L’ottocento fu un secolo peculiarmente legato all’innovazione tecnologica. Nuove tecniche produttive, fonti energetiche e macchinari meccanici connotarono il secolo non solo dal punto di vista scientifico e materiale, ma anche da quello culturale e immaginativo. Il progresso umano, concepito come moto inarrestabile, assumeva la forza e la velocità delle macchine, prima tra tutte il treno a vapore. Fu tuttavia un secolo tanto di scoperte quanto di miraggi.
All’uomo di oggi, costretto a rapportarsi con i grandi problemi e interrogativi posti dal progresso tecnico (sia dal punto di vista psicologico che ecologico) potrebbe apparire più moderno lo scetticismo leopardiano piuttosto che la fiducia positivista. Il mito delle macchine fu un elemento centrale e pregnante della mentalità di determinati segmenti della società ottocentesca.
Tale mito si concretizzò spesso in progetti di varia utilità, molti dei quali risultarono razionali solamente sulla carta. Il carro-cucina Ferdinando II (dedicato all’omonimo sovrano), seppur non propriamente irrazionale, potrebbe essere annoverato tra di essi. Esso unisce, sotto molti punti di vista, il militarismo della corona borbonica con il vivace ingegno tecnico di molti dei suoi funzionari, spesso nutrito da un’approfondita conoscenza dei progressi tecnici che stavano avendo luogo al livello globale.
Fu infatti un alto funzionario borbonico, Giuseppe Ignone, a progettarlo, cercando di proporre la sua idea a Ferdinando II e agli alti funzionari dell’esercito (tra cui anche il Filangieri). Il progetto non era inverosimile: le moderne cucine campali motorizzate si basano su concetti organizzativi molto simili, tuttavia il carro-cucina Ferdinando II non ebbe il successo auspicato dal suo progettatore.
Giuseppe Ignone e la cultura del suo tempo
L’inventore del carro-cucina Ferdinando II fu Giuseppe Ignone “farmacista della real casa, ispettore generale delle polveri e nitri, professore di chimica del supremo magistrato di pubblica salute, membro della commissione proto-medicale, socio ordinario del reale istituto d’incoraggiamento e dell’accademia pontaniana”. Questo susseguirsi pomposo di cariche pubbliche è sicuramente legato a finalità autocelebrative, ma risulta ulteriore testimonianza del sapere tecnico-scientifico dell’autore, rapportato alle cariche da esso presiedute.
Sull’autore dell’opuscolo sul carro-cucina Ferdinando II non abbiamo molti riferimenti biografici: lo stesso opuscolo, per la sua rarità e brevità, dovette essere destinato a pochissimi tra i funzionari e i dotti del regno. Tuttavia, nonostante la sua brevità, risulta un formidabile affresco della cultura dell’epoca.
Il resoconto è ammantato da una palese finalità apologetica: le lodi alla corona e al suo operato si sprecano. Tuttavia esse riprendono, per la maggior parte, elementi ideologici legati al progresso tecnico-scientifico e “sociale“. Particolare enfasi è posta sulle azioni regie atte ad incentivare lo sviluppo interno: infrastrutture, commerci, esposizioni et similia. Bisogna inoltre ricordare che l’Ignone, come sopra esposto, era membro dell’istituto di incoraggiamento.
L’istituto, fondato in epoca murattiana e mantenuto dopo la restaurazione (e persino dopo l’unità) aveva una duplice funzione: creare coesione tra gli intellettuali e la corona, tramite gli incentivi da essa offerti, e dialogo tra i vari intellettuali del regno. L’ideatore del carro-cucina Ferdinando II era quindi particolarmente vicino sia all’azione di incentivazione della corona sia alle idee e alle istanze degli altri intellettuali del regno.
Sono inoltre presenti nel testo numerosi rimandi alla cultura e ai progressi scientifici del suo tempo: cita, nell’ambito dello sviluppo delle cucine da viaggio, Rumford e Bouyon. Potrà sembrarci una frivolezza, ma sono questi oggetti che formano, sotto molti punti di vista, le strutture della storia: beni di consumo, oggetti di fruizione quotidiana, forse non tanto influenti quanto le grandi invenzioni ma sicuramente di massiva importanza nella vita dei singoli. Entrare nella quotidianità e mondanità delle epoche passate permette una profonda comprensione delle stesse.
L’ideatore del carro-cucina Ferdinando II, a differenza di molti tecnici della nostra contemporaneità, non disdegnava in alcun modo la cultura umanistica. Il testo, oltre ad essere stilisticamente molto curato, presenta persino una citazione alla Divina Commedia: “e, se è vero che ‘poca favilla gran fiamma accende’ invoco la dotta cooperazione degl’intelligenti per portare miglioramenti e modifiche a quanto veniva da me ideato […]”. L’autore mostra quindi una cultura fortemente eterogenea, tipica degl’intellettuali dell’epoca.
Il carro-cucina Ferdinando II e il suo utilizzo pratico
L’autore spende la maggior parte del trattato per avvalorare la sua tesi rispetto alla convenienza dell’utilizzo del carro-cucina Ferdinando II per l’esercito delle due Sicilie. Esso, secondo l’autore, sarebbe, a pieno regime, capace di servire velocemente seicento soldati, avendo inoltre una peculiare superiorità tecnica rispetto alle normali cucine da campo: era ovviamente capace di seguire velocemente la truppa e permetteva alla stessa di essere indipendente dagli approvvigionamenti in loco, diminuendo la pressione che la truppa infliggeva alla popolazione dei luoghi dove essa andava a stanziarsi.
Il testo è corredato da una impressionante documentazione tecnica e progettuale, precisa nei minimi dettagli, persino nei materiali di progettazione. L’utilizzo del carro-cucina Ferdinando II era inoltre avvalorato da un’ampia casistica di utilizzo teorizzata dal suo stesso inventore. Non sembra, tuttavia, che l’idea abbia riscosso particolare successo presso i contemporanei. L’opuscolo giunto fino a noi risulta, nonostante tutto, un formidabile affresco della cultura tecnico-scientifica dell’epoca.
-Silvio Sannino
Bibliografia
Giuseppe Ignone, “Carro-cucina Ferdinando II“, 1845. Si ringrazia a tal riguardo l’amico e studioso Massimo Fiorentino, che mi ha permesso di consultare una copia del volume originale.
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