La fotografia, la scrittura, la pittura. Ogni arte insegna quanto possa essere meraviglioso poter catturare parte della realtà e tramutarla in qualcosa che resti duraturo, perenne, a tratti eterno nel tempo. I fratelli Lumière lo sapevano bene, e di questa loro presa di consapevolezza sull’importanza delle svariate espressioni dell’arte ne hanno fatto il loro più grande successo, per il quale sono, ancora oggi, ricordati come i fondatori della settima arte: il cinema.
La nascita del cinema
Auguste e Louis Lumière erano, da sempre, dediti alla ricerca, alla formazione in vari ambiti culturali, dalla fisica e chimica alla medicina, qualità che aveva loro garantito un gran rigore scientifico. Tutto questo lo portarono fermamente nei loro studi, anche in quelli più banali, come quando a soli 17 anni Louis si ritrovò ad avere inventato quella che noi oggi chiameremmo “istantanea”: la cattura di un istante fugace fermando il movimento in una foto. La scoperta, divulgata nella rivista della Società francese, nel 1881, pose le basi di quello che sarebbe stato poi un profondissimo lavoro di ricerca nel campo della fotografia e dei nuovi strumenti da poter utilizzare per poterla sfruttare e assorbire al meglio.
In un mondo in cui gli spettacoli audiovisivi diventavano sempre più importanti dal punto di vista culturale e sociale dell’epoca, notevoli furono anche i passi avanti che si fecero con gli strumenti ottici. Fu così di nuovo Louis Lumière a scoprire un nuovissimo marchingegno che sarebbe poi stato alla base del cinema antico e moderno: il cinematografo. Nient’altro che una scatola di legno con un obiettivo e una pellicola perforata di 35 mm capace di trasmettere, attraverso l’utilizzo di una manopola, delle sequenze di circa un minuto che venivano così proiettate su uno schermo.
Le prime proiezioni
La realtà non fu più la stessa. Catturare istanti di vita quotidiana divenne una modalità di espressione di una intera società. Proprio da questo concetto partirono le prime pellicole più famose dei fratelli Lumière: “L’uscita dalle officine” (1894) fu sicuramente la prima grande pellicola pubblicata ufficialmente il 28 dicembre 1895 nel Salon Indien del Gran Café di Parigi.
Un filmato lungo meno di un minuto, testimone di quella che sarebbe stata una enorme rivoluzione, a cui fece seguito l’ormai famosissimo “Arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat” proiettato il 6 gennaio del 1896 a Parigi a cui è legata una nota leggenda popolare secondo la quale, alla vista di quel treno in arrivo alla stazione, ci fu una fuga in massa degli spettatori dalla sala. Trattasi, dunque, di un racconto che ha che fare più con l’inverosimile che con la realtà dei fatti, giacché sicuramente la resa cinematografica rese molto realistico l’impatto del treno verso lo spettatore, ma è indubbio che, per quanto questo potesse stupire e lasciare sgomenti, non potesse essere causa di fuga collettiva.
Pochi anni dopo, il Teatro Salone Margherita fu il primo a proporre il nuovo strumento cinematografico dei fratelli Lumière, gettando le basi per tutti i successivi esperimenti e ricerche napoletane sull’importanza della settima arte.
I fratelli Lumière a Napoli
Ed è qui che entra in gioco la nostra Partenope. I fratelli Lumière furono infatti tanto appassionati alla realtà della propria terra, quanto affascinati dalla possibilità di raccontare punti di vista differenti, società uguali e contrarie alla propria, posti e luoghi vicini e lontani che potessero essere espressi attraverso lo strumento appena scoperto.
Nel 1898 approdarono in Italia. Girarono diversi capoluoghi ma nessuno di essi li colse nel cuore come i luoghi affollati e pieni di vita di Neapolis. Santa Lucia, il Porto, via Toledo, via Marina. Sono solo alcuni dei luoghi che vengono raccontati nel loro breve ma coinciso e meraviglioso resoconto della nostra città.
Un filmato muto, come ovviamente richiedevano gli strumenti dell’epoca, con dialoghi in francese, in cui viene riportata un’immagine pulita, vitale, ricca di emozione di Napoli che è stata scelta dunque, non a caso, come l’unica città italiana da catturare. Del resto, Napoli, ma tutta la Campania, è da sempre fonte inesauribile di ispirazione artistica, se solo pensiamo che anche la prima regista cinematografica italiana che fu di Salerno!
Quel che resta a noi è testimonianza del fatto che il fascino senza tempo di Partenope non ha mai perso i propri colori e connotati, nemmeno dopo il decadimento del Regno delle due Sicilie, nemmeno a fronte di un periodo storico molto difficile quale fu quello di fine ‘800. La prova, o riprova, della straziante bellezza che regna sovrana da cima a fondo, dal Golfo all’entroterra.
Bibliografia
Francesco Barbagallo, Napoli, Belle Époque, Editori LaTerza, 2018
Angelo Moscariello, Breviario di estetica del cinema, Mimesis Editore, 2011
Lascia un commento