I domini angioini, che vedevano il loro territorio centrale, dal punto di vista militare, politico ed economico, nel regno di Napoli, erano tuttavia composti da un insieme eterogeneo di territori oggi divisi, ma all’epoca parte integrante della corona napoletana. Lo stato di questi domini appare molto fluido: guerre e conquiste cambiavano spesso lo scacchiere politico al livello Europeo, mischiando i patrimoni delle varie famiglie nobili in un turbinio di conflitti e rivendicazioni difficili da seguire persino per i contemporanei.
Ai fini di semplificare il nostro piccolo excursum prenderemo in considerazione il periodo in cui la corona fu nelle mani di re Roberto d’Angiò, quindi in un contesto di relativa stabilità politica. Sarebbe impossibile delineare con precisione, in un singolo articolo, tutte le vicende che caratterizzarono il regno di Roberto d’Angiò, uno dei personaggi forse più importanti della storia medievale italiana ed europea, e le politiche intraprese nei vari domini angioini.
Appare tuttavia possibile tracciare quantomeno un quadro generale delle politiche intraprese dalla corona nel Mediterraneo e in Europa settentrionale. Particolare attenzione verrà posta, nel corso di questo piccolo contributo, sui domini angioini esterni alla corona napoletana, nonché al particolare legame che univa Roberto d’Angiò alla corte aragonese.
Il regno di Napoli e l’Aragona sotto Roberto d’Angiò
Il regno di Napoli (regnum siciliae citra pharum) usciva, all’inizio del regno di Roberto, dalla guerra dei vespri. La pace di Caltabellotta (1302), seppur non effettiva sul medio periodo, riuscì, nei primi anni del regno di Roberto, ad avvicinare fortemente gli ambienti della corte aragonese e di quella angioina. Lo stesso Roberto ebbe un primo contatto con la corte aragonese nel corso del lungo periodo di prigionia che lo vide come ostaggio durante la guerra dei vespri (1288-1295). Tale permanenza legò fortemente il futuro monarca alla corte e alle usanze iberiche.
Secondo Benedetto Croce principale legame tra le truppe mercenarie catalane e l’Italia continentale era proprio la corte angioina di Napoli, nella quale vennero ampiamente adoperate dal punto di vista militare. Inoltre Roberto d’Angiò ebbe “tra le principesse spagnuole la prima come la seconda sua moglie (Violante d’Aragona e Sancia di Maiorca)”. I legami matrimoniali erano nel medioevo la via maestra per legare le famiglie dei regnanti d’Europa, così come le politiche dei loro regni e le clientele delle loro corti.
E’ inoltre attestata una forte presenza catalana non solo nella corte e nell’esercito angioino: furono molti i commercianti catalani stabilitisi nel regno sin dai tempi di Carlo II, con l’edificazione nella capitale della famosa rue catalana.
Roberto d’Angiò e l’Italia settentrionale
Per quanto concerne invece l’Italia settentrionale i legami che la monarchia angioina instaurò con le aristocrazie locali (specialmente mercantili) costituiscono un elemento molto importante ai fini della comprensione delle strutture politiche e burocratiche del regno di Roberto d’Angiò. Il re di Napoli, divenuto capo del partito guelfo e legato pontificio in Romagna e Toscana, acquisì una dimensione sovraregionale rispetto ai vari contesti italiani, venendo invocato dai contemporanei come “pacificatore d’Italia“.
Re Roberto, seguendo inclinazioni dinastiche già riscontrabili durante il regno di Carlo d’Angiò e perseguite anche in momenti di marcata crisi della dinastia (si veda l’esempio di re Ladislao), vedeva come suo ambito politico di riferimento anche il settentrione d’Italia. L’azione angioina fu connotata da una forte intromissione all’interno del tessuto politico settentrionale, specialmente toscano: Roberto d’Angiò fu nominato, tra il 1312 e il 1313, signore di Prato e Firenze.
Tale signoria, che per la città di Prato si protrasse addirittura fino al 1351, fu fortemente voluta dai più alti esponenti del partito guelfo di entrambe le città, per via di “una straordinaria ripresa del ghibellinismo, suscitata dalla discesa […] di Arrigo VII”. Tale situazione politica dovette facilitare i rapporti che la monarchia strinse con i ceti borghesi del settentrione, specialmente con i commercianti e i banchieri fiorentini, i quali non solo gestivano le finanze del regno ma persino parte dell’esazione fiscale e della coniazione in zecca.
Non deve stupire il massivo utilizzo di funzionari fiorentini nell’apparato fiscale e monetario angioino. In un contesto come quello medievale, caratterizzato da una forte mobilità sociale orizzontale, non era inusuale vedere, all’interno delle corti europee, funzionari di nazionalità diverse. I banchieri fiorentini, per la loro competenza e per la loro fitta rete di conoscenze spesso internazionali, erano adoperati in gran parte d’Europa.
La corte angioina e la Francia meridionale
La corte angioina aveva ovviamente possedimenti feudali in Francia, mantenendo una visione politica quindi anche legata all’Europa continentale e alle sue vicende. I territori francesi della dinastia, parte dell’odierna Provenza, erano economicamente molto vitali nonché di focale importanza strategica per la dinastia: essi connettevano la corona di Francia e quella Siciliana, consentendo alla dinastia di ampliare il proprio raggio d’azione in maniera considerevole. I territori francesi erano inoltre sede della corte Avignonese, motivo ulteriore di legittimazione politica per la corte angioina, che andava a configurarsi come principale protettrice degli interessi pontifici in Italia e in Europa.
I possedimenti angioini in Grecia durante il regno di Roberto d’Angiò
Bisogna inoltre tenere ben presenti gli intenti di egemonia mediterranea sempre portati innanzi dalla dinastia angioina sin dai tempi del capostipite Carlo I e proseguiti dai suoi successori (seppur con esiti alterni). In questa chiave vanno analizzate le acquisizioni, da parte degli Angioini, del principato d’Acaia (1307) e il despotato d’Epiro. I possedimenti in Grecia costituivano un lascito dei disegni di egemonia mediterranea nutriti dal capostipite della dinastia angioina, Carlo I, “buon erede delle tradizioni siciliane”, proseguiti poi dai suoi successori con risultati alterni.
Il campo d’azione politico di Roberto d’Angiò era quindi estremamente vasto: vedeva come zone limitanee nel settentrione la Francia meridionale e i territori del nord Italia, nel mediterraneo occidentale i territori della corona aragonese, nel mediterraneo orientale invece si legava ai contesti dei regni latini, con particolare attenzione per l’Acaia e l’Epiro.
–Silvio Sannino
Bibliografia
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