrana presente su alcune placche, ulteriore elemento artistico che rimanda alla tradizione normanna.

La mitra di Amalfi, nella sua composizione, rappresenta un’importante testimonianza dei cambiamenti del gusto artistico presso i ceti dirigenti meridionali nel corso dei secoli e delle varie dinastie.

la mitra di Amalfi
la mitra di Amalfi

La provenienza

Si ritiene che la mitra di Amalfi sia frutto dell’operato di un’importante atelier napoletano (che impiegava forse anche artisti francesi) probabilmente legato alla corona angioina. Il confronto con la mitra di san Ludovico da Tolosa ritratta nel dipinto “San Ludovico da Tolosa incorona il fratello Roberto D’Angiò” di Simone Martini portò addirittura a pensare che la mitra di Amalfi fosse appartenuta al fratello di re Roberto per via della forte somiglianza.

Questa tesi è stata in parte corretta tramite una ricerca documentaria. Secondo studi più recenti la mitra, probabilmente, fu fatta realizzare dal vescovo amalfitano Andrea de Alaneo riutilizzando lastrine di produzione siciliana di epoca normanna, appartenenti ad una mitra più antica.

Il confronto con la mitra ritratta dal Martini conferma però l’importanza della lavorazione della mitra di Amalfi e il suo forte legame con il gusto gotico dell’epoca.

-Silvio Sannino

la mitra di San Ludovico

Bibliografia

Dante e l’Italia meridionale, atti del II congresso nazionale di studi Danteschi, 1966

Francesco Abbate: Storia dell’arte nell’Italia meridionale: Il Sud angioino e aragonese, Roma, Donzelli editore, 1998

Dario Cantarella: Aspetti stilistici, iconografici e di cultura materiale negli affreschi della Santissima Annunziata di Minuta di Scala, in Le diocesi dell’Italia meridionale nel Medioevo. Ricerche di storia, archeologia, storia dell’arte, 2019, pp. 217-235

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