Vaccheria oggi è una delle 23 frazioni del comune di Caserta. Situata alle pendici del Monte Leucio, che fa parte della catena dei Monti Tifatini, dista da Caserta 4 km.
Iniziamo il nostro viaggio nella piccola frazione, che fu molto amata da re Ferdinando IV.
Vaccheria, insieme al Belvedere, a San Leucio, al bosco di San Silvestro e alla Reggia di Caserta, faceva parte delle “Reali Delizie” borboniche. Fino a qualche decennio fa, era infatti possibile vedere l’intera cinta muraria d’epoca borbonica, che isolava e proteggeva i siti reali di Caserta.
Nel XVIII secolo, Vaccheria era collegata tramite una strada che passava pure per il Belvedere, alla cascata della Reggia. Attualmente invece, per chi giunge dalla Strada Statale Sannitica n. 87, si passa per un portale con pilastri bugnati sormontati da pigne di pietra per poi trovarsi di fronte una spendida chiesa in uno stile architettonico inusuale per la città di Caserta.
Vaccheria: l’origine del nome
Vaccheria, insieme alla più nota San Leucio, è una frazione di origine borbonica e deve il suo nome alla presenza di un fabbricato destinato a stalla per le vacche, importate dalla Sardegna.
Nel 1773-74 il giovane re Ferdinando IV di Borbone ordinò la costruzione di un casino di caccia isolato su una piccola altura del Monte Leucio, che all’epoca era ricco di boschi, sfruttando la posizione panoramica sulla Piana di Caserta e sulla Piana di Caiazzo con il Volturno. Ferdinando ancora non lo sapeva, ma stava ponendo le basi per la futura costruzione di Vaccheria.
Inoltre, Vaccheria era in una posizione strategica, posta all’inizio della valle che metteva in comunicazione Caserta con Caiazzo, Ferdinando fece anche costruire una strada borbonica.
Un tragico evento
L’Antico casino vecchio ha l’aspetto di una villa signorile di campagna, ha una pianta rettangolare e una facciata che si apre su un vasto piazzale panoramico. La facciata è decorata da paraste doriche e 9 finestre per piano sui lati lunghi e 4 su quelli corti.
Al piano nobile, si innestra la balconata panoramica con una loggia coperta a 3 arcate. Un bellissimo panorama si apriva davanti ai regali occhi di Ferdinando IV, che vi trovava riposo dopo le sue battute di caccia al cinghiale sui Monti Tifatini.
All’interno, è presente anche una cappella dedicata a San Leucio, vescovo di Brindisi, santo molto importante nella Caserta pre-borbonica.
In questo casino di caccia morì di vaiolo il 17 dicembre 1778 l’erede al trono Carlo Tito a soli 3 anni. Questo tragico evento spinsero re Ferdinando IV e Maria Carolina ad abbandonare questo palazzo, che da allora prese il nome di “Casino vecchio” per distinguerlo dal nuovo casino del Belvedere, nome con cui è ancora conosciuto dai casertani, e che venne usato raramente solo per esigenze di caccia.
Ferdinando IV da allora si spostò al Belvedere, che fece restaurare, ma non abbandonò totalmente il nascente borgo di Vaccheria.
Attualmente, il Casino vecchio non è visitabile e versa in condizioni di grave degrado, come anche altre residenze borboniche “minori” presenti nella nostra provincia.
Il borgo di Vaccheria
Intanto, al seguito di Ferdinando IV, a valle rispetto al Casino vecchio, erano state costruite anche alcune abitazioni ad uso degli inservienti. Alla sinistra del viale di ingresso al borgo di Vaccheria il visitatore si troverà una serie di case a schiera che in origine avevano la funzione di canetteria reale, ovvero di ricovero dei cani da caccia del re, e di abitazioni dei canettieri, dei guardiacaccia e del fagianaro.
Ferdinando IV amava molto i suoi cani da caccia, tanto da chiamarli per nome. Era molto affezzionato soprattutto a Diana e Malacera che ordinò al pittore di corte due ritratti per omaggiare i suoi fedeli amici a 4 zampe. E quando i due molossi morirono, Ferdinando fece apporre delle lapidi proprio a Vaccheria.
Le case del borgo hanno un piano terra, un primo piano, un seminterrato e un piccolo orto usato anche come giardino. Girovagando per le vie di Vaccheria, vedremo anche un antico lavatoio-abbeveratoio.
Nel 1798 gli edifici del piccolo borgo della neonata Vaccheria furono usati come fabbrica di pelli e guanti secondo la moda francese e ospitarono gli operai impegnati nella fabbrica dei tessuti di cotoni nell’edificio della vaccheria. Il fabbricato che ha dato poi il nome al borgo, dal 1776 in poi fu usato come fabbrica di calze e veli di seta.
Ad avviare la produzione fu un tale Francesco Brunetti, che da Torino si era trasferito nel Regno di Napoli. Dal 1826-27 l’edificio fu usato come fabbrica di tessuti di cotone e negli stessi anni fu costruito anche un piccolo edificio a due piani per la cilindratura e la spanditura del cotone.
Ma a Vaccheria, così come la conosciamo oggi, mancava ancora un edificio, che venne costruito solo qualche decennio dopo.
Il voto di Ferdinando
Durante il periodo napoleonico, la corte fu costretta a scappare a Palermo, ma Vaccheria e San Leucio erano sempre presenti nei pensieri e nel cuore di Ferdinando IV che fece un voto. Se fosse riuscito a riconquistare il Regno di Napoli, avrebbe costruito una chiesa in omaggio alla Madonna delle Grazie.
Nel 1802, Ferdinando potè di nuovo ritornare a Caserta e, come ogni buon cristiano, mantenne la sua promessa.
La costruzione della chiesa di Vaccheria iniziò nel 1803 e l’incarico fu affidato all’architetto romano Francesco Collecini, collaboratore del Vanvitelli che aveva anche realizzato il restauro della Castelluccia e la Peschiera Grande nel Bosco vecchio del Parco della Reggia, Carditello, il restauro del Palazzo del Belvedere e la costruzione della Fabbrica della seta. La chiesa venne inaugurata il 2 luglio 1805, giorno in cui si festeggia la Madonna delle Grazie, a cui è dedicata la chiesa, che da allora è diventata anche la santa patrona di Vaccheria.
Il Collecini non potè mai vedere la chiesa terminanta in quanto morì prima. Il progetto fu quindi portato a compimento dall’architetto ticinese Giovanni Patturelli.
I solenni festeggiamenti per l’inaugurazione della chiesa durarono 8 giorni e videro come protagonisti anche il compositore tarantino Giovanni Paisiello che diresse un concerto. La Chiesa di Vaccheria dal 1953 è diventata Santuario Mariano.
Due rampe di scale affiancate da due fontane da cui sgorga un’acqua zamplillante accolgono il visitatore che arriva a Vaccheria. La facciata è in tufo pipernoide in stile neogotico, al lati del santuario troviamo due campanili e al centro un grande arco ogivale sopra il portone d’ingresso.
Nella facciata trovano posto otto nicchie che ospitano sette statue in terracotta realizzate da Angelo Solari e Masucci. Sulla sommità della facciata, troviamo un timpano leggermente arretrato che è affiancato da due celle campanarie, a pianta quadrata e sormontate da due torrini piramidali di mattoncini rossi con base merlettata da elementi a cuspide.
La chiesa è a croce greca con una navata unica. Le pareti sono decorate da lesene con capitelli ionici mentre la cupola è decorata a lacunari e poggia su pennacchi decorati da allegorie delle virtù cardinali realizzate a stucco dall’Aizzano e sono la Giustizia, la Temperanza e la Prudenza. I marmi sono di risulta e provengono dalla Chiesa di San Giovanni a Carbonara a Napoli.
Il pavimento è dell’inizio del XIX secolo e riproduce un motivo a stella a 8 punte con marmi policromi di colore giallo, verde e bianco di Carrara. Sull’altare maggiore il visitatore può ammirare una pala composta da due dipinti: in quello che fa da sfondo, trova la rappresentazione dello Spirito Santo, tre angeli e una veduta della colonia di San Leucio. I tre angeli mantengono il secondo dipinto, incassato nella tela che gli fa da cornice, ed è una Pietà, copia di un dipinto del XVI secolo che piaceva molto a Ferdinando IV.
La pala, realizzata da Pietro Saja a Roma, è stata ultimata nel 1805 ed è considerata un ex voto commissionata da Ferdinando in seguito ai moti rivoluzionari del 1799, cui sembrano alludere le figure rappresentate tra gli edifici della colonia. Due tele che rappresentano la Madonna della Misericordia e la Presentazione di Gesù al tempio sono poste sugli altari laterali, mentre le statue in legno raffigurano la Madonna delle Grazie, la Madonna Addolorata e Santa Filomena, vestita con abiti realizzati in seta leuciana.
Attualmente, durante il periodo natalizio, Vaccheria sposta indietro le lancette dell’orologio, trascinando con sè i visitatori in un vero e proprio viaggio nel tempo, dove i figuranti del Presepe Vivente indossano abiti in seta di San Leucio e agiscono come persone del Settecento.
Bibliografia
Falcone, L., Caserta, guida alla città, Spring Edizioni srl, Caserta, 2021
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